Che Obama parli

Dirò una cosa che, forse, contraddice quelle che ho detto in precedenza, ma ci ho pensato sù, e in parte c’ho ripensato. Parlo di Obama, ma intendo tutta la comunità internazionale, che – a parte Sarkozy – è stata davvero in silenzio.

Obama ha affermato di voler dire il meno possibile per non diventare una questione in gioco in Iran, per non permettere ad Ahmadinejad e Khamenei di ritorcere contro Musavi l’accusa di essere sostenuti dagli Stati Uniti che, in quel contesto politico, sarebbe infamante.

In queste ultime ore la posizione della Casa Bianca sembra essersi evoluta verso una maggiore partecipazione, quindi parlerò soltanto del concetto sotteso, al di là di quale sarà – in seguito – la linea della comunità internazionale.

Mentre sul discorso al Cairo la mia critica a Obama era più profonda – proprio una divergenza d’obiettivi, a Obama sembrava interessare solamente la stabilità, mentre io volevo un impegno molto più concreto a favore delle donne nell’Islam anche a scapito della stabilità – in questo caso sono sicuro che l’obiettivo di Obama sia quello di tutti noi: un Iran più libero e democratico.

Molto schematicamente. C’è una contraddizione evidente fra il dire che Obama non deve parlare perché questo è ciò che vorrebbe Khamenei, e credere nella genuinità democratica di questi pretesi tumulti . Ci sono tre possibilità:

1) L’appoggio di Obama ai ragazzi che manifestano verrebbe preso come una spinta in più: vorrebbe dire che coloro che abbiamo sentito lamentarsi dell’abbandono dell’ONU e della comunità internazionale sono la maggioranza.
– Se le cose stanno così Obama sbaglia a non intervenire chiaramente a favore dei manifestanti.

2) La maggioranza dei ragazzi che manifestano accoglierebbe con favore le parole d’appoggio da parte di Obama, ma ciò – dopo le accuse di Khamenei e Ahmadinejad, che comunque ci sono già state – li farebbe guardare con sospetto dal grosso della popolazione che li potrebbe considerare spinti dagli americani, facendo fallire le loro proteste.
– Se le cose stanno così stiamo supportanto una spinta alla maggiore libertà che non incontra il favore della maggioranza degli iraniani: in pratica quel sistema imposto da una minoranza, che abbiamo sempre criticato.

3) L’appoggio di Obama – e le conseguenti accuse dell’establishment conservatore – sarebbe sgradito da tutti, dalla popolazione e da quei ragazzi che manifestano. La democrazia, la libertà e tutti quei valori di cui Obama potrebbe farsi portatore, non sono nei cuori dei manifestanti. Non sarebbe quindi Musavi a seguire i propri manifestanti su una linea di progressista, ma i manifestanti a seguire lui su una linea soltanto timidamente meno conservatrice e anti-occidentale.
– Se le cose stanno così il cambiamento portato da questi movimenti non sarebbe un vero cambiamento, neanche un apprezzabile meno-peggio… e allora di cosa stiamo parlando?

In altre parole: l’unica opzione che possiamo considerare accettabile è la prima, quindi che Obama parli.

11 Replies to “Che Obama parli”

  1. 2) La maggioranza dei ragazzi che manifestano accoglierebbe con favore le parole d’appoggio da parte di Obama, ma ciò – dopo le accuse di Khamenei e Ahmadinejad, che comunque ci sono già state – li farebbe guardare con sospetto dal grosso della popolazione che li potrebbe considerare spinti dagli americani, facendo fallire le loro proteste.

    ieri c’erano più di 1 milione di manifestanti a Teheran, non saranno la maggioranza, ma è sempre un millione!!!

  2. Tu non conosci la realtà Iraniana.
    Negli anni 50 la Cia rovescio con un colpo di stato il primo governo democratico dell’Iran condannandola a trent’anni di dittatura dello Sha.
    Semplicemente in Iran gli Usa, a torto o a ragione, non sono visti come dei liberatori ma come coloro che asservirono la Persia per trent’anni.
    Fattene una ragione

  3. @ Giovanni:
    Ahmadinejad ha detto che USA Inghilterra Francia complottano contro l’Iran.
    Ma era meglio che Obama parlasse…

    @ Carlo:
    Carissimo Carlo
    hai in un certo senso ragione, la nostra conoscenza dell’Iran è direttamente proporzionale alla nostra conoscenza dello stato Vaticano ovvero pochissima…
    ma credo che il pensiero centrale sia: è giusto che in una manifestazione si fanno fuori 20 persone (forse di più) e 200 feriti (forse…) perchè non condividono i risultati di una votazione pseudodemocratica?
    😉

  4. La democrazia, la libertà e tutti quei valori di cui Obama potrebbe farsi portatore, non sono nei cuori dei manifestanti.

    Il punto è che Obama e l’America non vengono per niente visti come portatori di libertà e democrazia. Un po’ per le cose accadute in passato, vedi quanto dice Carlo nel commento che precede il mio, un po’ per la disinformazione e il brodo culturale in cui sono cresciuti quei ragazzi. Il fatto che non abbiano a cuore l’America e Obama non vuol dire però che non possano avere a cuore la libertà: siamo pieni zeppi di antiamericani pregiudiziali e viscerali anche in Italia, per dire, eppure non si tratta di persone che vedrebbero con favore l’instaurazione qui un regime teocratico e illiberale, e verrebbero con me e con te per le strade di Teheran. Ovviamente non è scontato, magari oltre che Obama gli fanno schifo anche la democrazia e la libertà, ma è dura sostenere questa cosa dopo quello che è accaduto in questi giorni. La cosa più probabile è che nella loro percezione gli Usa e gli ayatollah siano visti più o meno allo stesso modo: oppressori.

    Tra l’altro è già successo. Bush di fatto mise fine alle proteste del 2003 con alcune improvvide dichiarazioni, e quei ragazzi già allora urlavano “morte a Khamenei”. Succede anche per un altro motivo: in Iran le forze democratiche e di opposizione al regime sono sempre state di matrice più o meno marxista, quindi antiamericana, fin dal 1979.

    “Gli studenti di Teheran si sono affrettati a precisare che il movimento è loro, non degli americani. Ma certo non li hanno aiutati le parole spese ieri da Bush per salutare le rivolte universitarie come un «inizio» assai positivo, un giudizio solidale ma inopportuno perché consegna un’ arma alla propaganda khomenista.”
    Rampoldi su Rep., nel 2003
    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/06/16/la-sconfitta-di-khatami.html

    o, peggio ancora:
    http://www.arcipelago.org/internazionale/la_rivolta_degli_studenti_in_ira.htm

  5. hard to know for sure what most people think under a dictatorship…isn’t it? for sure what you say is the mantra coming from the Iranian establishment for the past 30 years.

    is it still true?

    I see oceans of kids with long hair, shaved faces, Nike shoes and Kelvin Kline underwear being shot at with live ammo while waving green banners that read “We want democracy”: I bet my ass they take all the help they can find without being too particular about where it’s coming from…

    and talking about turning points, Robin Wright on Time may be on something: “Although it is not yet clear who shot “Neda” (a soldier? pro-government militant? an accidental misfiring?), her death may have changed everything.”

  6. A mio parere il ragionamento che è presentato qui soffre di due difetti di impostazione ..

    1- ragionare come se l’intera situazione si risolverà definitivamente nel giro di pochi giorni, o settimane

    2- come conseguenza di questo, dividere la società iraniana in persone genericamente a favore delle proteste e della democrazia e persone che non lo sono.

    Il punto è che, come hanno fatto notare in molti, la situazione probabilmente non si risolverà tanto presto (per quanto lo speriamo tutti). La rivoluzione del ’78-’79 durò un anno.

    In questo periodo che seguirà la fazione di Mousavi cercherà di portare quanta più gente possibile dalla propria parte, ma sarà un processo relativamente lento (per quanto i segnali dello “sciopero dei Bazaar” di oggi siano incoraggianti). È imperativo che in questa fase noi occidentali diamo loro tutto il supporto possibile. Questo potrebbe ad esempio significare sanzioni fintanto che non si ristabiliscano le regole democratiche – ma senza prendere le parti di alcun partito in gioco.

    Come è stato sottolineato da più commentatori, in Iran la popolazione è molto orgogliosa e vede molto male le ingerenze esterne. Se vogliamo davvero aiutare la causa della democrazia in Iran, dobbiamo avere pazienza, ed essere molto cauti.

    Per citare un lettore del blog di Andrew Sullivan: questa è una maratona, non uno sprint. E in una maratona, aggiungo io, non si tenta di sorpassare a tutti i costi i propri avversari al primo chilometro. Un approccio come quello che consigli, potrebbe avere l’effetto opposto.

    Come ricorda Francesco, nel 2003 Bush fu avventato come suo solito, e sappiamo com’è finita ..

    P.S.: prima di scrivere tutto questo commento mi sarei dovuto informare sulla rassegna stampa. Spero solo che quella di Obama sia stata una mossa saggia, e soprattutto che faccia seguire qualche aiuto concreto. Non vorrei fosse uno sprint a chilometri dal traguardo.

  7. @ Luca:
    No, ma tutto sommato gli argomenti propostimi, mi hanno convinto. Specie ciò che dice Francesco, l’unica cosa che – senza avere paura delle parole – che mi sento dire è che è come trattare gli iraniani da stupidi, trattarli non per ciò che è giusto, ma per le peroprie fisime.
    Ma capisco che talvolta vada fatto.

  8. Avrei dei dubbi sul punto 2 .
    Io non so cosa pensa la maggioranza degli iraniani ma le rivoluzioni non si fanno a maggioranza .
    Probabilmente Luigi XVI un referendum monarchia\repubblica il 13 Luglio 1789 l’ avrebbe vinto .

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