La storia siamo noi

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Oggi, mentre ero in auto, ho visto – non visto – un signore avvicinarsi circospetto a uno dei cartelloni elettorali di Alemanno ad altezza uomo (di fronte alla metro Ottaviano), tirare fuori un pennarellone nero dalla tasca, guardarsi intorno, e disegnare al candidato del PDL i baffetti à la Hitler.

Valeria, con spirito più pronto del mio assonnato, è subito scesa dalla macchina dirigendosi verso di lui e il cartellone. Io l’ho seguita.Volevo far luce sulle motivazioni dello sfregio: era mandato da qualcuno (e semmai da chi?) o lo faceva per privato senso d’appartenenza?. Oppure perché era in pensione e non aveva nulla da fare.
Perché gli stava antipatico Alemanno (o perché gli stava simpatico?)? E i motivi erano personali, oppure l’avrebbe fatto con qualunque dei “loro”. Che poi c’era sempre da capire chi fossero, per lui, i “noi”. E per ogni partito che pensavo, mi veniva in mente un bagaglio di motivazioni credibile: da Ferrando a Storace.

Non ce l’abbiamo fatta, perché appena si è reso conto che la macchina parcheggiata lì davanti conteneva in effetti delle persone, si è allontanato con passo svelto: così non gli ho potuto chiedere quale atavico rimestamento lo stesse spingendo a un gesto che credevo solo uno stereotipo. Che nessuno faceva ancora, e se c’era qualcuno era impossibile incontrarlo; come quelli che scrivono “Amo Costanza, ma senza speranza” sui ponti, sai che esistono, ma non sai come fanno. E ti convinci che sono scritte che resistono lì da vent’anni (e comunque vent’anni fa come hanno fatto?), e che ora non si fanno più. E invece sembra di no.

In pieno centro a Roma, nell’ora di punta, solamente lontano dagli sguardi: c’è ancora qualcuno capace di adoperarsi in una protesta così d’antan. E soprattutto, c’è ancora qualcuno che usa l’espressione “d’antan”. Evidentemente sì.

Alemanno Hitler

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Comunque non ho ancora capito se il signore mi è stato simpatico, ma penso di sì.

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