Abruzzo tredici

Il voto in tenda

Non essendo più agibili molti edifici, fra cui quasi tutte le scuole, sono allestiti dei seggi elettorali nei vari campi, ecco qualche foto delle operazioni di voto.

Le liste:

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Come normale si forma una piccola fila di fronte a ogni tenda che fa le veci di ogni sezione elettorale:

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L’entrata del seggio, transennata dall’esercito: sullo sfondo, in lontananza si vedono i tetti crollati delle abitazioni.

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Infine la bandiera italiana, su una faccia, ed europea sull’altra faccia, che sventola fra le tende:

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Dialogo fra un cristiano e una famiglia di non so

Mia sorella – neo diciannovenne, potrebbe essere una studentessa del Prof Beccaria – legge l’ultima parte del dialogo fra me e Marco e non si capacita della mancanza d’acribìa di ciò che scrive Marco, e di quello che gli rispondo io – insomma, dà degli scemi a entrambi!

Allora le chiedo di scrivere, lei, una risposta più decente alle argomentazioni del prof. Non è sorprendente che mi prenda in parola, e lo faccia veramente, ma che la sua risposta mi convinca decisamente più della mia. E la trovi, davvero, più efficace.

Con il permesso del mio dibattente, dunque, la pubblico qui e nella prossima argomentazione che mi spedirà, includerà anche le risposte a queste obiezioni.

Includo le parti a cui lei risponde, in modo che, chi non ha voglia, non debba andare a rileggere l’ultima email di Marco, cosa che ovviamente consiglio per completezza di pensiero:

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Al netto di ogni altro discorso, mi pare che la tua obiezione sia: constatato che al mondo esistono e sono esistiti cristiani che compiono il bene e cristiani che compiono il male, come faccio a sapere che il mio comportamento (che tu, Giovanni, benevolmente immagini come orientato al bene) sia la retta interpretazione del cristianesimo, dal momento che anche la mia antitesi, il cristiano malvagio, crede di saperlo in merito alla sua? La mia risposta forse ti deluderà per banalità, ma è la seguente: lo so perché possiedo i neuroni specchio e mi identifico nella possibile vittima dell’aggressione malvagia;

Ma questo non c’entra. La domanda più precisamente era: “perché credi che la tua interpretazione sia quella giusta”, non “perché credi nella tua interpretazione?”. Il problema di non contare sui fatti, ma sulle interpretaizoni è proprio questo; chi ti dice che l’interpretazione di quei testi operata da Agostino, sia meno esatta di quella che propugni tu? Il problema non è nei principii, non stiamo entrando nel merito, e in un visione laica (atea?) sei sicuramente migliore tu di lui (Agostino), ma non è questo che ci interessa. Quello che ci interessa è: Dio voleva scrivere un libro, l’ha dettato a un po’ di uomini che hanno capito quello che hanno capito e l’hanno scritto, ora a noi tocca interpretarlo. Ma perché lo interpretiamo? Lo interpretiamo, perché vogliamo capire cosa diceva veramente Dio, al di là della mediazione dell’uomo (limitato in tempo-spazio-cultura e bla bla bla). Insomma, Dio ha detto sicuramente una cosa giusta, quindi vogliamo capire cosa ha detto, per capirlo dobbiamo interpretare il testo. Solo che uno lo interpreta in un modo (e quindi Dio, quello più fico di tutti, dice di lapidare persone) e tu -e molti altri- in un altro (e quindi Dio, lo stesso più fico di tutti, dice “volemose bbene”). Il nostro problema è quindi di carattere tecnico; non entrando nel merito -ripeto-, diamo per assunto che Dio abbia detto sicuramente una cosa giusta (e soprattutto che esista). Ma dobbiamo capire cos’ha detto! Finché le nostre incompetenze, la nostra cultura, i nostri condizionamenti e tutto quello che ti pare, ci fanno comprendere male quello che diceva Tacito, alla fine chissene. Ci dispiace, ci sentiamo un po’ scemi a pensare che studiamo cose che ci siamo inventati, però alla fine amen, non è mica Dio, appunto. Tacito non ci insegna mica la “verità”, la “salvezza”, il “bene” e via e via. O meglio, per la precisione, siamo noi che non vogliamo farci insegnare questo da Tacito. Quindi il punto è: ti senti così sicuro che la tua interpretazione sia quella giusta? E se non fosse quella giusta, se tu quindi stessi alterando i desideri/gli ordini di Dio, avresti la stessa credibilità (di fronte a Dio), di un ateo, di uno shintoista, o di un adoratore di galline: non posso essere sicura che sia così nel Cristianesimo, ma penso che contino i fatti, più ancora della buona fede, in questo caso. Mi spiego meglio con un esempio esagerato: se in totale buona fede io credo di dover ammazzare tutti quelli che non la pensano come me (ammettiamo qui che Dio sia contrario a questo), voglio sperare che questo Dio-buono non apprezzi la mia buona fede, ma piuttosto mi punisca per aver interpretato male le sue leggi, i suoi insegnamenti. Altrimenti, davvero non avrebbe senso aspirare alla comprensione completa di un testo: a cosa mi serve, se Dio apprezza più la mia buona fede della realtà dei fatti che compio?

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lo so perché il sentimento morale di umana simpatia mi fa immaginare l’orrenda serie di sensazioni che una vittima di quelle violenze deve aver provato; lo so perché due cose riempiono il mio animo di ammirazione e venerazione: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me; lo so perché ragionevolmente un modo nel quale si massacri il prossimo è un mondo infinitamente peggiore di quello dove si cerchi di collaborare e – almeno – tollerarsi.

Questo perché? Per nient’altro che utilità, perché questa morale basata sull’empatia, la non-violenza, e la fratellanza, o quello che ti pare, ci rende la vita più semplice e agevole. O più precisamente, la realtà che si realizzerebbe basandosi su questa morale/ questi principii, risulterebbe più semplice e agevole, rispetto a una in cui gli uomini si ammazzassero a vicenda. Come direbbe Bentham (lo direbbe?) la morale esiste perché ci siamo messi d’accordo. Non c’è un bene assoluto, né un principio assoluto, però se dicessimo che ammazzare è bene, ci ammazzeremmo tutti e il mondo andrebbe allo scatafascio. Però, quest’idea non presuppone nessun dio. Tu, cristiano, non mi puoi dire che il Bene con la b maiuscola è questo, perché altrimenti il mondo andrebbe allo scatafascio; te lo posso dire io, perché quando parlo di bene, preciso che è un bene con la b minuscola. Quindi me lo puoi dire, se però ammetti che il bene ce lo scegliamo da noi. Ma per il Cristianesimo Il Bene è Bene, perché Dio è Bene.

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Quindi l’unica interpretazione del Cristianesimo (e di qualsiasi altra cosa) che mi possa interessare fare mia è un’interpretazione che corrisponda a questa serie di intuizioni/sentimenti/ragionamenti.

Questo però non è un grande spirito di fede. Sembra che tu ti sia scelto la tua fede a tavolino, quindi con motivazioni ragionevoli e scientifiche. E per carità, se parlassimo tra persone (e in àmbiti) razionali, saremmo tutti d’accordo che bisogni “scegliere”, e che il problema della religione sia proprio la “non scelta”. Ma la fede non è mica un scelta. Per questo crea così tanti disastri nel mondo, non si può mettere in discussione, proprio perché non è qualcosa di razionale (“a tavolino”). Se la fede fosse una scelta, tutti i problemi (o quasi) legati alla religione, verrebbero meno; essendo “obbligati” a spiegare e dimostrare il proprio “bene”, si cercherebbe il bene “migliore” (ovviamente nel senso in cui ho spiegato prima: il bene più vantaggevole).

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È, come già scrivevo, il racconto di una serie di eventi legati all’idea che gli uomini possano essere salvati da tutto ciò che, nelle loro vite, è miseria e dolore, in particolare dalla sofferenza, dalla loro irriducibile tendenza a combinare guai (ciò che noi chiamiamo “peccato”, con termine forse desueto) e dalla morte. Magari sarà pure – come sospetti – una colossale illusione e un terribile inganno, ma l’illusione e l’inganno si collocano, semmai, dentro il racconto e la continuazione di quella storia e non nella supposta incoerenza o indeducibilità di un codice di comportamento ricavato da un libro.

Ma uno dei motivi per cui ipotizziamo (ipotizzo? Ipotizza?) che sia un’illusione è proprio l’incoerenza e l’indeducibilità di quel libro. Se io leggo un’intervista e quell’intervista non mi convince, mi sembra un ammasso di bugie, non mi interesso dell’intervistato. Se poi mi dicono pure che non l’ha mai visto nessuno, comincio a ipotizzare che non esista, ma non me ne preoccupo più di tanto, se con quell’ammasso di bugie non fa del male a nessuno. Poi se esiste va be’, poteva essere un po’ meglio il giorno dell’intervista, e io mi cercherò di rifare. Ora, il problema è che l’intervistato è Dio, il più fico di tutti, e proprio il giorno dell’intervista – il giorno in cui detta il suo libro sacro – doveva avere una defaillance?

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Oltre a tutte le possibili considerazioni “umane” gli citerei Cristo che perdona e ridefinisce la legge di Mosè proprio sul punto del fatto che i peccatori meritino la morte. Gli spiegherei che la croce significa proprio questo: Dio non chiede che l’uomo muoia, ma che viva (“La gloria di Dio è l’uomo vivente”, credo si tratti di sant’Ireneo). Al punto da essere disposto a morire lui (lui Dio).

Una piccola curiosità, al di là della tua morale: ma Dio c’aveva proprio bisogno di morire in croce per aiutarci? Io non avrei voluto morisse in croce, avrebbe aiutato sicuramente di più non morendo. Parlo di atto pratico: rimanendo in vita un po’ di più avrebbe, che ne so, potuto fare del volontariato (a quei tempi esisteva?), fare il medico, inventare (ma lui la conosceva già, no?) la penicillina e insomma salvare un po’ il mondo.

Non dirmi che era tutto un modo per attirare l’attenzione.

Un nuovo mendicamento

Oggi Barack Obama ha fatto l’attesissimo discorso da una capitale del mondo mussulmano, El Cairo.

Sul canale youtube della Casa Bianca tutto il discorso, in inglese. In italiano, al momento c’è solo questa piccola parte, la fine del discorso. Chi l’ha messa online l’ha titolata con un errore che qualcuno definirebbe freudiano: anziché un nuovo inizio, a new beginning, ha scritto a new begging, un nuovo mendicamento, un nuovo elemosinare.

IMPECCABILE
Ha fatto un discorso perfetto per non irritare la platea, cercando di limitare al minimo le possibilità d’essere accusato di pavidità dall’altra parte. È stato impeccabile nella non facile opera di trovare un terreno comune.

Il discorso è davvero molto bello, e conferma la capacità di quest’uomo di dire cose pragmatiche avvolgendole di un’aura di utopia, facendo sembrare magnifico il quotidiano. Chi dice che Obama parla solo di idee, sbaglia. La sua grande capacità, sta nel suo pragmatismo, nella forza con cui illumina il suo messaggio. E tutto questo è quello che ci vuole, come disse uno che ci capisce: è un grande privilegio avere sogni educati.

Obama ha anche una grande abilità nell’elusione, nel riuscire a non dire, dicendo, e facendo sembrare di dire. È quello per cui l’attaccano i nemici, ma il punto non è ovviamente avere questa capacità, ma se e quando utilizzarla.

LA STRATEGIA
Quale sia la strategia migliore per parlare a quel mondo è un argomento così vasto che non può essere esaurito in un post, tantomeno in uno dedicato a un’altra cosa: intendo così scongiurare le obiezioni sulla volta del “non poteva fare altro”, “la diplomazia è così”. Non lo metto in dubbio, o forse lo metto in dubbio perché penso che una diplomazia così sia un po’ troppo kissingeriana, più attenta alla stabilità che alla pace. Anche perché in quell’area ha sempre, purtroppo, funzionato di più la durezza e le prove di forza, che il dialogo, e le richieste di collaborazione: i mendicamenti, appunto. Su questo, però, sono decisamente persuaso di poter sbagliare – e spero che sia così, sia per i mezzi che per il fine.
Le mie critiche non sono, quindi, sull’opportunità di dire certe cose, ma sulle verità omesse, sulle mezze bugie, e su quello che – molto più semplicemente – non mi è piaciuto.

ISRAELE
Obama non ha mai detto che il riconoscimento di Israele è un atto giusto. Ha detto che è necessario che Hamas lo riconosca, ma non ha detto che è giusto. Ha detto che anche gli israeliani, in privato, sanno che creare uno stato palestinese è giusto. Ha detto che anche i palestinesi, in privato, sanno che israele non potrà essere cancellato. È una dissimmetria non indifferente, perché lascia passare il messaggio che: gli arabi hanno ragione e gli israeliani torto, ma i primi devono arrangiarsi. Capisco che sia la cosa più digeribile, in un discorso come quello, ma non sarebbe il caso – ogni tanto – di sfidare le cattive idee sul campo del discorso, e non – solamente – evaderle?

L’unica ragione su cui Obama ha fondato la necessità di uno Stato israeliano è l’Olocausto. Stanti così le cose, avessi dovuto farmi un’idea del conflitto da ciò che ha detto Obama, avrei avuto pochi dubbi: la creazione d’Israele è illegittima e sbagliata. Non è così, e questo avrebbe dovuto spiegarlo.

Inoltre Obama ha sopravvalutato la questione israelo-palestinese rispetto agli stessi israeliani e palestinesi, che sono i primi a non volere la pace. La (larga) maggioranza degli israeliani e la (larga) maggioranza dei palestinesi preferisce questa situazione alla soluzione dei due stati: sarebbe un fatto scomodo da prendere in considerazione.

LE DONNE
Quello che ho trovato davvero vergognoso, e forse senza di questo non avrei scritto, è stato il passaggio sulle donne. In 55 minuti di discorso, articolato in 7 punti, Obama ha riservato al punto che riguardava i diritti delle donne 2 (due) minuti. Due su cinquantacinque.
Metà di questi due minuti sono stati usati per proferire luoghi comuni sciocchi, tipici strumenti dei maschilisti. Se volessi fare il salto retorico direi che sarebbe stato meglio che non ne parlasse: non è così, ma era chiaro che quello era il campo di battaglia più importante, e perciò più potenzialmente pericoloso, e Obama ha deciso di sbrigarlo subito, quasi infastidito dall’ essere costretto a includerlo.
Immagino quante persone che lottano per i diritti delle donne nei paesi islamici siano rimaste deluse, e tradite.

Il passaggio sulle donne, non mi azzardo a dire sulla parità dei sessi, è talmente corto che si può commentare tutto: Obama ha detto due volte che non considera subalterna una donna che senta il bisogno di coprirsi dagli sguardi degli uomini, e che non considera le donne che lo portano meno-uguali degli altri. Ha detto che una donna che rivesta un ruolo tradizionale, leggasi fare la macchina da figli, è certamente rispettabile. Spostando l’oggetto della discussione, perché non ha detto nulla sugli uomini, e sulla società che permette che quella donna trovi l’unica ragione della sua esistenza nel quantitativo di figli maschi prodotti.
Ha detto che il progresso non è nemico di queste tradizioni: cazzate, lo è. Grazie al Cielo.

Ha accostato a questo l’unico concetto che poteva essere, un poco, dalla parte delle donne: dicendo che le donne possono contribuire alla nostra società quanto gli uomini, che a entrambi i sessi deve essere garantita la possibilità di raggiungere le proprie potenzialità. Difficile incontrari fischi, qui, perché anche un talebano ti direbbe che le donne devono raggiungere le proprie potenzialità: quelle di stare a casa a cucinare, produrre figli, e obbedire al marito.

Un concetto già di per sé ambiguo, ma reso ancora più sinuoso perché associato a quell’altra grande ovvietà dietro cui si parano tutti i maschilismi del mondo, ovvero che le-donne-sono-diverse-dagli-uomini, detto come una grande verità. Non pensa, dice Obama, che le donne debbano fare le stesse scelte degli uomini per avere gli stessi diritti. Bella scoperta: nessuno deve fare le stesse scelte – sia mangiare la Fiorentina o tifarla – per avere la parità dei diritti, ma perché allora parlare delle donne, e non di quelli coi capelli rossi o che fanno le vacanze in montagna? Quali sarebbero queste diversità endemiche delle donne, che farebbero loro raggiungere la parità dei diritti attraverso un’altra strada? Chissà perché mi viene il dubbio che siano di quelle che, forse, era il caso di dibattere. Queste “strade alternative”.

Insomma, un discorso debolissimo sulla questione femminile, che ha anche offerto soluzioni sbagliate: il punto non è dare educazione alle donne, come ha detto Obama; non è vero  – se non per un ragionamento ovvio, dello sfruttamento del 100% delle potenzialità anziché del 50% – che i luoghi dove le donne possono avere istruzione sono i luoghi più prosperi. Il punto è l’oggetto di quell’educazione. L’Iran è un paese dove c’è un’istruzione femminile notevole, ed è uno dei paesi dove i diritti delle donne sono annichiliti con maggiore violenza.

È lo stesso ritornello senza fondamento, che si ha con il terrorismo: sappiamo che, nel mondo mussulmano, non sono coloro a cui manca l’educazione a fare attentati, ma – anzi – è più probabile che sia chi ha un’educazione sopra la media. Ma viene ripetuto da tutti, dai tempi di Bush, che per fermare il terrorismo bisogna istruire.

Il punto non è alfabetizzare – ovviamente alfabetizzare è giusto, anche se questo non è una soluzione al terrorismo o ai soprusi sulle donne – non è l’istruzione, ma cosa questa istruzione porti. Non insegnare, ma quello che viene insegnato – e su questo c’è un problema enorme: ciò, che delle donne, insegna l’Islam.

Cavolo, parliamone. O no?
Magari ci si arrabbia, ma almeno si fa un qualche servizio a quelle donne.

LA RELIGIONE
Sull’Islam in generale, Obama ha infine superato quello che ha fatto per la questione femminile nell’Islam: non solo ha ignorato tutto ciò che c’è di terribile in quella religione, ma ha tirato fuori quel pochissimo di buono che c’è. Sono consapevole che sia esattamente ciò che ha fatto – e continuerà a fare – il Cristianesimo con quel poco di buono che c’è nella propria Bibbia, ma sono altrettanto consapevole che sia un’operazione possibile, tale e quale, anche sul Mein Kampf.

Il sistema in cui crede Obama è quella di far crescere l’Islam fuori dall’Islam, forse sarebbe più efficace – e più onesto – far crescere i mussulmani fuori dall’Islam: e questo lo si comincia a fare chiamando le cose col proprio nome.
Dare legittimità a quel testo e a quell’insieme di credenze è pericolosissimo, perché in una battaglia d’idee è sempre meglio avere ragione che avere torto, e in una sfida sulla veracità del messaggio del Profeta Maometto, la versione di Bin Laden avrebbe di gran lunga la meglio su quella di Obama.
Rischia di essere controproducente perché, così, si sottointende che sia una parte di mondo, un insieme di persone, a essere geneticamente più portato alla violenza, all’oppressione, alla sete di sangue. Se l’Islam è una religione di pace e amore, perché ci sono kamikaze palestinesi e non ci sono kamikaze buddisti, in Tibet? L’occupazione cinese non ha nulla da invidiare a quella israeliana, eppure gli uni considerano la violenza uno strumento necessario, gli altri no. No, non sono gli arabi a essere geneticamente più portati al male, è il dogma, quel dogma a esserlo.

Obama ha selezionato accuratamente, e sottolineato, i pochissimi passaggi presenti nel Corano che incoraggiano la pace e l’amore fra i popoli, tralasciando completamente di citare tutto il resto di quel corpus della Sunna, Corano e Hadith, che ordinano l’odio, la guerra santa, il soggiogamento della donna, l’uccisione degli omosessuali, la sottomisione di qualunque sapere a Dio, l’impossibilità di avere amici cristiani o ebrei, la necessità di sgozzare atei e politeisti, etc.
Magari, come ho detto, è così che si fa diplomazia. Sicuramente è così – ma quando ha detto che il Corano insegna che uccidere un uomo è uguale a uccidere tutta l’umanità, ci voleva qualcuno che si alzasse per dire la cosa che ogni persona ragionevole si sente rispondere quando cita quella stragrande maggioranza di passaggi imbevuti di sangue: «il Corano dice che non bisogna uccidere? Non si può mica prendere tutto alla lettera!»

Abruzzo undici

Oggi sono arrivati i militari. Per quanto molti del campo dicano che ciò abbia a che fare con la Digos e col G8, la verità è che sono qui per le elezioni. Anche i terremotati, ovviamente, votano. Sono stati attaccati i cartelloni con le liste, e – sebbene molti dell’entourage qui siano di Sinistra e Libertà – campagna elettorale non è stata fatta.

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L’altro giorno, al telegiornale, si è sentito Berlusconi che prometteva crociere estive ai terremotati e: «hai sentito Mari’, andiamo tutti in crociera!». Inutile dire che c’era molto sarcasmo.

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[La soluzione non sarà] trovata facendo quello che è stato fatto in passato, ma meglio. L’eredità lasciata da Bush è, in questo, doppiamente perniciosa: ha fatto le cose sbagliate, e le ha fatte male, e questo rischia di creare la falsa aspettativa che queste stesse cose, in qualche modo, possano funzionare se fatte meglio.

Proprio mentre Obama faceva un discorso molto pragmatico – se ho tempo, stasera, ne scriverò – al mondo mussulmano, al Cairo, ho letto quest’articolo su Obama e la questione israelo-palestinese che offre una prospettiva particolare.

In sostanza i due autori sostengono che il problema di Bush è stata l’equivicinanza, che la prospettiva dei due stati, che un tempo sarebbe stata la massima aspirazione palestinese, ora è diventata – perché gradita a Bush – una prospettiva non gradita, anzi osteggiata, in quanto occidentale.
Che ogni abbraccio di Bush a Abu Mazen è stato un bacio della morte: l’augurio è che Obama faccia pressioni su israeliani e palestinesi, ma stando lontano da entrambi, specie dai palestinesi. Perché, per gli arabi, qualunque soluzione che sembri far piacere agli americani, e agli occidentali, diventa automaticamente una soluzione che non va bene.

È un concetto non bellissimo, perché sottointende che con gli arabi non si può trattare come con tutti gli altri, e – in un certo modo – bisogna dissimulare un disinteresse per la questione. Ingannarli.
Io non sono molto d’accordo, però l’abbiamo provate tutte, e non hanno funzionato. Chissà che non sia la strada giusta.

Abruzzo dieci

Questo era un bar, è ancora un bar, ma siccome dentro è pericolante, quel bussolotto blu è diventato il bar di servizio. Mi domando come facciamo per gli oggetti all’interno, se sgattaiolino dentro, oppure no:

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Abruzzo nove

A uno l’ho già detta, e potrebbe lamentarsi. Ma il problema è che il campo è gestito dalla CGIL e ci si connette con una connessione della FIOM, quando ti connetti c’è proprio scritto FIOM, e ora son due giorni che sciopera.

Ho un sacco di cose da dire, avrei.
Ora sto rubando una connessione a una fabbrica mezza distrutta: mi domando come sia possibile che internet ci sia ancora, l’elettricità ci sia ancora, però, tant’è.

Abruzzo otto

Cartelli
Ce ne sono molti di questi cartelli in giro, attenzione a questo, non fate questo: ne ho scelto uno perché è il più ambiguo.
E se hai il casco? Ovviamente tutti entrano in questi magazzini senza casco.

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Ma i cartelli più significativi sono quelli che provano a dare forza agli utenti del campo, ce n’è uno particolarmente forte (anche se manca un “stato”):

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Sotto non si legge, è Benedetto Croce non Danilo Di Luca.

Il Giro a Roma

Ieri è stata una tappa straordinaria, non solo per la cornice:

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Bettini da non corridore:

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Basso

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Di Luca

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C’era anche qualche tifoso con delle maglie un po’ particolari, visti i tempi:

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Ma la foto più bella non l’ho fatta io, ed è questa:

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Quando è cominciato a piovere: “pensa se cade, si rialza e vince”, ho pensato.
È successo.

C’è tutto il ciclismo, dentro.