A brigante brigante e mezzo

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La storia, di qualche giorno fa, è questa: uno scienziato nucleare iraniano inizia a collaborare con la CIA, naturalmente all’insaputa di tutti. Amiri, lo scienziato, organizza un finto pellegrinaggio durante il quale sparisce dalla circolazione. Gli viene data un’altra identità, e una nuova vita, negli Stati Uniti, e un sacco di soldi – qualcosa come 5 milioni di dollari – per tutte le informazioni che fornisce agli USA sul programma nucleare iraniano.

La collaborazione va avanti per un certo periodo, dopodiché il tizio inizia ad avere nostalgia di casa, vuole portare il denaro in Iran, e – probabilmente – ricominciare a lavorare per il governo iraniano, però sceglie il modo peggiore per farlo. Decide di riapparire in Iran e inizia a raccontare una storia da film: che gli USA l’hanno rapito quando lui era in Arabia Saudita, e l’hanno torturato per estorcere informazioni. Inizia a dire peste e corna degli Stati Uniti, per accreditarsi agli occhi degli iraniani, e dice di essere vittima di una cospirazione orchestrata dagli americani, e quasi arriva a suggerire di poter fare il doppio gioco del doppio gioco.

Gli Stati Uniti all’inizio esitano, poi decidono di rispondere. Invece di contestare le affermazioni di Amir, per tutta risposta, rilasciano dichiarazioni che suonano più o meno così: “Mr. Amiri ha lavorato per noi”.

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