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E quindi un carnivoro come me si trova a scrivere un’apologia del vegetarianismo. Perciò avete due garanzie: che il messaggio di questo post non sarà messianico, e che alla fine di esso potrete accusarmi d’incoerenza. Vediamo se riesco a convincervi del messaggio (più importante), e a scagionarmi dall’accusa d’incoerenza. Il problema è, mi sembra, la presenza di una certa tendenza a cercare di cogliere in fallo – a-ha, ti ho beccato! – i vegetariani piuttosto che rispondere alle loro idee.
Ce lo diciamo? Le obiezioni che le persone come me, noi, contrappongono al vegetarianismo sono stupide. «E allora gli alberi?» o «in macchina ammazzi un sacco di moscerini»: come se il (preteso) parziale errore altrui esaurisse il completo errore nostro. «Gli animali si mangiano fra loro» o «siamo naturalmente portati a mangiare carne»: anche ad ammazzare quello che ci “ruba” la fidanzata, poi ci ragioniamo su e capiamo che non è etico.
Le ragioni per le quali mangiamo carne sono due: perché siamo pigri, e perché la carne è buona. Intendiamoci, sono due buone ragioni. Seguire ciò che ci fa felici è generalmente buona norma, però bisogna considerare se va a danno di qualcuno e se questo danno valga il beneficio.
Il motivo per il quale non facciamo del male alle altre persone è che pensiamo che causare sofferenza ad altri esseri senzienti sia sbagliato. È il presupposto etico che fonda qualunque società laica. Magari non ci ragioniamo, ma è il motivo per cui non prendiamo a pugni chi ci sta davanti, e per il quale consideriamo la tortura come una cosa terribile. Ciò, naturalmente, assume diverse misure: pestare un piede non causa lo stesso dolore né è moralmente equivalente che dare una gomitata nello stomaco (lasciamo, per un momento, da parte l’intenzionalità).
Non c’è alcuna ragione per la quale non dovrebbe valere lo stesso per gli animali, e in parte è già così. Maltrattare un cane, al di là della legge, è comunemente percepito come sbagliato. Anche qui c’è una misura: probabilmente un cane soffre più di una gallina, e una gallina soffre più di una zanzara. E questo è un aspetto importante. Si può arguire, – io credo sia così e che la scienza lo suggerisca – che gli esseri umani siano in cima a questa scala, che la sofferenza umana “valga” di più di quella di un cane, e quindi di una gallina, e quindi anche di una zanzara. Ma non c’è niente che suggerisca che questa priorità prenda la forma di una completa cesura fra gli uomini e tutte le altre specie animali. Quello che vale per l’uomo deve valere, un po’, per tutti gli animali.
E allora perché non sei vegetariano? Beh, tre cose:
1) Il fatto che io sia incoerente con le idee che ho scritto non intacca la bontà di quelle idee. Fare tana a qualcuno, non libera tutti.
2) Perché essere vegetariani vuol dire non mangiare mai carne, mentre essere ecologisti vuol dire prendere meno – per quanto possibile – la macchina?
3) E più importante: non divento vegetariano per la stessa ragione per la quale sto scrivendo questo post anziché essere a servire a una mensa dei poveri, perché bisognerebbe riformulare l’etica in maniera più realistica, declinando in modo meno manicheo il concetto che ci sia il giusto e lo sbagliato: ci sono cose più giuste di altre e ci sono cose più sbagliate di altre.
Ci sono un’enormità di cose in cui il nostro piacere si scontra con quello degli altri. Tutte le volte che rinunciamo a privilegiare noi stessi per fare del bene agli altri siamo, un po’, migliori. Alcuni ragionamenti contro il nostro interesse sono richiesti dalla società in cui viviamo: non ammazzare la vecchietta per rubarle la pensione. Alcuni non ci verrebbero mai chiesti: vendere la propria casa per comprarne una più piccola e donare i soldi in beneficenza. Altri sono nel mezzo, e sono lasciati alla coscienza di ognuno: come appunto mangiare meno carne, prendere di meno la macchina, fare del volontariato ogni tanto, e così via.
Ciascuna di queste cose – quelle richieste, quelle non richieste o quelle lasciate alla coscienza di ognuno – rende chiaramente migliore (in senso etico, e in quello specifico aspetto) chi le compie rispetto a chi non le compie, ma è chiaro che nessuno potrà mai compierle tutte. Ognuno avrà il suo spazio di egoismo che si ritaglierà come crede, e che sarà valutato dagli altri di conseguenza. Io dico che questo principio lo adottiamo – anche inconsciamente – ogni giorno e per qualunque ambito: ci impegnamo, per quanto possiamo (o anche molto meno), nella raccolta differenziata, nell’andare in bici, nel dare soldi al mendicante per strada, nel fermarsi ad aiutare l’automobilista sconosciuto con il motore in panne. Magari il lunedì lo facciamo, il venerdì no, e va bene così.
Invece sul vegetarianismo c’è un atteggiamento integralista, in entrambi i sensi: o me ne frego completamente e anzi, dileggio i vegetariani; oppure non mangio assolutamente la carne, neanche una volta l’anno. E mentre la seconda opzione corre il rischio di sopravvalutare l’importanza della propria coscienza (dieci persone che mangiano meno carne valgono molto più di una che non la mangia per niente), è chiaro che la prima è eticamente in fallo.
Quindi quello che dico io, rispetto al vegetarianismo, è che dovremmo comportarci come in tutte le altre cose che riteniamo sostanzialmente giuste, con le piccole licenze che ognuno si concede, e concedendosene alla discrezione di ognuno. Mangiare qualche bistecca in meno, comprare le uova free-range anziché caged, evitare quando possibile ristoranti Kosher o Halal, parlarne a due o tre amici ogni tanto. Tutto quanto con la giusta misura, sapendo che non è l’unica dimensione del comportarsi in maniera etica – ma è, perché lo è, una di queste.
E tenendo presente che, naturalmente no, neanche i vegetariani sono perfetti, e magari in altri ambiti saranno poco attenti. Ma su questo? Ancora non so dire se hanno ragione loro. Sicuramente hanno più ragione di noi.