Otto cose su questa tragedia

Sono rimasto molto colpito da quello che sta succedendo in Afghanistan, probabilmente anche perché – per quello che faccio – parlo tutti i giorni con persone che dai talebani sono fuggite, e che hanno persone a cui vogliono bene che sono scappate o si stanno preparando a scappare in queste ore.

Sono anche rimasto colpito dalla grettezza di tanti commenti che hanno visto nell’immensa tragedia umana di quello che sta succedendo, soltanto la sconfitta di un nemico politico (o la vittoria del proprio ego). Questi commenti sono stati non soltanto cinici, ma anche perlopiù sciocchi, confusi o smemorati. Per questo ho messo assieme un piccolo compendio di cose che penso sia importante ricordare (o conoscere), soprattutto scritte senza domandarmi “a chi convengono”. Ciascuno di questi punti, scritti oggi velocemente, meriterebbe un saggio di per sé, perdonate quindi le semplificazioni.

Asilo
Il Paese dal quale arrivano più richiedenti asilo in Europa attraverso la Grecia è l’Afghanistan già dal 2018, anno in cui ha superato la Siria (che continua a essere seconda). Non c’è dubbio che ciò che sta succedendo creerà un esodo di persone in fuga, come si è già visto dai video e dalle foto della gente all’aeroporto o agli uffici consolari. Vivere sotto ai talebani è un inferno, per tutti, e per alcuni ancora di più. Non facciamoci illusioni, non siamo i buoni: nonostante le dichiarazioni, e a parte qualche ristrettissimo ponte umanitario, è estremamente improbabile che qualunque Stato europeo (o gli Stati Uniti, o qualunque Paese al mondo in realtà) apra le porte alla gente che scappa dall’Afghanistan.

Consenso
L’Afghanistan è un Paese diviso etnicamente e religiosamente. Ci sono alcune aree del nord in cui i talebani non hanno mai avuto il potere. In questo scenario, domandarsi quanto consenso abbiano i talebani manca il punto. Immaginare che un hazara (l’etnia sciita più numerosa) possa essere a favore dell’avvento dei talebani è assurdo. Quella persona è non soltanto in pericolo, ma chiaramente riconoscibile: ha gli occhi a mandorla, porta il chador sciita anziché l’hijab (o il burqa), ciò è sufficiente per fargli meritare – agli occhi dei talebani – la morte.

Esportare
“Non si può esportare la democrazia” è una frase che va lasciata ai sovranisti. È una frase razzista, perché suggerisce ci siano popoli che non-sono-pronti-per-la-democrazia. È una frase ignorante perché la democrazia è stata sempre esportata, talvolta anche in maniera estremamente violenta, come in Giappone. È una frase sovranista, perché suggerisce che le idee migliori non possano venire da fuori dei proprî confini. È una frase contraddittoria perché confonde permettere di scegliere e imporre cosa scegliere. Certo, perché si instauri una democrazia c’è bisogno del verificarsi di molte condizioni: si può esprimere questa idea senza sostenerla attraverso concetti razzisti, ignoranti, sovranisti e contraddittorî.

Militare
Immaginare la conquista dell’Afghanistan da parte dei talebani come un’elezione in cui il Paese ha scelto da chi essere governato è una fantasia orientalista. I talebani non sono un partito, sono un movimento politico, religioso e militare che non ha alcuna intenzione di ricercare consenso democraticamente. Sono la milizia più ricca e armata rimasta, che ha conquistato il Paese dopo che l’esercito più ricco e armato se ne è andato (e dopo che tutti gli altri, incluso quello italiano, avevano fatto lo stesso).

Profughi
Come detto, le persone che oggi provano a scappare dall’Afghanistan – tranne poche e fortunatissime eccezioni – non hanno alcuna via legale per arrivare nel nostro continente. L’unico modo è imbarcarsi in un lungo e pericoloso viaggio affidandosi ai trafficanti, arricchendoli, dato che le frontiere rimarranno chiuse. Quello che sta succedendo avrà però probabilmente un impatto: sarà più difficile espellere gli afgani che già sono in Europa. Questo perché, con i talebani al potere (che, ricordiamolo, da tempo controllano già pezzi di Paese), sarà tristemente più facile dimostrare che nel caso queste persone tornassero a casa, la loro vita sarebbe a rischio. Il paradosso è quindi che questa nuova tragedia non aiuterà a scappare le persone che sono in pericolo oggi, ma permetterà a quelle che già avevano una ragione per scappare di restare dove sono arrivati.

Ritiro
Il controverso accordo che ha portato al ritiro delle ultime truppe rimaste in Afghanistan è stato firmato da Donald Trump, non da Joe Biden. È stato un accordo che ha escluso il governo afgano, quello che avrebbe dovuto reggere all’avanzata dei talebani senza gli americani. È un accordo criticato fin da subito perché lascia il Paese ai talebani. Nessuno sapeva che la disfatta sarebbe stata così veloce, ma tutti sapevano che ci sarebbe stata. Certo, Biden avrebbe potuto rinviare l’accordo o addirittura rinegoziarlo, ma è importante chiarirne l’impronta ideologica: il ritiro delle truppe americane dal Medio Oriente è da sempre uno dei cavalli di battaglia della destra americana trumpista e pretrumpista, ed è dal 2004 che Trump e i suoi rivendicano (come al solito, mentendo se utile) di essere sempre stati contro interventi umanitari e di essere stati messi a tacere dall’establishment .

Stabilità
Dire che l’intervento in Afghanistan del 2001 ha minato la stabilità del Paese, come se l’Afghanistan dei talebani fosse uno Stato unito con un decennale controllo sul territorio, mostra ignoranza storica. I talebani hanno vinto una sanguinosa guerra civile, e hanno controllato gran parte del Paese (neanche tutto) fra il 1994/96 e il 2001, senza alcun riconoscimento internazionale (solo 3 Paesi lo consideravano uno Stato: Arabia Saudita, Emirati Arabi e Pakistan). L’occupazione militare è durata tre volte tanto. A volere usare questo criterio, è il ritiro delle truppe americane ad aver minato la stabilità del Paese. Ovviamente il fatto che vent’anni di addestramento dell’esercito afghano abbiano prodotto questo risultato dimostra ancora di più il fallimento delle modalità di quell’intervento.

Terrore
Nella lista delle ragioni che motivarono l’intervento in Afghanistan del 2001, la difesa dei diritti delle donne, delle minoranze, degli omosessuali, dai talebani è sempre venuta dopo “La Guerra al Terrorismo”. Non a caso, espressione coniata da Bush una settimana dopo l’11 settembre. Tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Russia, dalla Turchia all’Italia, dall’India alla Mongolia, è intervenuto per sgominare Al Qaida dopo quegli attentati. Senza di essi, delle donne afgane avrebbero continuato a parlare una manciata di idealisti. Visto che la guerra al terrorismo ha dato risultati così così, oggi chi era a favore parla molto più di donne e diritti (o al massimo di democrazia). Ma è importante ricordare che quello non era né il primo né il principale obiettivo: lo fosse stato, forse le cose sarebbero andate diversamente.

10 Replies to “Otto cose su questa tragedia”

  1. ““Non si può esportare la democrazia” è una frase che va lasciata ai sovranisti. ”

    E’ evidente che non hai la più pallida idea di cosa sia il sovranismo, tra le altre cose. Cosa c’entri l’idea che uno Stato debba esercitare la sovranità sul proprio territorio con l’anti imperialismo americano, lo sai solo tu.

    “È una frase razzista, perché suggerisce ci siano popoli che non-sono-pronti-per-la-democrazia. ”

    Ed è verissimo. Il razzismo non c’entra nulla perchè non è un problema genetico, etnico, di razza, bensì culturale. Esistono culture avanzate e meno avanzate, Esistono culture che non sono abbastanza avanzate per il tipo di mobilizzazione di massa che l’installazione di un governo democratico, vero, richiede.

    Sopratutto in Afghanistan, un paese dove al di fuori dei pochi centri urbani vige una cultura tribale e frammentata, senza una vera e propria idea di identità nazionale. L’Afghanistan ha bisogno dell’equivalente dell’illuminismo, per ridurre l’indluenza della religione sulla società, e del nazionalismo, per unificare il paese in un unico popolo. Solo dopo può esserci una vera democrazia.

    “È una frase ignorante perché la democrazia è stata sempre esportata, talvolta anche in maniera estremamente violenta, come in Giappone.”

    A parte che il Giappone, o meglio l’impero giapponese, era molto più avanzato dell’Afghanistan di oggi, il governo “democratico” attuale non è diretta conseguenza dei numerosi crimini di guerra subiti durante la seconda guerra mondiale. L’obbiettivo degli USA, come in Afghanistan, era quello di instaurare un governo di “attori” alleati e simpatetici ai loro obbiettivi geopolitici, non certo quello di instaurare un governo democratico.

    “È una frase sovranista, perché suggerisce che le idee migliori non possano venire da fuori dei proprî confini. ”

    Questa la devi spiegare.

    ” È una frase contraddittoria perché confonde permettere di scegliere e imporre cosa scegliere. ”

    No, perchè l’esportazione della democrazia tramite le armi è e sarà sempre un imposizione. Ed è una violazione del diritto di autodeterminazione di un popolo.

  2. Da quello che leggo, non ci vivo e non ho contatti diretti, negli Usa il sostegno al ritiro militare dall’Afghanistan è bipartisan tra Dem e Rep, anche dopo gli eventi di quest’ultima settimana.
    E le dichiarazioni di Biden di oggi ne sono una testimonianza.
    Ciò non invalida il discorso sul “cavallo di battaglia della destra americana” e non significa che modalità e tempistica dell’amministrazione Trump siano state le migliori, né che la scelta stessa sia necessariamente la migliore. Solo che in Usa sono due gatti quelli che sostengono che si doveva rimanere.

  3. @ Alfredo:
    Condivido l’accento sull’aspetto culturale, ma perché necessariamente, nell’immaginare ciò di cui il fantomatico popolo afghano avrebbe bisogno, ci si deve riferire a ciò che ci è noto come se fosse necessario? Perché non potrebbe essere una dinamica nuova a creare il futuro, senza passare per il “consueto” illuminismo o altro, una democrazia diversa da quella che noi conosciamo e che riteniamo l’unica possibile?
    Senza entrare nel merito delle parole, sempre relative e che avrebbero bisogno di maggior conoscenza reciproca, concordo sul fatto che ogni tipo di percorso interno, in questo caso di democratizzazione, potrebbe essere aiutato dall’esterno: che questo aiuto sia adeguato, inefficacie, richiesto o non voluto non necessariamente ne determina il fallimento o quello che si può definire un successo, ossia un prgresso culturale generale di una quota significativa di popolazione.
    Per esempio: al momento questi 20 anni di governo “non talebano” sembrano essere stati inutili e/o dannosi (e sicuramente sono stati inefficaci sotto tanti punti di vista) ma usando una scala temporale più ampia non è detto che non possano avere un effetto positivo su quello che potrebbe essere il futuro dell’Afghanistan.

  4. Marco scrive::

    Da quello che leggo, non ci vivo e non ho contatti diretti, negli Usa il sostegno al ritiro militare dall’Afghanistan è bipartisan tra Dem e Rep, anche dopo gli eventi di quest’ultima settimana.

    Non c’è dubbio. Quello che voglio dire è che l’isolazionismo è un tratto di destra, mentre l’interventismo umanitario è un tratto esclusivamente di sinistra. Ovviamente questo non vuol dire che quella sia _l’unica_ posizione di sinistra, ma è assurdo che si parli oggi di interventismo umanitario come di una cosa di 50 neocon (post guerra in Iraq), e non di un’intera tradizione culturale che ne è storicamente legata. Vedi qui:

    https://www.ilpost.it/giovannifontana/2011/10/20/la-guerra-umanitaria-e-di-sinistra/

    Dire che questi vent’anni sono stati inutili o dannosi, vuol dire ignorare completamente il punto di vista umanitario, e vuol dire non conoscere le storie delle persone che sotto i talebani ci hanno vissuto.

    Una generazione di bambine e ragazze è andata a scuola, un bella fetta della popolazione ha potuto vivere e professare la propria religione senza (o con meno rischi) di essere ucciso. L’idea che vivere vent’anni senza nazismo sia inutile o dannoso è chiaramente inaccettabile, e ci sono pochi dubbî che sotto molti aspetti i talebani siano peggio dei nazisti.

  5. @ Giovanni Fontana:
    Non sono riuscito a scrivere decentemente ciò che dici bene tu e che non si può non condividere : le chiavi di lettura possono essere molte e spesso si sbaglia a voler trarre giudizi subito dopo l’accadere di un evento, giudizi che sempre tagliano con l’accetta realtà complesse e sfaccettature allo stesso tempo positive e negative. Le mie parole “inutili e dannosi” si riferivano appunto solo ad una possibile chiave di lettura negativa, ma che solo negativa non è e non sarà.

  6. Leggendo commenti su twitter – riguardo l’Afghanistan ma anche mille altre questioni geopolitiche – molti utenti “di sinistra” considerano la frase “non si può esportare la democrazia” al contrario di come la intendi tu (e come la intendo io): esportare la democrazia è un concetto colonialista perché implica che “certi paesi non siano in grado di avere democrazia autonomamente”. A questo genere di considerazione, tu come risponderesti?

  7. Pingback: digmaan
  8. @ Cri Tista:
    Cri Tista scrive::

    esportare la democrazia è un concetto colonialista perché implica che “certi paesi non siano in grado di avere democrazia autonomamente”. A questo genere di considerazione, tu come risponderesti?

    Ma il colonialismo è precisamente l’opposto: è dire “questo Paese non può avere la democrazia perché sono arretrati, quindi è giusto che siano soggetti a uno Stato europeo illuminato”. È appunto confondere decidere per qualcuno o permettere a qualcuno di decidere.

    Dopodiché io sono contrario al concetto sovranista di “autonomamente”. Io sono un internazionalista. Per me la sofferenza di Mahnaz in Afghanistan vale quanto quella di Maria in Grecia o in Italia. Non vedo valore nel nazionalismo.

  9. Perché dici che “La guerra al Terrorismo” non ha avuto successo?
    Bin Laden è morto, così come molti suoi luogotenenti.
    Attentati in Occidente se ne vedono sempre meno, e gli ultimi in ordine di tempo sono opera di persone isolate. Forse l’ultimo attacco di una “squadra di fuoco” terroristica è l’attentato a Charlie Hedbo.

    Quello che ha fallito è il “nation-building”, e non capisco perché gli USA, un paese orgogliosamente federalista, si siano ostinati a mantenere stati centralizzati in Iraq e Afghanistan, che sono notoriamente stati con confini “disegnati sulla sabbia” dagli europei nell’800. Cioè lo so, il motivo è dare meno fastidio possibile agli alleati “controvoglia” Turchia e Pakistan.

  10. @ Skalda:
    Ho scritto che ha avuto risultati così così. Nel senso che il rischio di morire in un attentato terroristico era estremamente piccolo prima, ed è ancora più piccolo ora. Non so quanto per effetto dell’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq e quanto per la maggiore attenzione di intelligence e polizia, oltre che maggiori misure di sicurezza. In ogni caso questa non è la mia area di expertise, quindi potrei dire sciocchezze.

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