Smoke gets in your eyes

iMille sono un gruppo di persone convinte che le cose possano cambiare. E che l’unico modo per fare sì che questo accada, è provarci. Fare le cose. Io, con loro, ho fatto qualche cosa per la creazione del Partito Democratico. Oltre ad aver fatto qualcosa, ho anche scritto delle cose:

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Racconto un fatto piccolo e sciocco, perché mi è subito saltato alla mente come parallelismo, e metafora di ciò che stanno combattendo iMille. Come sapete, al comitato nazionale per Veltroni abbiamo una stanza che dividiamo con le altre correnti della lista – a proposito, qualcuno un paio di giorni fa ha appiccicato alla porta un cartello con scritto «lista 2, Con Veltroni – ambiente, innovazione, lavoro», dovremmo quindi avere il nome della lista – legambiente, una componente riformista della CGIL, e alcuni giovani che appoggiano WV che fanno riferimento a quel Michele Samogia di cui Marco Simoni ci ha parlato nella relazione introduttiva all’assemblea nazionale dello scorso weekend. Come anche normale (ognuno fa, fa-le-cose, in cui è bravo) molto spesso soltanto noi Mille siamo nella stanza: organizziamo i contatti, gestiamo le faccende informatiche e non, siamo presenti. Talvolta però la stanza ospita incontri, o riunioni delle altre componenti.

Ebbene, ieri c’era una riunione dei sindacalisti: una mezza dozzina di persone, senza un tavolo (il secondo ce lo dovrebbero portare, dicono!), sedie disposte in cerchio, facce simpatiche, più donne che uomini, più under 40 che over 40. Nessun segreto, mentre loro chiacchierano del loro da farsi, io e Francesco Costa continuiamo le nostre faccende. Durante la riunione, a occhio il meno giovane, probabilmente colui che aveva convocato la seduta, fa per accendere una sigaretta, al che, io che fin da bambino porto con me un’atavica intolleranza al fumo, domando se non sia possibile evitare. Ora, le reazioni possibili erano tre: che acconsentisse di buon grado, che acconsentisse malvolentieri, magari accendendo la sigaretta prima di uscire soltanto per fare un “dispettuccio”, oppure infine che rifiutasse categoricamente e se vi dà fastidio soffattivostra. Personalmente mi aspettavo una reazione simile al secondo scenario, ciò che è accaduto si avvicina più al primo: al mio invito, il signore in questione ha fatto per avvicinarsi alla finestra, ed è bastato un mio sorriso perché si rendesse conto che fumare alla finestra in una stanzetta di qualche metro quadro è esattamente identico a farlo al centro della stanza, quindi è uscito senza ancora l’accendino in mano.

Bene, io sono fermamente convinto della buona fede del signore in questione, anzi dopo abbiamo scambiato qualche parola, e non ha mostrato il minimo risentimento: magari è parte di una generazione per cui fumare accanto ad altri era il costume normale, una generazione che non ha la percezione di come una sigaretta imposta al respiro altrui – nocumento per nocumento – possa essere come o peggio di uno schiaffo. Di una generazione, insomma, per cui la coscienza del problema, su questo come su molti altri temi, non è al passo coi tempi, non per malafede o dolo, ma perché le cose vanno così: come diciamo sempre “le cose cambiano”, e le cose cambiano anche così: un tempo, mi raccontano, si poteva fumare a teatro, poi un giorno non si poteva più. Un po’ di giorni dopo nessuno si sarebbe più immaginato di farlo.

Ci capiterà più di una volta di incontrare persone che non sono attaccate alla poltrona per un desiderio di potere ma perché lecosevannocosì, o circostanze in cui qualcosa non funziona o funziona nella maniera sbagliata soltanto per un riflusso degli eventi. Sarà quindi nostro compito reclamare ciò che sentiamo come giusto, anche scontrandoci con malcostumi più passivi che attivi, non per questo più facilmente estirpabili; all’assemblea molti di noi hanno parlato di meritocrazia (o meglio, di immeritocrazia), di raccomandazioni, di corruzione, e collusione mentale con la criminalità, come Luca S. ha parlato di una rivoluzione culturale, che non può essere immediata, ma che lavora nelle coscienze della gente perché tutti quei tic di pensiero, quelle pigrizie etiche, siano prima snidate e poi eliminate: ecco, che qualcuno fumi in una stanza con altre persone, che lo faccia un professore universitario a un esame, o un “capo” a una riunione, con tutto questo non c’entra, ma un po’ c’entra. E che noi si domandi, con gentilezza ma con fermezza, che non succeda è una minuscola parte di quello che c’è da fare.

Avendo ben chiari quali sono gli obiettivi, tenendo presente ciò che è un fine, e ciò che è un mezzo. Con garbo, ma senza confondere ciò che vogliamo ottenere, con come lo vogliamo ottenere: insomma, senza fumo negli occhi.

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