Pensieri raccolti: considerazioni sulla guerra a Gaza

Alcune cose che penso, che ho letto, che ho rimuginato, e che spesso mi sembrano mancare – almeno linguisticamente – nel dibattito sulla guerra in corso:

Israele uccide civili: ci sono tre comportamenti, nei riguardi dei civili, in guerra.
Il primo è quello di cercare di ridurre al minimo le vittime civili, anche a costo di fare operazioni militari meno efficaci.
Il secondo è quello di ignorare la quantità di vittime civili che un’operazione militare possa comportare.
Il terzo è quello di cercare di fare più morti civili possibile.
Israele si comporta in un modo che rientra nello spettro fra il primo e il secondo, a seconda dell’opinione che se ne ha.
Hamas si comporta inequivocabilmente nel terzo modo.
Israele vuole uccidere il meno possibile/se ne frega. Hamas vuole uccidere il più possibile.
Non tenere conto di questo è disonesto.

Hamas ha rotto la tregua: questo è vero a metà. Il governo israeliano ha sempre più stretto le maglie di un embargo che non aveva nulla a che vedere con la sicurezza. Il 90% dei camion di viveri che dovevano sfamare Gaza, venivano bloccati al confine senza alcun motivo. In questa situazione Hamas non aveva nessun modo di attirare l’attenzione su di sé, di far cambiare questa politica, se non con i lanci di razzi. Questo giustifica il lancio sui civili? No (ho detto “no”), però Israele ha fatto molto di quello che poteva perché Hamas ricominciasse.
Il video che gira in questi giorni su internet è della solita faziosità di questi video, com’è per gli stessi video dalla parte opposta: Israele aveva tolto l’embargo due giorni prima dell’inizio della guerra, e proprio questa mossa – che alleviasse l’immagine israeliani agli occhi internazionali – era stato considerata dagli esperti la prova evidente che ci sarebbe stato di lì a giorni l’attacco: come difatti è stato.
Ignorare le responsabilità israeliane è disonesto.

L’attacco è stato sproporzionato: il termine “sproporzione” non può essere usato in maniera ambigua, per giocare su più tavoli; dunque chiariamoci, sproporzionato non si intende rispetto alle vittime che faceva Hamas, perché richiedere una risposta proporzionata in questo senso (Israele che lancia razzi Kassam su civili da Ashquelon, Ahsdod, Beer Sheeba, etc???) significherebbe colpevolizzare Israele perché è più forte, e non perché usa in maniera sbagliata tale forza (questa è il surplus di responsabilità).
Si parla di sproporzione per sostenere che Israele poteva fare qualcosa di più proporzionato rispetto a sé stesso, cioè rispetto a ciò che ha fatto. Davvero chi usa questo argomento avrebbe considerato accettabile un attacco che non facesse 500 morti, ma – diciamo – 200? Che avesse lanciato la metà (o un quarto) dei missili? Ve lo dico io, no. Chi dice che l’attacco è sproporzionato dice che Israele non avrebbe dovuto rispondere, che è una posizione difficile – e per inciso, è la mia – ma che bisogna avere l’onestà di sostenere con tutto il peso della sua difficoltà, senza nascondersi dietro a perifrasi in cui non si crede. Bisogna dire: Israele ha fatto male a reagire, punto.
Definire ‘sproporzionato’ l’attacco è disonesto.

I palestinesi hanno votato Hamas: qui mi è sembrato di intravedere della malafede da entrambe le parti.
Da una parte c’è chi è filo-palestinese e dice che essendo Hamas un partito eletto democraticamente (c’è poi da domandarsi se l’uccisione di un centinaio di avversari politici rientri nel “democraticamente”), bisogna confrontarsi con esso e accreditarlo in quanto tale, perché queste sono le regole della democrazia: sono gli-occidentali che amano la democrazia solo quando piace a loro. Non è così, le regole della democrazia sono esattamente queste: le persone fanno una scelta consapevole, e assumono le conseguenze di ciò. Se invece di Obama gli americani avessero votato Charles Manson come presidente degli Stati Uniti, qualcuno avrebbe parlato di antidemocraticità se il primo ministro inglese, francese o italiano si fosse rifiutato di intrattenerci rapporti commerciali? Se un palestinese vota Hamas si assume le conseguenze di quel voto, che vuoldire non solo “voglio ricacciare fino all’ultimo israeliano in mare”, come da statuto (la qual cosa non deve essere legalmente perseguibile), ma anche “voglio/sono-consapevole-del-mio-voto-per i missili su Israele” (la qual cosa sì).
Dall’altra parte ci sono i filo-israeliani che usano questo argomento, senza specificare quali siano le conseguenze di tale ragionamento. Perché il pensiero sotteso è “se la sono voluta”, ma quello un pochino più sotteso è “se lo meritano”. E include in questo merito, di morire, anche coloro che non hanno votato Hamas che la pensano in altro modo, ma che sono chiusi in quella gabbia umana che è Gaza. Se uno davvero pensa che aver votato Hamas, o vivere accanto a chi ha votato Hamas (quindi Gramsci deve morire, Edoardo d’Inghilterra no), sia sufficiente per meritare la morte, o meglio il rischio di morire, deve dirlo chiaramente: “I palestinesi hanno votato Hamas… quindi si meritano di essere bombardati”. Anche chi vorrebbe andare in America e aprire una pizzeria.
Dire: “i palestinesi hanno votato Hamas” senza specificarne le conseguenze è disonesto.