Mi ricordo, nei primi anni di questo blog, se non scrivevo almeno una volta al giorno mi sembrava mancare qualcosa. Non al ristretto ma affezionato pubblico (sono arrogante, ma non così tanto!), ma proprio a me. Ora, come ho visto, scrivo due post all’anno, e più per dovere che per desiderio.
Il paradosso è che quando un post l’ho scritto, sono contento di averlo scritto. Ma mettermi a scriverlo mi fa fatica, e un po’ mi angoscia. Non so bene perché, sicuramente è perché mi sento un po’ in colpa di non scrivere abbastanza, ma anche perché penso che dovrei scrivere qualcosa – un progetto, un’email, una richiesta di donazioni – per fare sì che Second Tree possa continuare il suo lavoro e quindi aiutare le persone che vivono nei campi qui.
In questo senso prendere una decisione “non scrivo più sul blog”, lo chiudo, mi darebbe un po’ di sollievo. La sensazione di inadeguatezza è ampliata dal fatto che diverse persone mi dicono che dovrei scrivere di più, e dovrei scrivere per Second Tree, dovrei usare di più quella parte di me, che analizza la realtà, che racconta storie. Hanno ragione. Ma questo aggraverebbe la questione perché, ovviamente, se scrivo di più per Second Tree scrivo di meno di me, di quello che vorrei scrivere io.
È diverso tempo, forse anni, che rimando questa questione. Ma ieri è successa un’altra cosa: ogni paio di mesi mando un’email alle persone che seguono Second Tree, e racconto quello che faccio e soprattutto quello che facciamo. Non è una vera newsletter, perché è più “mia”. Ma è sicuramente meno “mia” di questo blog. Stavolta mi hanno risposto in tanti, dicendomi: ma perché queste storie non le metti sul blog?
E quindi ci ho pensato. Non sarebbero tanti post, sei all’anno, ma sicuramente sarebbero cose che ad alcuni piacerebbe leggere. Potrebbero diventare presto anche di più, se decidessi davvero di mettermi a scrivere le storie delle persone che vivono qui. D’altra parte sarebbe mettere qui contenuti che non sono stati creati per questo blog e in qualche modo una distorsione di quello che questo blog ha sempre fatto, cioè raccontare quello che penso e quello che faccio, non quello che pensiamo e quello che facciamo. Anche perché ci sono tanti “noi” nella mia vita, e questo sarebbe soltanto uno, benché quello più importante.
Ho pensato di domandare cosa ne pensano ai pochi superstiti lettori di Distanti Saluti. Io vedo tre opzioni:
– A. Distanti Saluti chiude
– B. Distanti Saluti rimane così, trascurato ma vivo
– C. Distanti Saluti cambia e include altre cose meno personali
– D. Altre idee?
Mi rendo conto che non è una decisione che cambierà la vita a nessuno, ma mi piacerebbe sentire qualche opinione. Per una volta scrivete nei commenti anziché sui social network per non disperdere il feedback.