Nel senso di saluti da lontano. Ho letto che ieri è cominciato il Grande Fratello.
INTRODUZIONE
Oggi vi racconto una cosa che non ho raccontato al tempo per un insieme di ragioni, prima delle quali è che non avevo tanta voglia di ascoltare pareri altrui, o più precisamente non avevo voglia di ascoltare pareri impegnati nel convincermi a cambiare idea: una brutta ragione la mia, insomma, ma ogni tanto capita.
Capita dunque questo: la volta che avevo fatto la scemata dello stendino in Piazza del Popolo, quel minuto spazietto di celebrità che aveva attirato – più di quanto meritato, a dire il vero -, aveva catalizzato su di me un’attenzione impropria: c’era stato il piccolo servizio del tg3, il breve intervento a Condor, le pagina sul boxino morboso di Repubblica, pezzi sui giornali locali e qualche intervista su altre radio.
L’EMAIL
In quei giorni lì mi aveva scritto anche una persona, molto cortese, dalla “Endemol che realizza il Grande Fratello” chiedendomi “Sei inorridito o incuriosito?” e aggiungendo poi: “Ci interesserebbe incontrarti. A te interesserebbe incontrare noi?”.
Tutto in modo molto gentile, perfino più di un certo limite, chiudendo la mail aggiungeva che, se non avevo voglia di rispondere, “noi teniamo d’occhio il blog” e “Verremmo a trovarti in piazza”.
Io avevo risposto che no, non ero intimorito. E che non avevo quel tipo di pregiudizî. Che avevo parlato con chiunque di qualunque cosa, perché non avrei dovuto parlare con loro? Ma che il Grande Fratello è “un programma che non seguo”, che “non pens(av)o di essere il candidato più adatto a entrare nella casa” e che “insomma, penso che il Grande Fratello non lo farei”.
Non sono uno duro e puro, o che la televisione è il diavolo. Magari in un altro frangente della mia vita avrei detto di sì, però ora ho altri progetti. E poi il Grande Fratello mi sembra una cosa soprattutto noiosa. Cinque mesi senza sapere nulla del mondo, senza poter parlare con le persone a cui vuoi bene. E non mi sarei trovato a mio agio in certe dinamiche morbose. Insomma, il mio rifiuto era un rifiuto molto minimalista, non eroico. Se mi avessero offerto di fare le Iene, che pure non è per me il massimo dell’intrattenimento, probabilmente avrei accettato.
LE TELEFONATE
Pensavo che la mia risposta li avesse dissuasi, anche perché una volta mi era capitato di vedere in un centro commerciale di Trieste la fila che c’era per i provini. Come dire: perché dovrei interessargli proprio io?
Per qualche giorno, difatti, non ho risposta; poi però, diversi dì dopo, mi richiamano una volta, e poi altre due. Mi dicono che «non devo avere paura di loro», io dico loro che non ho paura, ma che non vorrei far perdere loro del tempo. Perché il programma, davvero, non ho voglia di farlo. Ho altri progetti, dico loro. È davvero un momento in cui ho un sacco di altre cose da fare. Loro mi dicono: «guarda che sei sempre in tempo a rifiutare, vieni e ci facciamo una chiacchierata». Io ci penso: effettivamente cosa ho da perdere? Nulla, anzi, è sempre stata una mia curiosità vedere come funzionano questi reclutamenti.
Dico loro che, al limite, vado per vedere come funzionano queste cose, ma che al Grande Fratello non ci andrei, quindi farei loro perdere tempo: mi dicono che certo, non è un problema «tanto di tempo ne abbiamo». L’importante è che io non sia impaurito da loro.
Non nascondo che pensavo anche che, magari, avrei potuto convincerli a farmi fare qualcos’altro: chessò, lavorare con la Gialappa’s Band. Non era questione di principio, non che il classico binomio ricco&famoso mi ripugnasse, anzi, il contrario.
L’INCONTRO
Così in una mattina d’agosto mi ritrovo a salire le scale di questi studî cinematografici, le cui pareti sono piene di poster con l’occhio simbolo del Grande Fratello. Anche tutte le indicazioni sono scritte su manifesti così, con una freccia. Arrivo lì, mi accoglie una ragazza che mi accompagna su una verandina dove c’è un tavolo e una sedia. Mi porge una penna e un malloppo di fogli. «Firmi questo», mi dice. Rientra e mi lascia solo con quel contratto.
Io comincio a leggere, “il contraente si impegna a” e poi un sacco di cose che riguardano “il trattamento della sua immagine”, Italia 1 e Canale 5. Più che vado avanti più che mi domando “ma che ci sto a fare qui?”. La parola “immagine” torna mille volte, lì dentro ci sono scandite mille condizioni e clausole sul maneggiamento della propria apparenza, e delle proprie apparizioni: mi rendo conto di sentirmi enormemente fuori luogo. Non è il posto per me. Restituisco la penna alla signora e la ringrazio, le dico che non mi interessa. Prova a dissuadermi, mentre raccolgo le mie cose. Io, molto timidamente, le dico che – davvero – le sono grato, ma vorrei andare via. Mentre cerca di insistere, ancora una volta, esce da una porta un signore più anziano: con il taglio della mano le fa “basta”, come dire “peggio per lui”. Io le sorrido, le stringo la mano. Poi, per andare verso l’uscita, passo davanti al signore, sorrido anche a lui e gli dico «buon lavoro», supero la porta ed esco dagli studî, soddisfatto di non essermi forzato. Sensazione che conservo tutt’oggi. Qui finisce la storia.
In ogni caso è molto probabile che, magari, gli sarei stato antipatico, e che insomma – qualunque scelta avessi fatto – non mi avreste visto al Grande Fratello.