Dopo 48 ore di smaltimento, e di metabolizzazione, faccio un bilancio di queste mie due settimane scarse in Burkina Faso, che sono state anche il mio primo assaggio di Africa subsahariana.
Prima di tutto le impressioni su di me: questo viaggio, come mai nessuno, mi ha fatto sentire uno sprovveduto. Più volte, in diverse circostanze, le impressioni che ho avuto erano molto diverse da quello che poi si rivelavano essere le circostanze, e la cosa è anche trasparita sul blog.
In molti sensi mi sono sentito impreparato, e quasi colpevole per questo. Al contrario di quello che era successo in Medio Oriente, dove – in ogni caso, e per quanto non condividessi molte cose, le conoscevo. D’altra parte l’unico modo per smettere di essere impreparati, è prepararsi, imparare, e credo che questo viaggio – magari quello che me ne resterà in testa fra qualche mese – mi avrà insegnato molto.
La conferenza è andata piuttosto bene, i discorsi catastrofisti che ogni tanto si incontrano in questi frangenti sono stati limitati al minimo, e l’occasione di discussione è stata sfruttata molto più di quanto ci si potesse aspettare. È vero che – innanzitutto – quando si organizza una cosa dal di dentro è difficile valutarla, anche perché ti vengono addosso solo i problemi, ma sembra che le impressioni esterne siano state di apprezzamento.
C’è, certamente, un discorso più generale sull’importanza di queste conferenze, sull’effettiva efficacia, e sull’impegno di risorse che richiedono questi incontri. C’è anche un discorso politico, affrontato anche in questo blog, su quanto richiedere un impegno di una classe politica corrotta – nella migliore delle ipotesi – come quella di molti paesi africani, costringa a collaborare con tale classe politica, e in qualche modo legittimarla. Effettivamente aspettarsi qualcosa da capi di stato e ministri che hanno ottenuto il potere con dei golpe, e che tengono il proprio popolo in una povertà disperata, risuona in maniera negativa nell’animo di ognuno. D’altra parte uno pensa che un’alternativa in realtà non c’è, e che – davvero – fare delle donne che subiscono quella pratica fetida le vere vittime della propria schizzinoseria, del proprio impulso a non sporcarsi le mani, sarebbe errore ancora più grave e sanguinario.
C’era l’efficacia, dicevo. A questo non so davvero rispondere. Sicuramente gli effetti di questi provvedimenti, anche negli stati che si erano impegnati varando una legge contro alle MGF si vedono sul medio termine. L’idea che mi sono fatto è che penso che sì, servano, questi incontri. Ma penso anche che non ci sia altra alternativa che cercare di catalizzare questo cambiamento culturale. In altre parole, se anche non fosse sicuro che funzioni, sarebbe l’unico tentativo che possiamo fare.
E visto che quando vai a giocare alla roulette a puntare sullo “0” perdi lo stesso, conviene puntare su di un altro numero.