A fare i grandi – Diario dalla Palestina 70
Oggi è il primo giorno della fine di Ramadan. Non lo si è saputo fino al tramonto di ieri, perché doveva succedere una cosa con la luna che non ho capito bene. Anche se pure gli imam non è che lo capiscano tanto bene: l’anno scorso, ad esempio, si son messi a avvistare la luna e, se in Egitto hanno visto così, in Arabia Saudita hanno visto cosà, quindi… potete immaginare.
Stavolta, invece, tutti d’accordo e quindi fine del Ramadan e primo giorno di vacanza per tutti (fino a venerdì). I negozi sono tutti chiusi e per strada non c’è nessuno. Cioè, nessun adulto. Perché invece è strapieno di bambini. Che giocano a fare i grandi. Le bambine, anche di 6 o 7 anni si vestono da donne, si armano di borsette, abbigliamento e passo femminile, e vanno in giro per la città in gruppo.
I maschi invece, vanno in giro in gruppetti più sparuti, tre, quattro, massimo cinque. Però tantissimi. Non ho mai visto così tanti bambini per strada, e fin qui. Il fatto è che vanno tutti in giro con un’arma giocattolo che spara pallini o niente. Avrò visto – non esagero – ottanta bambini, di cui quelli sprovvisti di mitra, pistola o un’arma qualunque si contavano sulla dita di una mano di Django Reinhartd.
Ho capito che c’erano tre modi di non farsi sparare (ché i pallini, quelli gialli, fanno male sulle chiappe). Uno era fare la faccia cattiva, se hanno paura che tu gliele dia, evitano e se la vanno a rifare su turisti attempati che non avrebbero la forza di rincorrerli. Il secondo era quello di portarsi la mano, orizzontale, alla fronte: come a fare il gesto del mettersi sull’attenti. Molto contenti della complicità, ti lasciavano passare come un “superiore”.
Il terzo era quello di mostrare molto interesse e anzi chiedergli, con le grame parole del mio minuto repertorio d’arabo, di fare una foto: al che tutti i ragazzini si mettevano in posa, impettiti, qualcuno si copriva il volto come nei video di Al-Qaida (Al caida?), qualcuno faceva una faccia fintamente minacciosa, la maggior parte sorrideva.
Non pensatemi meglio di quel che sono: ho usato anche i primi due. Qui alcune dei risultati del terzo metodo. Alla fine, dice, sono stato l’unico occidentale a non essere sparato.
Ho sempre pensato che fosse una sciocchezza l’equivalenza fra gioco e realtà, ho sempre criticato i criticatori dei videogiochi violenti, e sostenuto che un gioco è un gioco.
Però devo ammettere che queste mini-squadriglie m’hanno fatto angosciato un po’, ci ho pensato tutto il giorno.
Ovviamente non sono giunto ad alcuna conclusione, se non che avrei dato tanto per vederli giocare a pallone.