Partiamo da un concetto semplice: se una persona è disposta a rischiare seriamente la vita facendo una traversata in mare vuol dire che l’alternativa che ha, quella di rimanere dov’è, è peggio che rischiare la vita. Se è disposta a pagare per farlo, vuol dire che l’alternativa è molto peggio. Detto in altre parole, non attraversare il Mediterraneo significa per queste persone una delle due seguenti cose:
– rimanendo nel proprio Paese quelle persone correrebbero un rischio maggiore di essere uccise
– rimanendo nel proprio Paese quelle persone vivrebbero una vita che loro considerano chiaramente peggiore che rischiare la morte
Nei fatti, ciò che questa preferenza dice è che – contrariamente a quanto suggerirebbe l’intuito – pagare uno scafista per fare la traversata del Mediterraneo permette a chi lo fa di diminuire il rischio di morire o di vivere una vita peggiore della morte. Lo scafista non lucra sulla vita delle persone, lucra sulla possibilità di offrire un futuro migliore a quelle persone. Naturalmente non mi spingo a dire che siano personaggi positivi, perché per la maggior parte sono delinquenti con pochi scrupoli affiliati a piccole o grandi mafie locali.
Ma non è il loro operare a portare più morti, come dimostra il ragionamento. A portare più morti sono le leggi assurde dei Paesi europei che costringono questi esseri umani disperati a rischiare la vita per muoversi da un luogo all’altro del mondo. A portare più morti sono le frontiere chiuse dai nostri Paesi, che sono anche l’unica ragione per la quale gli scafisti esistono: via frontiere chiuse, via scafisti. A portare più morti siamo noi.
E c’è di peggio. La ragione più diffusa per rifiutare di accogliere queste persone è che il migrante venga a sottrarci la nostra ricchezza, sia essa posti di lavoro, sussidî o welfare. Non li accogliamo per la banale ragione che vogliamo tenere per noi quei soldi, e questo vuol dire – matematicamente – uccidere più persone. Più chiaro di così. Quelli che lucrano sulla morte delle persone non sono gli scafisti. Quelli che lucrano sulla morte delle persone siamo noi.
National borders exist to pen poor people into reservations of poverty.
– Giles Fraser
Scrivo anche qui il commemto che ho lasciato su Fb.
Come diceva giustamente – a me pare – uno dei commenti all’articolo del Post che è linkato nel tuo pezzo, il problema è un po’ più complesso e la domanda da porsi è quale sia la strategia più giusta da seguire per ridurre effettivamente i morti nel Mediterraneo. Di fatto ogni barcone che parte è una sorta di ricatto, perché in mare DEVI salvare le persone; quello che ci si sta ponendo come problema è:
1. Se l’attività delle Ong in questo senso non stia diventando un “perverso incentivo” per le organizzazioni criminali per porre in essere viaggi sempre più rischiosi
2. Se nel lungo periodo non garantisca meno morti la strategia di “non pagare il riscatto”, per riprendere l’analogia già usata in quel commento; pagare un riscatto salva la vita degli ostaggi, ma incentiva il meccanismo dei sequestri.
Forse l’unica soluzione potrebbe essere la preparazione di “percorsi garantiti” e gestiti direttamente da noi. Ma possiamo farlo da soli senza un supporto almeno europeo? E anche questo non diventerebbe un incentivo a venire? E anche in questo caso: accettiamo tutti? È praticamente e concretamente fattibile?
Perché comunque l’immigrazione ha costi non irrilevanti da diversi punti di vista, e non possiamo fare finta che sia una passeggiata.
Se non sbaglio, dovrei verificare e ora non riesco, mi pare che anche in Germania, dopo la meritoria apertura della Merkel (benché imperfetta perché non condivisa a livello europeo), abbiano avuto qualche ripensamento e aggiustamento, legato anche alle aspettative di accoglienza che si sono generate.
Capisco che stiano ragionando di vite umane, ma non è comunque semplice. E mi pare che sia inutile indicare responsabilità morali; dobbiamo cercare percorsi politici fattibili
Francesco, hai ragione a dire che si tratta di un ricatto, ma io e te – a quanto capisco – partiamo da due presupposti diversi.
Il mio presupposto è che non ho l’obiettivo di impedire a queste persone di arrivare in Europa. Il tuo presupposto, mi pare, è che avere le frontiere effettivamente chiuse, o parzialmente chiuse, sia una cosa positiva.
In sostanza, tu pensi che l’essere nato per caso in un posto del mondo ti conferisca dei diritti maggiori o minori di non essere torturato, ucciso, morire di fame, etc.
Io lo trovo assurdo.
Rinvio gli eventuali “terzi lettori” a Fb per chi volesse seguire tutta la discussione che è continuata dopo questo passaggio di Giovanni.
Grazie
FMM