Il masochismo della riconoscibilità

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La mia squadra del cuore, come si dice, me n’ha fatte vedere tante e di tutti i colori: una retrocessione, formalmente un paio, un fallimento con tripla discesa di categoria; uno scudetto perso per un giocatore che s’infortuna e l’altro che va al carnevale; la cessione di Baggio e quella di Bati; a proposito, l’ho sopportata portare l’attaccante più forte degli Anni ’90 al Tupparello di Acireale, e vista allo stadio giocare contro il Poggibonsi (lo so che vi sembra un’iperbole tipo “vado a Canicattì”, invece no, ce l’ho vista veramente), e perdere in casa contro il Montevarchi in Serie C2.

Però non mi era mai successo, in tutta la mia vita, che la mia squadra fosse ultima in classifica. Ultima proprio ultima, lì, da sola, con meno punti di tutte le altre. E invece, per queste due settimane senza campionato, lo è stata. Lì, in fondo a tutte le tabelle, così riconoscibile: sì è guadagnata anche i titoli, domenica scorsa – dicevano “Juve, Inter e Milan Ok. Fiorentina ultima”. In fondo, del Cagliari, che pure aveva due punti di più non ne parlava nessuno.

Non è stato così terribile, anzi, sarà perché sono lontano da casa (ma in fondo io son sempre stato lontano da casa, se Firenze è la mia casa, o la casa della mia squadra), ma mi sono quasi sentito coccolato: e tutti lo sapevano, perfino un islandese, qui a Londra, sapeva che la Fiorentina era ultima in classifica. Ai miei amici dicevo «oggi non si parla di calcio», e loro capivano «mi interesso di cricket!», e loro sorridevano come accarezzarmi, il fratellino a cui è capitata una disgrazia.

Io l’ho sempre detto che son paraculo, su ‘ste cose: ché quando la Fiorentina vince son contento per tutto il pomeriggio, mentre quando la Fiorentina perde penso «eh, vabbè, è solo un gioco», però in questo caso… non so, quasi mi c’ero affezionato, a questa maglia nera.

Oggi, pochi minuti fa, la Fiorentina ha vinto, e così non è più ultima – perché c’è anche questo: se hai pochi punti, se sei ultimo, ogni punto vale molto di più, e ne bastano pochi per non essere più ultimi – e per quanto possa andare male il campionato è difficile che torni a essere così, sotto a ciascuna di tutte le altre squadre. Magari per diverso tempo, forse per altri 27 anni, forse tutta la vita, ché ci vuole una certa pervicacia, oltre che una sfida a probabilità piuttosto basse, per essere il più scarso di tutti e tutti. E insomma, tre punti. Ecco, volevo dire che mi è un po’ dispiaciuto.

Sosia

Passando ad altre e ben più importanti cose: fatico a crederci anche io, ma Flavio Briatore non è della Fiorentina.
Edit: Tanto era incredibile la somiglianza, che tutti quelli con cui ho parlato non avevano capito: questo NON è Flavio Briatore.
blue eye(glasse)s

Cerimoniali violati

Cominciò tutto con Gianluca, solitamente abbigliato nella maniera meno formale che si possa immaginare: vestiti larghi, qualche volta bucati, strascicanti – il prototipo del sinistroide che fa lettere, per lo meno al tempo.

Ebbene, Gianluca si presentò alla propria laurea vestito di tutto punto. Giacca. Cravatta. Stirato, laccato e servito.
Fu così che il mio cuore disse: «Basta! Alla mia laurea ci vado con la maglia della Fiorentina..!»
Fra il dire e il fare c’erano di mezzo due mesi: passarono…

Io la dichiaro

Mio zio si prodigo nello scrivere la seguente lettera che mandò a www.fiorentina.it e www.violanews.com, oltre che a La Nazione.
Grazie, anche, allo spirito divertito della lettera, l’indomani fu pubblicata con molto risalto su entrambi i siti. La Nazione gli dedicò addirittura due pagine interne, stravolgendo però il contenuto della lettera che apparve come articolo a firma di Non- ricordo-chi.
Qualche giorno dopo una radio toscana mi telefono per farmi una breve intervista in diretta, che fu ascoltata trionfalmente da parenti e loro vicini di casa: «Quello lì è il nipote dei farmacisti della suocera di mio cognato..!»
Con questo si conclusero i miei cinque minuti di celebrità, aspettando di poterlo raccontare ai miei nipoti fra qualche decennio.

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