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Le svedesi
Il mito delle svedesi. Ho scoperto di recente perché fra la generazione dei nostri nonni c’era il mito delle svedesi, che erano – alternativamente o tutto insieme – alte, bionde, ridanciane, bendisposte al dialogo, aperte di vedute. Questa la versione raffinata, che probabilmente avrete sentito diverse volte, ma la traduzione – più ruvida e più italiana, anzi la facciamo romanaccia – era: bòne, e ce stanno. La non lusinghiera reputazione, però, era del tutto immeritata: non erano le svedesi a essere tutte puttane, ma erano gli italiani ad avere quell’idea, dura ancora oggi a morire, che la condizione naturale di una donna sia la renitenza alle avances maschili, da esprimere in ogni proprio atteggiamento ed espressione della persona.
È il concetto che c’è dietro al velo imposto alle donne nell’Islam, se non ti copri vuol dire che stai suggerendo al tuo interlocutore la tua presunta disponibilità. E andò così anche in Italia, negli Anni Cinquanta, quando cominciarono ad arrivare in Italia le svedesi. Venivano nella Penisola d’estate, al mare, a fare dei bei bagni e a passare la stagione. E quand’erano in spiaggia si mettevano in bikini, indumento che in Italia non si era mai visto: potete immaginare il malizioso stupore, fatto di pruderìe da quattro soldi, con cui persone che avevano vissuto soltanto accanto a ragazze cresciute a pane e cattolicesimo potevano interpretare quel simbolo – sono belle, e ci stanno. Di lì, per un bikini, la nomea: le-svedesi. E tutte le grandi storie, naturalmente raccontate al bar e mai consumate, di quanto le svedesi fossero per nulla ritrose.
Poi c’era la più bella fra tutte le svedesi, negli Anni Cinquanta, e anche lei venne in Italia. Per una ragione un poco diversa, però: lei era Ingrid Bergman, l’avrete capito. Aveva visto i film di Roberto Rossellini e se ne era innamorata. Magari si era innamorata anche di lui, chissà. Fatto sta che gli scrisse:
-
- Caro Signor Rossellini,
- Ho visto i suoi film Roma Città Aperta e Paisà, e li ho apprezzati davvero tanto. Se ha bisogno di un’attrice svedese, che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, che non è propriamente comprensibile in francese, e che in italiano sa dire solamente “ti amo”, sono pronta a venire a fare un film con lei.
“Ti amo” glielo scrisse proprio così, in italiano, per fargli vedere che lo sapeva davvero. Naturalmente – che altro? – finì che si sposarono.
Grazie a Simone e Paolo
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