Un’intervista a… un paio di classi di bambini delle elementari.
[Trovato anche questo sul blog di Lorenzo Cairoli: ci sarà qualcosa che non c’è su quel blog? .]
poveri i bambini che finiscono nella squadra avversaria
Un’intervista a… un paio di classi di bambini delle elementari.
[Trovato anche questo sul blog di Lorenzo Cairoli: ci sarà qualcosa che non c’è su quel blog? .]
Ho letto qualche parola più concisa e più accurata di quelle che avevo già scritto, se ne avete voglia leggetela anche voi.
Questa è anche una risposta a quelli che Di Girolamo ha ragione: il vedere gli effetti, vedere gli aiuti, vedere le persone che si dànno da fare, è un catalizzatore di attenzioni che potrà far costruire case più adatte nei prossimi anni molto più che il non intervento rabbioso.
Da vedere assolutamente; la cosa più commovente. Il pregiudizio. Le apparenze. Svegliarsi.
Una improbabile signora si affaccia sul palco di quello che è una specie di X-Factor inglese. Brutta, impacciata, goffa. Anche un po’ scemotta, sembra. E ancora brutta, di una bruttezza non particolare. Per questo non suscita neanche la compassione che concediamo ai casi umani. Ha tutti contro, pronti a sbeffeggiarla. Più che pronti, lo stanno già facendo, mentre si presenta, per come si presenta.
Quando annuncia di voler cantare, e di voler cantare “I dreamed a dream” dal musical Les Miserables – una canzone enormemente più che impegnativa, e di asperrima esecuzione – perfino i cuori più cinici iniziano a preoccuparsi per lei, per la figuraccia che farà. «Vi prego, vi prego, state zitti…» pensa chiunque, rivolgendosi al pubblico. Non la offendete, non la denigrate: lo è un caso umano.
E poi lei comincia a cantare:
La lista dei “non” di Francesco è molto utile, come il suo spirito pratico.
Io non ho mai messo un paio di jeans in vita mia, sul Wall Street Journal qualche settimana fa spiegavano tanti dei motivi che avrei potuto avere per fare quello che ho sempre fatto senza tanti di questi motivi.
Ma che siano scomodi, si vede solo a guardarli!
Spesso mi picco di essere molto bravo a individuare tutte le contraddizioni, e tutto il portato strutturato dietro a ragionamenti apparentemente innocui: specie per quanto riguarda il maschilismo, ma anche su altri concetti a me cari, come l’egoismo del dire «non voglio giudicare quella persona» o l’inane illogicità del pensare che «due cose possono essere diverse, né rispettivamente peggiori, né migliori né uguali».
Il preambolo è lungo, il concetto è che c’è sempre uno più bravo di te:
“Provo a ragionare da un punto di vista laico e liberale – scrive Antonio Polito (il Riformista, 27.2.2009) – cioè a valutare che cosa sia meglio per la comunità, e non che cosa corrisponda di più ai miei convincimenti personali”. Un aborto fin da quest’incipit, questo editoriale, perché “un punto di vista laico e liberale” non contempla alcuna contraddizione tra “convincimenti personali” e “cosa sia meglio per la comunità”.
È verissimo, ovvio direi, ma il possidente qui non c’aveva pensato. Come direbbe quello: « mo’ me lo segno».
Il neoblogghista Luca, fa notare un articolo della gazzetta – ormai online da qualche giorno – in cui l’impaginatore ha copiaincollato tutto, anche i commenti i saluti riservati allo stesso impaginatore.
Riassumo, prosit, ciaoooo.
Con il ritardo che si confà alla mia connessione internet ho letto il Baricco linkato in giro da tutti su cultura e soldi pubblici. Cazzo, eccezionale. I due o tre che non l’abbiano letto, s’affrettino.
C’è un giochino citato un po’ da tutte le parti in rete che si chiama iPod casino: è quella cosa che facevi alle feste di compleanno, se non era rimasto nulla da fare – «dài, io metto una canzone e voi indovinate». Ma ovviamente fatto molto meglio.
Mi sono venuti in mente perché il francofono Davide mi ha segnalato questi della Blogotheque che, perlomeno nella tecnica di presa e nella grafica, mi sembrano molto simili: magari i Pronti al Peggio hanno preso spunto, o magari no. Ma se l’hanno fatto, hanno fatto bene.
Il concetto del gioco è comunque diverso: questi qui braccano dei cantanti o delle band che sono in tour in giro per la Francia e chiedono loro di suonare un pezzo lì, per strada o dove capita. Poi ne fanno il video e lo mettono qua. Ce ne sono di famosi, come i Rem o Tom Jones e qualcun altro, e ce ne sono di meno famosi che spesso sono quelli che funzionano di più.
Questi sono gli Arcade Fire che suonano in un ascensore, con tanto di violini, addetto allo stracciamento di una rivista e alle percussioni sui muri metallici del “palco”.