Sempre sul papa alla Sapienza, Carlo segnala questo ben argomentato post di bioetiche, che però – mi permetto di dire – non centra esattamente la porta, ma al quale professo gratititudine, come a ciascuna operazione che tenti di ristabilire il buon senso smarrito.
Fra Ratzinger e la moglie dell‘ala destra più sopravvalutata degli ultimi vent’anni, c’è una differenza non trascurabile, come ho avuto modo di scrivere nei commenti al post suddetto: il Papa ha a che fare con l’ambiente accademico, Victoria Beckham, no.
Bisogna essere in malafede o sciocchi per dire che Ratzinger sia stato censurato (che gli sia stata negata la libertà di parola, poi, lo esclude la questura), come dimostrano le cifre di Pannella; ma questa non è una ragione per avallare la protesta, semmai anzi, per criticare il destro offerto al destro Josiph Ratzinger, la cui ‘soffertissima rinuncia’ era già stata facilmente preventivata in rete.
Di più, Giuseppe Regalzi sfiora, senza mai sedercisi a piene chiappe, un ragionamento ancor più pericoloso: spingendoci solo un passo più in là arriveremmo ad asserire che la cultura sia declinabile in base alle ideologie, un argomento molto urticante. Pensiamo veramente che bisogni far parlare solo coloro che sono d’accordo con noi, o – per grazia nostra – coloro il cui pensiero riteniamo ‘accettabile’? Davvero riteniamo che l’opportunità di un invito si valuti in base alla comunione socio-culturale col supposto oratore? Anzi, a latere, in molte occasioni io trovo reazionario il concetto stesso di ‘inopportunità’, basti pensare da chi e come viene usato.
Per rimanere agli esempi che ho fatto, questo vorrebbe dire non ospitare Chomsky, uno dei più grandi linguisti viventi, perché il suo corredo di pensieri risulta insano e diseducativo, oppure per cambiare completamente fronte politico, non avremmo voluto ospitare – com’è difatti non è successo – Pound, per alcuni il giù grande poeta del ‘900, perché dichiaratamente fascista. O, con il gusto del paradosso, se una macchina del tempo ci catapultasse Dante Alighieri nel nostro millennio non lo faremmo parlare, perché valuteremmo inopportuno dare la parola a un tale retrivo?
E invece no, noi non siamo fascisti (fino a prova contraria), e non misuriamo lo spessore cultrale di un personaggio in base alla tessera di partito. Non solo, e basterebbe, perché questa è la grande differenza fra noi e loro, ma anche perché spesso le vaccate finiscono per ridicolarizzarsi da sole.
Ratzinger, poi, non avrebbe ‘aperto l’anno accademico’ come in molti hanno erroneamente scritto, ma avrebbe tenuto un discorso, una lectio, come successo in mille altre occasioni, a mille altri individui.
E all’obiezione, che fu anche mia, secondo la quale immediatamente dopo la cerimonia sarebbero tutti andati nella cappella dell’ateneo a pregare, non si può rispondere altro che «quelli sono fatti loro».
Se siamo veramente laici, dove va il papa non ci riguarda.
P.s. E se invece del Papa a fare un discorso del tutto inoffensivo (mica è scemo!), fosse venuto Charles Darwin a sostenere che l’uomo è a uno stadio evolutivo più avanzato della donna, cosa avrebbero detto i 67 fisici contestatori che – giustamente – fanno del darwinismo un terreno di battaglia contro la riscossa clericale?