Al contrario di quello che leggo da Christian Rocca e Luca Sofri, a me il discorso di McCain era sembrato efficace. L’ho soltanto ascoltato, perché stavo aggeggiando sul PC, e quindi non ho visto le smorfie e le risatine di cui parlano i due – ed effettivamente riguardando gli spezzoni su youtube l’impressione peggiora. Però, retorica a parte, mi sembrava anche solido, come discorso. Viceversa il discorso pronunciato da Obama negli stessi momenti, a nomination ufficiosamente raggiunta non mi era piaciuto: davvero mi aspettavo qualcosa di più. Mancava di quel passo immaginifico che oramai siamo abituati ad aspettarci da Obama. Oggi, invece, ho visto il discorso che ha tenuto all’AIPAC (l’American pro-Israel Lobby, quindi una platea più congeniale a McCain) ed è stato un bel discorso, riacquisiva quella portata intellettuale e anche quell’ispirato rigore solitamente comunicato dal senatore negro. Per nulla veltroniano – ho contato un solo “but” a inizio frase – e molto fermo nei propri commitments.
Mi sono convinto allora di una cosa, e cioè che Obama se la cavi molto meglio nelle condizioni di debolezza, quando ci si aspetta una risposta da lui, come era stato per il bellissimo discorso sulla perfettibilità dell’America (quello che è sciocco chiamare “sulla razza”). Non è uno che sa vincere le vittorie, lui sa vincere le sconfitte. O per meglio dire ribaltarle. D’altronde anche il famoso Yes we can, quello che oltre alla canzoncina con Scarlett Johanson, diceva un sacco di belle cose era arrivato dopo una sconfitta (in New Hampshire), anche se nessuno se lo ricorda più. E cos’è che continuiamo a dire dall’inizio? Che era il candidato sconfitto in partenza.
Il discorso farebbe venire l’urticaria a una larga maggioranza dell’emiciclo italiano per il suo sbilanciamento a favore d’Israele. D’altra parte vien da pensare a quanto sia azzeccata quella scioccheria scritta da Haaretz (l’avevo già segnalato), che un Obama servirebbe così tanto a Israele. Il video è questo, vale la pena buttarci un occhio e due orecchie:
Il titolo, Tikkun Olam, è un espressione ebraica citata da Obama – letteralmente “mettera a posto il mondo” – che dà un nome alla necessità di una pressione etica in ognuno perché il mondo sia reso migliore. È bello, io l’ho imparato oggi.