Il funerale

Qual è la cosa più eclatante che possa succedere mentre lavori in un campo profughi? Probabilmente che muoia qualcuno, a pochi metri da dove stai lavorando. Questa, penso, sarebbe stata la risposta che avrei dato se me l’avessero chiesto prima di partire. Invece poi succede e ti rendi conto che non è propriamente così: che il giorno dopo si va avanti, e quello dopo ancora, ed è tutto quasi come se non fosse successo nulla.

Una donna di una certa età è morta per un infarto, nel campo. Non voglio aggiungere altri particolari su di lei o sulla sua morte, perché questo non è un post lacrimevole. L’unica cosa che voglio dire è che, in questa situazione, le grandi organizzazioni non ci hanno assistito, e soltanto grazie alle donazioni di singoli volontarî siamo riusciti ad affittare un pullman per fare sì che chi voleva partecipare al funerale potesse farlo.

Poi il pullman non era sufficiente, e abbiamo supplito con una carovana di automobili, fra cui la mia, quindi mi sono ritrovato a fare da autista a questo funerale, per certi versi strano, per certi versi normalissimo, nel cimitero di Ioannina. Il giorno prima del funerale c’era stata una manifestazione di alcuni profughi perché, nonostante le promesse, la municipalità non aveva garantito la sepoltura secondo gli standard mussulmani. Era più impreparazione che dolo, così ho scoperto, perché questo era il primo caso di un mussulmano che veniva sepolto a Ioannina. Mi è sembrato strano che non ci fosse un cimitero islamico, o un settore per mussulmani nell’ottava città della Grecia, eppure uno non ci pensa, ma una prima persona ci deve essere sempre, e questa lo era.

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Ovviamente la foto non l’ho fatta io, ma alcuni profughi che l’hanno poi messa sui social network

La morte è tutta uguale. Anche a un funerale mussulmano, allestito alla bell’e meglio, da un gruppo di profughi e volontarî in Grecia, all’interno di un cimitero ortodosso che non aveva mai ospitato un mussulmano. La gente è triste, qualcuno piange. Ognuno cerca il proprio modo per metabolizzare, o per esprimere vicinanza. Qualcuno vuole farsi notare. Poi il rito finisce, le mani si incrociano, alla ricerca di una catarsi collettiva che non può arrivare completamente, perché la morte fa paura. Poteva essere un funerale in qualsiasi paesino d’Italia.

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