Mahmud ha 73 anni e un aspetto distinto: quando lo incontro scambiamo sempre qualche parola in italiano. Non ne ricorda molte, ma gli fa piacere fare pratica. Tanti anni fa ha studiato turismo a Perugia. Poi, per quasi quarant’anni, ha fatto la guida a Palmira, nel sito archeologico. Il figlio Hassan dice che «per lui quei sassi erano la vita, ci passava più tempo di quello che passava con i suoi figli». Ora è fuggito dalla Siria, nel frattempo lo Stato Islamico ha distrutto quei templi e il senso di vuoto che ha per essersene andato è raddoppiato.
Qualche giorno fa abbiamo organizzato una lezione su Palmira per volontarî, che Mahmud ha tenuto. Con quello che potevamo, fotografie proiettate su uno schermo, ha ripercorso tutti gli itinerarî archeologici che faceva con gli ospiti del sito.
Imparare queste cose era interessante, ma era ancora più interessante vedere la passione di quest’uomo che ha passato così tanto tempo in un luogo – con un brutto cliché linguistico si direbbe che gli ha dato la vita – ed è stato poi costretto a dargli due addii, quando è scappato, e quando l’Isis l’ha distrutto. A un certo punto Mahmud si è quasi commosso, e io per lui.
Quando ha finito la lezione gli abbiamo fatto un grande applauso.
un racconto sconvolgente: non c’è nulla da aggiungere.
Un abbraccio a Mahmud