In Italia non c’è un solo caso di zingaro condannato per “furto dei bambini”. Voi lo saprete già, io l’ho scoperto qualche mese fa. E me ne vergognai abbastanza. Come facevo a essere così disinformato su di un fatto tanto evidente? Ogni volta che mi tornano in mente i due casi di quest’anno, quello di Ponticelli e di Catania, tanto pompati al tempo delle traballanti accuse, quanto trascurati ora che si sono rivelati due falsi, beh, mi assolvo un pochino per la mia precedente (e comune, deduco) ignoranza. Possibile che una notizia come questa non “sfondi”, mai, sui media?
In Occidente i Rom, e gli zingari in generale, sono uno degli ultimi serbatoî al quale si possano attingere rigurgiti razzisti e teoremi spregevoli senza il rischio della censura sociale. Anzi, proprio in virtù di questa unicità, è più facile associare loro un qualsiasi epigono del più bieco dei luoghi comuni: «io non sono razzista, ma… gli zingari».
Però la cosa più aberrante del comune modo di rapportarsi ai Rom – e forse la questione ha tratti comuni al rapporto con l’Islam – è che qualunque approccio è totalizzante: o si accusano in toto (spesso), o si difendono in toto. E se l’intollerante di turno che agita la condizione delle donne all’interno dei campi nomadi non lo fa interessandosi veramente a quelle donne, ma solo per dare una legittimità camuffata ai propri accenti di disprezzo; è terribile (quasi altrettanto) l’atteggiamento contrario: quello che – per il benigno intento di difendere il prossimo dal razzismo – trascura gli orrori, ammantandosi di quel rispetto-per-le-altre-culture che non considera che il rispetto per una cultura, così, è il rispetto per chi ha la forza, in quella cultura.
Nelle mie girovagazioni lavorative e volontarie di questo periodo, ho avuto fugaci rapporti anche con i Rom, e con le loro storie raccapriccianti: Danja, una ragazza bosniaca, che a 13 anni era stata venduta al marito per svariate migliaia di euro; il suo valore era dato dal fatto che fosse bella giovane e – soprattutto – vergine, assente questa condizione il suo prezzo sarebbe stato esattamente la metà. Costretta ad avere rapporti sessuali, assumere droga (per non farlo, poverina, si chiudeva in bagno per ore), andare a rubare, era poi fuggita. Sapendo che l’unica possibilità di sopravvivenza, era quella di vivere per sempre in una struttura: diversamente uno dei duecentocinquanta parenti del marito l’avrebbe riconosciuta e uccisa. Tutto questo succeva, e succede quotidianamente, in Italia. Raccontava di come, quando arrivava la polizia per i ciclici sgomberi, lei – che viveva rinchiusa a chiave dentro una roulotte – cercasse di attirare l’attenzione dei poliziotti, e nessuno la degnava d’uno sguardo amichevole.
Ecco, se vi viene da pensare “vedi? Alla fine si torna lì, che sono questi Rom a essere dei prepotenti, delinquenti e incivili”, pensate che anche Danja è una Rom – non l’ha deciso, ci è nata – e non ha fatto nulla per meritare il vostro disprezzo. Anzi.
Veramente, la ragazzina rom accusata del tentativo di sequestro di un bambino a Ponticelli e’ stata riconosciuta colpevole e condannata.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=321521
Chiaramente e’ solo il primo grado di giudizio, ma intanto una sentenza e’ stata emessa.
sentenze che inchiodano ladri di bambini
Veramente ho trovato questo articolo ben documentato, con tanti casi di arresti di zingari per traffico di bambini”
di Giulio Ferrari. – Gli impudenti assertori dell’assoluta innocenza di tutti gli zingari liquidano come fosse una barzelletta ogni notizia sull’odiosa consuetudine dei furti di bimbi compiuti da alcuni dei loro protetti: nel giro di qualche giorno, però, sono fioccate due sentenze, una a Napoli e l’altra a Lecco, che inequivocabilmente bollano quei nomadi ladri di bambini. Nel capoluogo lariano, venerdì 23 gennaio, due rom sono state condannate anche in seconda istanza a un anno e otto mesi per il loro esuberante affetto nei confronti dei figli altrui: una vicenda all’italiana, con una punizione ridicola per un reato tanto grave. Oltretutto, le imputate non sconteranno un giorno di pena perché hanno pensato bene di tagliare la corda.
PASSEGGINO. Il fattaccio risale al 4 febbraio del 2005: Sinieta Caldararu e Sopirla Copalea, le zingare condannate, si avvicinano a una giovane mamma che porta a spasso la sua bambina nel passeggino. Le rom attaccano la donna in un un punto della strada poco visibile ai passanti. Fanno conto sull’effetto sorpresa e sulla paura che spesso paralizza le vittime. Probabilmente, poco distante, qualcuno le aspetta su un’auto pronta a partire. Una di loro ha già in braccio la piccola, ma la donna reagisce con la forza della disperazione, per difendere la sua creatura diventa una furia: si mette a urlare chiedendo aiuto e colpisce la nomade che aveva preso la bambina riuscendo a strappargliela. Le due tentano di scappare ma vengono intercettate da una volante di passaggio e arrestate.
IRREPERIBILI. L’accusa iniziale è di tentato rapimento ma il processo, per direttissima, risente della demagogia politicamente corretta che impedisce di attribuire agli zingari il furto di bambini. Farisaicamente si arriva al patteggiamento, con la confessione delle imputate, per il meno grave reato di tentata sottrazione di minore, fattispecie che generalmente viene contestata a padri o madri separati. Per questo reato le zingare vengono condannate a 6 mesi e 15 giorni. La procura generale non accetta l’improbabile derubricazione del reato, si arriva a un nuovo processo con condanna. Poi l’appello e l’anno e 8 mesi da scontare, senza benefici di legge, che le nomadi non si faranno: da tempo si sono rese irreperibili.
VIZIETTO. Una sentenza che, comunque, dovrebbe incrinare il muro di omertà eretto intorno ai furti di bimbi operati dagli zingari. Anche perché pochi giorni prima, da Napoli, è giunta la notizia di un’altra condanna per lo stesso “viziettoâ€. Il 15 gennaio si è infatti chiuso con una condanna a 3 anni e 8 mesi per sequestro di persona il primo grado del processo a carico di A.V., quindicenne rom accusata di aver tentato di rapire una neonata lo scorso maggio nel quartiere di Ponticelli. La zingara era stata bloccata dalla madre e dal nonno della piccina: il tribunale, grazie all’esauriente ricostruzione dei fatti eseguita dal pm Valeria Rossetti, l’ha ritenuta colpevole di essersi introdotta nell’abitazione della donna e di aver cercato di rapire una neonata, presumibilmente per usarla come “mezzo di convincimento†allo scopo di ottenere le elemosine dai passanti.
MENDICARE. Sempre in Campania, il 7 gennaio a Pagani in provincia di Salerno, una mamma è riuscita a mettere in fuga un uomo che cercava di rapirle il figlioletto: l’uomo, individuato come uno zingaro dai carabinieri della compagnia di Nocera Inferiore e dai colleghi della stazione di Pagani, era entrato in un appartamento di via Romana cercando di rubare il bimbo che si trovava nel passeggino. Continuando con i casi emblematici, si registra quanto accaduto pochi giorni fa a Cosenza, notizia pubblicata da il Padano.com il 12 gennaio: qui i carabinieri hanno arrestato una zingara rom di 43 anni, Violeta Ciurar, liberando Ramona, una ragazzina di 14 anni, rapita 6 mesi fa in Romania dagli zingari, e portata in Italia a mendicare.
TRATTA DEI PICCINI. Per concludere, vale la pena ricordare un paio di importanti operazioni di polizia. Il quotidiano francese di sinistra Liberation il 19/10/2005 ha pubblicato gli esiti di un’inchiesta sul traffico dei bimbi organizzato dagli zingari: “Sette bébé venduti da nomadi bulgari a coppie adottive sono stati trovati in buona salute ieri mattina nella regione parigina e in provincia dalla polizia, che indaga da più di un anno su questo traffico in ambienti di nomadiâ€. Di ben maggiori proporzioni la tratta di bambini per cui, il 29 maggio 2006, sono stati arrestati a Trieste 41 trafficanti zingari di provenienza bulgara, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù. Centinaia i piccoli sfruttati, tutti tra gli 8 e i 13 anni, ridotti come bestie a mendicare, rubare e prostituirsi. Fatti accertati e incontestabili. Tuttavia, si troverà sempre qualche fesso supponente pronto a trattare da diceria la tragedia dei bambini rubati dagli zingari.
@ lucia:
Naturalmente non sai di cosa parli e copiaincolli come “bene informato” un articolo fatto di insinuazioni e tagliaeincolla di fatti.
Di solito non rispondo ai commenti ai post scritti diverso tempo fa, ma per questo caso faccio un’eccazione:
Su Lecco quello che è successo lo puoi leggere qui:
http://www.kelebekler.com/occ/lecco01.htm
subito è emerso che le ignare rumene, che non sapevano praticamente parlare in italiano, hanno patteggiato la pena dietro suggerimento dell’avvocato d’ufficio, Flavio Natali, che spiegherà poi in modo disarmante i fatti:
“Mi sono visto la situazione. Da una parte io – l’avvocato Natali – e due zingare. Dall’altra il mondo intero. Ho optato allora per il patteggiamento, sapendo che comunque non sarebbero rimaste in galera visto che erano incensurate. E così non c’è stato un accertamento dei fatti”.
Il caso di Ponticelli è ancora più emblematico, perché si è scoperto poi che la Rom non era una Rom, oltre che l’accusa non stava in piedi:
http://www.everyonegroup.com/it/2008/EveryOne/MainPage/Entries/2008/5/18_Follia_antizigana_in_Italia._EveryOne_sul_rapimento_di_Napoli.html