Sciopero – Diario dalla Palestina 178
Ieri in Palestina c’era lo sciopero per protestare contro la demolizione di alcune case da parte del governo israeliano. Ovviamente ci si domanda in che modo uno sciopero dei palestinesi, indetto da Abu Mazen, possa danneggiare gli israeliani, anzi. Inutile dire che israeliani che lavorano in Palestina non ce ne sono (è anche vietato andarci), mentre di palestinesi che hanno il permesso di lavoro in Israele ce ne sono tanti. Prima della seconda intifada erano quasi la metà.
Per fortuna il buon senso ha suggerito di dichiarare lo sciopero per sabato, cosicché tutti coloro che lavorano in Israele non avrebbero dovuto decidere se rischiare il posto, o ritorsioni. Il sabato, infatti, in Israele è festivo.
A Betlemme tutto è chiusissimo, e anche a Gerusalemme Est. Solo alcuni negozî, nel pomeriggio, lasciavano una porticina aperta come a dire: noi siamo chiusi, però il proprietario è venuto qui a prendere la pasta che s’era dimenticato per casa, se voi, nel frattempo e incidentalmente, volete entrare e comprare qualcosa… beh, non possiamo dirvi mica di no. Io ho comprato una Coca Cola.
Ovviamente valeva solo per alcuni alimentari, perché tutto il resto era strachiuso. Un’agente immobiliare, che so poco politicizzata, alla domanda: «ma scioperate anche voi?». «Beh, dobbiamo».
Che è come dire: se non scioperiamo, ci sfasciano il negozio.
Succede ovunque, ma di solito la caccia ai “krumiri” è all’interno di una classe sociale, non di un intero popolo. Come a dire: «qui non ci possono essere colletti bianchi».