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Corso di Alfabetizzazione Sentimentale Obbligatoria – Prof du Lac – 2° lezione
Ben ritrovati cari studenti,
questa al mio fianco è la Dott.ssa A.Dora, che – come vi avevo annunciato – mi assisterà nello svolgimento del Corso. Dora ci sarà particolarmente utile per la sua specializzazione in Non Esitanza conferitale dall’Ateneo Augustobona.
La settimana scorsa ci eravamo lasciati nel pieno della crasi fra emotività e razionalità. Il quesito che vi avevo assegnato puntava a evidenziare il luogo comune con cui si sono scontrati i più illustri luminari di questa disciplina: quello secondo cui emozione e ragionamento facciano a cazzotti.
Vi avevo domandato, riassumendo, se fosse razionale rinunciare a un incarico decisamente appagante per una fuga d’amore. Non posso citare tutti i compiti ricevuti – in questa sede, nella mia cassetta personale, o all’uscita di altre lezioni – ma ho letto e valutato ciascuno di essi: meritano una menzione gli eccellenti lavori di Saverio (posta) e Ilaria (posta), un segno “+” a Federico, Ally, Primaverina, Gabriele e Angelo.
Ho tuttavia scelto come esempio di risposta esatta, in tutta la sua chiarezza, la seguente:
Nell’ovvia ignoranza del futuro avere fatto ciò che preferivo è la scelta giusta ed è un comportamento razionale se ritengo che la mia vita sarà complessivamente migliore seguendo questa decisione.
Come vedete l’analisi è semplicissima; e la risposta corretta è, come talvolta accade, “dipende”. Daniele sottolinea una cosa molto importante: dato che la razionalità è soltanto un metodo e non un connotato individuale, la domanda non dava elementi sufficienti per una risposta univoca. Per dare una misura a ciò che – proprio per questa mancanza di dati – non fosse legittimo dire, leggo la più classica delle risposte errate:
È ovvio che la razionalità tenda alla Presidenza USA; il cuore, il sentimento, l’amore tendono, al contrario, verso la persona amata.
Non è ovvio. È sbagliato misurare gli altri con il proprio metro: scegliere razionalmente significa operare una scelta partendo dai dati che si hanno, con l’obiettivo di mirare al meglio per sé (lo stesso Daniele aggiungeva un azzeccatissimo caveat: «E con migliore intendo al netto di tutto, quindi non solo da un punto di vista egoistico, perché la vita degli altri influenza anche la tua»). Ciascuno ha il diritto – quasi il dovere – di puntare alla propria felicità, quando questa non renda infelici altri individui. Lascio la parola a Dora:
A.D.: Poniamo il caso in cui io rifiuti la presidenza degli Stati Uniti per fuggire alle isole Kiribati col mio amato. Abbiamo elementi per inferire che l’abbia deciso irrassionalmente? No di certo: altri potrebbero dire «io non lo farei» o, al massimo, assardare ch’io abbia sbagliato per me stessa, ma non c’è alcuna ragione per dire che non abbia analissato a pieno la situazione. Semplicemente, penso che se sono davvero innamorata di una persona, stare al fianco di quella persona è ciò che mi rende più felice rispetto a ogni altra cosa, quindi qualunque rinuncia – anche la Casa Bianca – sarebbe minore confrontata alla privassione del mio amato.
Come potete apprezzare, Dora sta compiendo una scelta squisitamente razionale: valuta gli elementi in campo, e sceglie ciò che – lei crede – la renderà più felice. Tutto ciò perché la logica è soltanto un metodo, non un polo d’attrazione: per questo è necessario – anzi, obbligatorio! – un CASO. A partire dalle inclinazioni di ciascuno è necessario applicare il ragionamento per discernere fra scelte sensate e scelte insensate, scelte giuste e scelte sbagliate – e, ancor più essenziale – scelte aride e scelte innamorate.
Come dice sempre M. Doyen, un mio collega che insegna a Harvard: «what you believe, matters!». Ciò che uno crede e pensa, ciò che uno fa, ha delle dirette conseguenze, e non ci si può appellare alla presunta arbitrarietà dell’amore.
Perché è proprio questo il punto, è tutto il contrario di ciò che si dice: in amore non vale tutto. Anzi, vale pochissimo: non vale niente che sia meno del massimo.
A.D.: Ecco qui, cari studenti: il foglio che ho appoggiato sui vostri banchi contiene la domanda che il Professor du Lac vi ha assegnato questa settimana. L’invito è quello di motivare la propria risposta:
Potreste innamorarvi di un assassino?
Come la scorsa volta potete presentare le vostre risposte in questa sede oppure nella cassetta della posta di du Lac, che le analisserà nella tersa lessione. Con ciò vi saluto.
Arrivederci alla prossima settimana.
Si, certo. Oppure no, ma dipende. Dipende dal tipo di assassinio commesso principale.. Se ha ammazzato un’altra persona in un impeto di rabbia causato dal fatto che questa persona a sua volta aveva ucciso un suo familiare\caro amico\compagno di una vita allora sì. Se l’ha uccisa per una partita di calcio allora no. Poi ci sono quelli che si innamorano di un assassino perché il cattivo tira sempre. E che dire di quelli che uccidono i cattivi? di loro ci si può innamorare? Ma queste sono tutte situazioni ipotetiche.
Io, per me, penso di sì. Ma se poi mi ci metto insieme avrei paura ogni volta che si alza troppo il livello emozionale del rapporto.
*principalmente, non principale. chiedo perdono!
no, non dipende dal delitto commesso. Un assassina la potrei amare, come chiunque potrebbe farlo. Come dice una di quelle frasi che si usano in giro, l’amore non guarda in faccia a nessuno. Perchè non potrei amare un assassina? Non trovo nessun ostacolo.
Riprendo domani
Dipende da cosa s’intende per “assassino”.
Nell’accezione più comune, dipenderebbe da chi/cosa ha ucciso, ma, a priori ed in generale, credo che non ci si debba precludere nulla di ciò che non si conosce, quindi direi di si. Potrei.
Anche se non fosse un’assassina (come ho inteso la tua domanda), ma un assassino, per quanto ancora meno probabile, fedele al principio, oggi, risponderei di si.
“Come dice sempre M. Doyen, un mio collega che insegna a Harvard”.
Cazzate. Come dice Lorenzo Cherubini (sempre di Harvard):
Si, potrei innamorarmi di un assassina, o meglio, amarla. Mi spiego meglio: dovrebbe essere un colpo di fulmine, un’attrazione incontrollabile, che mi spinge verso di lei senza lasciare spazio al periodo di innamoramento, processo troppo razionale perchè io possa sperimentarlo nei confronti di un’assassina.
Credo infatti che l’innamoramento avvenga in un periodo prolungato di tempo e si intensifichi nel riscontrare determinate caratteristiche nell’altro (ci si può innamorare anche semplicemente di uno sguardo o di un’espressione, e scoprire successivamente tante altre cose), mentre l’amore è qualcosa che coinvolge la coppia nella sua interezza, un sentimento inspiegabile e irrazionale, che può sbocciare nell’istante o maturare lentamente, e che lega la coppia indissolubilmente (finchè dura l’amore, naturalmente), a prescindere da qualità o difetti. Si Ama (con la A maiuscola) una persona nella sua interezza, si è invece innamorati di determinate sue caratteristiche.
Naturalmente imho
Io ribalterei il questito.
Un’assassino potrebbe mai innamorarsi di me?
http://www.youtube.com/watch?v=hnHqGd-z7RU