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Avendo parlato così tanto della questione israelopalestinese so di essere in qualche modo condannato a commentare ogni evento di qualche rilievo che accade in quelle zone, anche il più deprimente. Non è una cosa che mi pesa, perché – si capisce – è un tema a cui tengo. La cosa che pesa, invece, è avere un’opinione più deprimente di quella che hanno gli altri. Avevo iniziato questo post ieri, poi ne avevo un po’ abbastanza del mio stesso pessimismo, e perciò avevo cancellato il post. Poi un paio di lettori, Luca e Marta, mi hanno chiesto cosa ne pensassi. E vabbè, riprendo dalle trash il post che cominciava così:
Inevitabilmente ci si appassiona, e si compatiscono, le vicende umane. Ma la liberazione di Shalit non è certo un “segno di pace” come leggo in giro. L’esercito israeliano ha fatto del “non lasciamo indietro nessuno” il proprio segno distintivo. Ne va della loro coesione, della motivazione dei soldati di Tzahal. Questa è la principale ragione della disposizione a pagare il prezzo di uno a mille.
Però, al di là della personale vicenda di Shalit, non vedo proprio come la pace – in alcun modo – possa guadagnarne.
– Ne guadagna il governo più a destra della storia israeliana, il governo Netanyahu, che per quanto diviso sulla questione, può aggiungere un elemento in più alla propria vocazione populista.
– Ne guadagna in opinione pubblica anche Hamas, un’organizzazione fondamentalista islamica che gestisce Gaza in maniera dittatoriale.
– Ne perde Fatah, un’organizzazione politica certamente non immacolata, ma unico attore della regione (fa eccezione il ritiro da Gaza di Sharon) ad aver fatto serî passi verso la pace nell’ultimo decennio.
– Ne guadagna la possibilità che ci siano altri rapimenti di israeliani, visto il successo che ha avuto questa operazione dal punto di vista militare (ed è questo che interessa alle milizie).
– Ne perde la condizione umana delle persone a Gaza, visto che delle due richieste fatte inizialmente agli israeliani per la liberazione di Shalit – il rilascio di prigionieri e la fine del blocco navale – è stata ottenuta quella politica e non quella umanitaria.
– Ne guadagna la possibilità che ci siano altri attentati, data la liberazione di moltissime persone condannate per atti di terrorismo, in molti casi ben propense a commetterne degli altri.
Non vedo, davvero, come questo possa costituire un passo verso la pace. Se mi dite che sbaglio mi fate un favore.
In realtà sono d’accordo con te. Tuttavia sai quanto sia noioso darsi ragione a vicenda, quindi mi cimento nel contraddirti.
Non consideri la vita di quel ragazzo. E’ pur sempre una vita ed è reale ed attuale. Lui è libero, hic et nunc (ho controllato su google… ormai ho la fobia del latino). Mentre il resto dei ragionamenti riguardante altre vite umane sono futuri ed eventuali. Certo, lo scambio di prigionieri si fa in guerra, ma forse potrebbe esserci di più. L’Egitto si è arrogato il ruolo di mediatore, cercando forse di ripristinare la propria posizione di spicco nel Medioriente. L’essere riuscito dove molti hanno fallito lo rende un passo più vicino a ritornare quello che era anni fa. E non è necessariamente male. E’ uno stato che storicamente cerca alleanze con Israele e che ha tutto da guadagnarci da un clima stabile. Forse le elezioni politiche del Cairo riusciranno a farci capire se la situazione Israelo-Palestinese si arricchirà di un altro, importante alleato della pace.
Ti senti un pochino meglio, ora?
Concordo con l’analisi, e – a quanto ho sentito stamattina alla radio – anche Caracciolo.
@ rosalux:
con la mia?? Mica con quella di Giovanni! Ha chiesto di essere smentito. Ha chiesto un favore. Su su, conferma che sei d’accordo con me!
Su Al Jazeera si può trovare un’analisi, che personalmente mi ha convinto, sul perché lo scambio invece sia una buona notizia. Semplificando brutalmente, Hamas e Israele hanno dovuto entrambi scendere a compromessi per arrivare allo scambio di prigionieri, e questo è positivo.
http://english.aljazeera.net/indepth/opinion/2011/10/2011101981330670355.html
Poi sono scettico su alcuni dei tuoi punti, e in particolare sul terzo. Non credo che la questione Shalit possa essere considerata “un successo militare” né la possibilità di catturare soldati israeliani sia aumentata, per due ragioni: la disparità di forza è enorme, e sul piano strettamente militare nel 2009 a Gaza si è visto benissimo.
Secondo, la strategia palestinese di rapire soldati israeliani è vecchissima, e il caso di Shalit è particolare, perché è stato catturato in azione e non con stratagemmi vari (vedi il rapimento di Nachshon Wachsman, che stava facendo autostop, nel lontano 1994). L’esercito israeliano lo sa da molto tempo e ha sicuramente in atto chissà quante contromisure.
Io penso si tratti di una buona notizia.
Lo scambio di prigionieri non è certo un trattato di pace e neppure un armistizio, ma è sicuramente un fatto positivo, un piccolo mattone nella costruzione della pace.
Giovanni se non sei convinto prova semplicemente a immaginarti uno scenario possibile con eventuali brutte alternative.
Prova a immaginare l’atmosfera dopo la diffusione di un filmato con il soldato Shalit decapitato …
Non ho dubbi che sia stato meglio che sia andata così
e non solo per Shalit
Se credi che Fatah sia l’ unico attore della regione (fa eccezione il ritiro da Gaza di Sharon) ad aver fatto serî passi verso la pace nell’ultimo decennio è per lo meno ridicolo. In verità ha sempre rifiutato di concludere e spesso anche solo di trattare. Citare Al Jazzere in inglese, poi, dà la misura della tua incompetenza sull’argomento.
@ Stefano:
Hem… sono quasi sicuro che si tratti di due Giovanni distinti, il tenutario del blog e quello del commento. Se, come mi sembra, sei caduto in confusione, forse dovresti riferire più esplicitamente a quale ti rivolgi.
@ Stefano:
Credo che ci sia stato un fraintendimento: l’autore del commento numero 4 non è Giovanni-l’autore del post, ma Giovanni-il commentatore di passaggio (facciamo che allora mi chiamo Giovanni Z.).
Al Jazeera in inglese poi è un buon sito, secondo me, e quanto al giudizio di incompetenza preferirei mi fosse risposto nel merito di quanto ho detto io o di quanto è scritto nell’articolo che ho linkato.
@ Stefano:
Comunque mi interessa sempre capire le diverse posizioni sul medioriente. Potresti argomentare perché ritieni sia ridicolo ritenere Fatah come l’unico attore ad aver compiuto seri passi verso la pace?
Giovanni Z. scrive::
Pivello! In arabo ha tutta un’altra magia!!
eppure gli israeliani dicono che i trattati di pace li hanno sempre fatti quelli di destra; è pure vero che la destra di Netanyahu è molto più fragile e populista.
però, pur non potendo parlare di occasione per la pace, la liberazione di Shalit è sempre un buon segno: cinque anni nelle mani di hamas ed è ancora vivo (!)
angia scrive::
Non ci sono più i terroristi di una volta!
Guarda, l’unica cosa positiva è che per un giorno, israeliani e palestinesi erano felici, quasi per lo stesso motivo. Circa 400 famiglie ieri hanno festeggiato, a Ramallah era un caos di bandiere, e ci sono stati fuochi d’artificio tutto il giorno. E’ stato bello, per una volta. (ah, sono a Beit Sahur, per un mesetto, quindi parlo di cose ch eho visto davvero 😉
Macchè, una volta in vita che son d’accordo con Giovanni….
E’ una pessima notizia perché trattare con i terroristi non è semplicemente immorale, è stupido: produce solo ulteriore terrorismo, cosa che gli israeliani parevano aver capito sin dai dirottamenti aerei degli anni ’70.
Per me l’unico metodo valido, in questi casi, è il Baader-Meinhof, aka ‘suicidio assistito’.
@ Shylock:
Forse hai ragione. Generalmente direi che, in maniera probabilmente meno estrema, sarei d’accordo con te sull’impossibilità di trattare con i terroristi. Eppure voglio essere positivo e ricordarmi di un articolo provocatorio che lessi qualche anno fa dove considerava quanto l’essere considerati qualcosa ci spinga ad esserlo. Proviamo a trattare Hamas in modo diverso, proviamo a dare un minimo di fiducia sperando che questa venga, almeno in parte, ripagata. Altrimenti, temo non ci sia soluzione.
@ Valerio:
L’approccio di cui parli non è affatto detto che funzioni (anzi, la storia del terrorismo direi che lo contraddice), il mio invece ha funzionato benissimo: per dire, in Italia le BR hanno sparacchiato fino all’altro ieri (e ancora c’è qualche cazzone che bazzica l’area), in Germania la RAF non se la filano più neanche alla fiera del vintage. Ci sarà un motivo.
Valerio scrive::
…signora mia
🙂
Valerio scrive::
se un’organizzazione terroristica la si lascia in un territorio chiuso come Gaza a governare per forza di cose ci avrai a che fare, sia che parliamo delle associazioni umanitarie che lì operano, sia che si tratti di un governo che deve adoperarsi per la liberazione di un prigioniero.
la mia osservazione sul fatto che Shalit sia stato mantenuto in vita (ovviamente per ottenere qualcosa) è comunque qualcosa che fa pensare.
se Shalit fosse caduto nelle mani di quelli di al qaeda sarebbe stato sgozzato all’istante.
ora non voglio dire che quelli di hamas siano degli angioletti, ma con loro bisogna in qualche modo trattare, non vedo molte alternative, in fondo si trattava anche con Arafat, il quale aveva un passato da terrorista, no?
se poi alla lunga questa strategia darà dei buoni frutti oppure no chi lo sa, però bisogna tentare.
il metodo della forza non mi pare abbia finora funzionato granché.
@ Giovanni Z.:
Ops, è vero. Allora dividetevi la critica per la parte che compete a ognuno.
@Valerio:
Ti basti tener conto della richiesta di rientro dei profughi del 48-49 confrontandola col rifiuto di ammettere un solo ebreo sul territorio del futuro stato palestinese. Israele ha delle richieste spesso eccessive, ma finalizzate alla sua protezione militare. Fatah ha delle richieste che annullerebbero la stessa ragion d’essere di Israele. Per di più considera che tutti i territori occupati da Israele sono stati conquistati vincendo 5 guerre e 2 intifade. Come esempio considera che il Sudtirolo è in Italia e l’Istria in Croazia.
L’unica analisi seria mi pare quella che individua il successo di questa trattativa nello spiraglio che si è aperto a causa della azione decisa dei Fratelli Musulmani egiziani – a seguito della caduta di Mubarak -di riprendere il controllo della striscia di Gaza sottraendolo ad Hezbollah e all’Iran. Netanyahu ha capito che non avrebbe avuto un’altra opportunità ..
Stefano scrive::
Stai parlando del pre2001 (di Arafat, su cui sarei d’accordo con te) o vuoi dire che i Palestine Papers, per i quali tutta la leadership di Fatah ha subito un contraccolpo d’immagine gigantesco, sono dei falsi?
@ Giovanni Fontana:
Sì, penso che siano un trucco per mettere in cattiva luce Israele e la componente più possibilista della leadrship palestinese. Le proposte contenute non avevano nessuna possibilità di essere accettate nè da buona parte della dirigenza di Fatah nè tanto meno da un popolo allevato fin dalle elementari (e a spese nostre) all’odio contro gli ebrei. Peraltro non si capisce perchè tali offerte non siano state pubblicizzate quando furono fatte, a differenza di come è avvenuto in tutte le altre occasioni, visto che avrebbero potuto mettere Israele nelle condizioni di non poter non accettarle di fronte all’opinione pubblica internazionale, nè perchè successivamente non siano state reiterate, vista la presunta disponibilità palestinese in tal senso. In realtà questa disponibilità è inesistente.
@ Stefano:
Questo dimostra il tuo doppio standard, perché da una parte fai domande la cui risposta è contenuta nelle tue critiche precedenti:
Stefano scrive::
Stefano scrive::
E in più usi argomenti che considereresti gaglioffi e inaccettabili da filopalestinesi su Camp David/Taba. Chi ti dice che Barak sarebbe andato avanti su quelle proposte?
Edward Said, ad esempio, dice che era un bluff.
Stefano scrive::
Vuoi davvero fare l’Edward Said d’Israele?
@ Giovanni Fontana:
Ma infatti: non sono state rese pubbliche proprio perchè non avevano nessuna possibilità di essere accettate nè da buona parte della dirigenza di Fatah nè tanto meno da un popolo allevato fin dalle elementari (e a spese nostre) all’odio contro gli ebrei, quindi questa disponibilità è inesistente.
A dimostrazione di ciò guarda cos’è successo a Gaza dopo il ritiro d’Israele, e cosa ne hanno fatto i palestinesi della libertà .
Non è stato Barak a stoppare il processo di pace, è stato Arafat.
Cosa c’entri in tutto questo Edward Said non l’ho capito.
PS non mi risulta che nei sussidiari israeliani ci sia scritto che i palestinesi fanno il marquq col sangue dei bambini ebrei.
Stefano scrive::
Te l’ho spiegato. Non hai letto?
Il tuo argomento è:
A) A Camp David, Barak ha fatto delle proposte notevoli, che scontentavano l’opinione pubblica (vedi successive elezioni).
B) Arafat ha rifiutato.
C) Edward Said (e molti filopalestinesi ciechi) sostiene che, comunque, quelle proposte non avevano nessuna possibilità di essere accettate dagli israeliani e che erano solo un bluff.
A) Nei Palestine Papers, Fatah ha fatto delle proposte notevoli, che scontentavano l’opinione pubblica (vedi successive polemiche).
B) Israele ha rifiutato.
C) Stefano (e molti filoisraeliani ciechi) sostiene che, comunque, quelle proposte non avevano nessuna possibilità di essere accettate dai palestinesi e che erano solo un bluff.
Sono i soliti discorsi circolari che si autoavverano. L’opinione pubblica del mio nemico non è pronta, quindi certamente le sue proposte di pace sono fasulle. Perciò io le posso ignorare.
E tu non pensi che la successiva sconfitta di Barak sia stata causata proprio dal rifiuto palestinese dell’accordo? E non pensi che altrimenti Barak, invece della figura del fesso, avrebbe fatto la figura dell’uomo che aveva portato la pace in medioriente? E non ti sei accorto che il successore di Barak, Sharon, ha fatto ancora di più in direzione della pace, e l’unico risultato ottenuto sia stato creare una piattaforma missilistica nel cuore di Israele per mano di un’organizzazione che seppur estremista è stata votata dalla maggioranza dei palestinesi (come un certo caporale austriaco)? E che tutti e due abbiano fatto tutto alla luce del sole? Non sai che invece i bluff si fanno a carte coperte? Nelle tue argomentazioni elidi sempre un pezzo di realtà .
Stefano scrive::
Quindi stai appunto dicendo che la società israeliana non era pronta a quelle concessioni, ma che sarebbe dovuta essere trascinata dalla propria leadership.
Esattamente come nel caso palestinese!
C’è qualcosa che ti possa far cambiare idea?
No. Sto dicendo che se i palestinesi avessero accettato, Barak sarebbe stato considerato il salvatore della patria, ma avendo rifiutato è stato considerato un fesso che aveva sbracato per nulla. Se continuavi a leggermi per altre 3 righe avresti visto che l’avevo già scritto.