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La distinzione fra destra e sinistra ha, tutt’ora, un senso. È vero che alcuni hanno la tendenza a considerare «di sinistra» ciò che apprezzano, e squalificare come «di destra» ciò che non condividono; è altrettanto vero, però, che la tassonomia su cui questa distinzione si appoggia – progressisti e conservatori – ha significato e lo avrà sempre. Esisterà sempre un progressismo e un conservatorismo, e non è un caso che la legittimità di questa distinzione sia contestata solamente da conservatori (veraci o postmoderni che siano), dimostrandone la subalternità ideologica.
Poi si parla di economia e c’è la caciara. Una caciara che è direttamente figlia della Guerra Fredda: l’Unione Sovietica è la sinistra, gli USA sono la destra, quindi il socialismo è la sinistra, il liberalismo è la destra. Altri rispondono cercando di ribaltare questo assunto, «il liberismo è di sinistra»: sono sciocchezze. Socialismo e liberalismo sono le due grandi ideologie progressiste degli ultimi due secoli, e infatti si combinano, in forme diverse, in ogni democrazia occidentale: dagli Stati Uniti, più liberali, alla Svezia, più socialista. È sbagliato dire che uno dei due sia di sinistra a scapito dell’altro: ogni simile argomento ha il proprio contraltare.
La verità è che per ogni esempio di liberalismo “di destra” c’è un esempio di socialismo “di destra”, e viceversa. Il liberalismo economico senza quello civile o politico è chiaramente una politica conservatrice, come lo sono le politiche di stampo socialista di tutti i partiti di estrema destra del mondo. Non si può pensare che l’unica idea pienamente di sinistra sia, alternativamente, il marxismo più puro o l’anarco-capitalismo, ma è precisamente questo il discutibile sottinteso di chi sostiene che il liberalismo o il socialismo siano tout court “di destra”.
Quelli che chiedono al governo Monti di fare politiche “di sinistra” dovrebbero avere il coraggio di dire “socialiste”. Che, comunque, non è una parolaccia.
Già destra e sinistra sono concetti abbastanza indefiniti (c’è una bibliografia sterminata e chi sostiene una cosa e chi un’altra), così come “progressismo†e “conservatorismo†(progressismo rispetto a cosa? O conservatorismo rispetto a cosa? Magari a una riforma progressista già fatta? In quest’ultimo caso si può davvero parlare di conservatorismo?).
A questo aggiungiamoci che in Italia facciamo un gran casino riguardo a “liberismo†e “liberalismoâ€. Tu stesso nel post parli indifferentemente di liberismo e liberalismo, ma in lingua italiana son due cose diverse. Perché il primo presuppone una teoria solamente economica di laissez-fare e mano invisibile, il secondo va oltre l’economia. La Svezia è liberale, ma non liberista. Il Cile di Pinochet aveva qualcosa di liberista, ma non era certo un modello di liberalismo.
nonunacosaseria scrive::
Sì, “liberismo” è una parola fasulla, inesistente e clericale. Inventata da Spaventa e diffusa da Croce per decidere che il liberalismo va bene, ma i soldi – siam cristianicattolici – sono roba sporca, non la vogliamo.
Non a caso non esiste in alcuna altra lingua al mondo.
I liberismo è, semplicemente, la parte economica del liberalismo, e ad essa inscindibilmente legata.
Perfettamente d’accordo.
Io non credo che la distinzione fra destra e sinistra si basi su quella fra conservatorismo e progressismo. Ad es. non chiamerei la battaglia contro l’abrogazione dell’art. 18 una battaglia di destra, anche se il suo fine dichiarato e’ quello di conservare lo status quo cosi’ com’e’. Secondo me e’ piu’ utile distinguire fra i due concetti sulla base dell’importanza data al ruolo dello stato nell’economia: quindi + stato = sinistra e – stato = destra. Poi all’interno dei due concetti, si puo’ ulteriormente distinguire fra liberale e illiberale e quindi avere una sinistra illiberale (comunismo), una sinistra liberale (socialdemocrazia), una destra liberale e una destra illiberale (fascismo).
lorenzo scrive::
Quindi Forza Nuova è un partito profondamente di sinistra?
Ripeto, è l’oggetto di questo post. Dire che l’economia liberale sia di destra è solamente un’aporia causata dalla Guerra Fredda.
Devo ammettere di non conoscere il programma politico di Forza Nuova, ma se ad es. sostenesse una piu’ ampia redistribuzione della ricchezza verso i ceti piu’ poveri, questa sarebbe sicuramente una cosa di sinistra, sinistra illiberale, ma sinistra.
E ripeto la domanda: la battaglia contro l’abrogazione dell’art. 18 e’ una battaglia di destra? Opporsi alla commodification del lavoro e’ una cosa di destra? Io credo proprio di no.
lorenzo scrive::
Forza Nuova è il partito che vuole più Stato di tutti.
Se il tuo sillogismo è:
Allora Forza Nuova è il partito più di sinistra che c’è.
lorenzo scrive::
Come ho scritto nel post: difendere l’articolo 18 può essere fatto sia da destra che da sinistra (la stessa Forza Nuova, non a caso, ne è uno dei più grandi difensori), così come criticarlo può essere sia di sinistra che di destra.
Pensare che l’unica posizione di sinistra sia difendere l’Art 18, quello sì, non ha senso, ed è ciò che contesto nel post.
A parte il fatto che, come dice giustamente Fontana, il liberismo non esiste, se proprio vogliamo usarlo in un discorso definiamolo. Se per liberismo intendi il sostegno del capitalismo concorenziale (proprietà privata dei mezzi di produzione + libera concorrenza sul mercato) allora il Cile di Pinochet aveva qualche elemento di liberismo, ma non era sempre e solo liberista. Esempio: la censura. Se sono proprietario dei beni di produzione, lo Stato non può impedirmi di investirli come credo, ad esempio nella fondazione di un settimanale anti regime. Se lo fa contravviene ai principi “liberisti”. Gli elementi illiberali del regime di Pinochet (di tutti i regimi) è anche illiberista, e viceversa. Il Liberalismo sostiene che gli individui adulti devono essere lasciati liberi di agire come credono, naturalmente senza creare danno agli altri individui. Questo vale dall’espressione della propria opinione, alla scelta di comprare una certa marca di latte. La libertà di comprare o vendere ciò che si vuole è intrinsecamente liberale. Quando la lega cercò di impedire di vendere kebab (politica illiberista) non so dove, giustamente la si accuso di essere illiberale. @ nonunacosaseria:
Giovanni Fontana scrive::
Ripeto, non ne so abbastanza delle posizioni economiche di Forza Nuova, ma se e’ com dici tu, non mi darebbe assolutamente fastidio metterla nella stessa categoria di certi partiti comunisti.
Ma se allora basi la distinzione destra/sinistra su quella conservatori/progressisti:
1) come definisci conservatorismo e progressismo? 2) e, venendo all’esempio pratico, qual ritieni sia una posizione di sinistra che vuole l’abrogazione dell’art.18?
L’italiano era un po’ cosi’ cosi’ in questo mio ultimo commento.
@ Emanuele Piano:
infatti ho scritto che il cile di pinochet aveva qualcosa di liberista, non che era liberista.
però il caso dimostra che liberismo non equivale a liberalismo (lasciamo perdere le origini teofilosofiche della distinzione).
io, per liberismo, non intendo “il sostegno del capitalismo concorrenziale”, intendo il vero e proprio rifiuto dell’intervento dello stato nell’economia: è di destra o di sinistra?
Intervento dello stato in cosa? Nella vita privata delle persone? no di certo. Nelle questioni religiose? nemmeno. Nelle cose economiche? sì? ed in che modo? a favore di chi? regolando secondo quali principi? (tu faresti decidere a Scilipoti di questioni come la regolamentazione della vendita di qualunque cosa?) Un liberale è convinto che gli individui adulti debbano essere gli unici decisori finali delle proprie azioni (per diverse questioni, morali, legali ed epistemologiche) Lo stato dovrebbe garantire il diritto di proprietà e la concorrenza, che vanno a favore del consumatore, non i monopoli (compresi quelli sindacali). Per il resto, io personalmente sono a favore del reddito minimo (basso, per incentivare la ricerca di una condizione migliore) Sono contrario a che dei personaggi incompetenti amministrino, solo perché fedeli a questo o quel partito, cose di cui non capiscono nulla facendo ricadere le conseguenze della propria incompetenza su tutti i cittadini, soprattutto i più poveri. @ nonunacosaseria:
Io credo che la differenza tra sinistra e destra esista e vada mantenuta, ma forse bisogna concentrare i “giudizi” non sui mezzi ma sugli scopi.
La destra, quella americana, è quella che idealmente ambisce ad una libertà individuale incorrotta ed irriducibile, ragion per cui se anche uno è ricchissimo e gli altri poverissimi, la situazione tendenzialmente va bene come è, perché ognuno per se e Dio per tutti. Ovviamente il discorso è solo tendenziale, perché anche il più fanatico liberista ha bisogno di uno Stato. Stato però che deve semplicemente essere garante della sua libertà e non un soggetto altrimenti “attivo”.
La sinistra propugna invece la solidarietà sociale e l’idea che l’ideale è una società in cui ogni individuo può godere del massimo possibile di beni. Lo Stato interviene quindi attivamente per muovere verso questo obiettivo.
Poi esiste una destra sociale figlia dei totalitarismi che assomiglia molto alla sinistra ideologica altrettanto figlia dei totalitarismi. Fascismo e comunismo sono accomunati dall’idea di Stato padre-padrone che muove le masse verso obiettivi ideologicamente sanciti. Che siano Patria e Impero o Dittatura del Proletariato, a quel punto cambia poco. Si contrappongono alle altre dottrine perché non hanno nessuna considerazione dell’individuo (che invece è il fulcro delle altre due dottrine).
Se per rendere l’Italia un luogo più di sinistra quanto agli scopi (più beni, servizi e ricchezza per tutti) si rende necessario privatizzare un’azienda e inserirla in un contesto positivo di concorrrenza, allora la privatizzazione è di sinistra.
Se si vuole nazionalizzare una banca perché i suoi amministratori l’hanno condotta al fallimento e bisogna salvare le chiappe ai proprietari, allora è di destra.
Quando la sinistra difende ad oltranza lo status quo (chissà , in alcuni casi potrebbe anche aver ragione), è conservatrice. Quando studia nuove strade per ottenere i suoi scopi, è progressista.
La sinistra quindi può essere sia conservatrice che progressista, ma siccome non è esiste una condizione perfetta di godimento totale di tutti i beni da parte di tutti, la sinistra deve essere disposta praticamente semptre, per ottenere margini di miglioramento, ad accettare il cambiamento.
Ho parlato.
Giovanni,
hai ragione solo fino ad un certo punto: l’applicazione piu’ tangibile dell’essere di sinistra in economia e’ la tassazione progressiva.
Quando Monti mette l’IMU impone una tassa che come minimo e’ neutra (e in certi casi regressiva) e fa una cosa non di sinistra, ne’ socialista ne’ liberale.
Fai anche attenzione alla trappola del “conservatorismo”: difendere i diritti acquisiti di alcune persone non e’ in se’ una scelta “conservatrice”, ma “progressista” se difende una conquista di sinistra.
Il problema ad esempio nel mercato del lavoro e’ che difendere i diritti di alcuni danneggia i diritti di altri, e a quel punto tocca chiedersi da che parte sta il progresso, e fare un passo in quella direzione, possibilmente senza lasciarsi indietro dei cadaveri (o degli esodati).
nella discussione destra/sinistra sull’argomento “economia” voglio inserire un mio pensiero (non originale)
secondo me ogni discussione sull’argomento economia in italia è inquinato dalla mancata percezione del fatto che l’economia italiana è dalla A alla Z completamente “di destra”
“di destra” non perchè liberista ma perchè reazionario
l’intera struttura economica italiana è (secondo me) fondata sul corporativismo di stampo fascista
cosa c’è di più fascista delle mediazioni del Ministero del Lavoro nei famigerati “tavoli” con sindacati e confindustria nelle occasioni di rinnovi contrattuali?
ecco perchè argomenti come l’abolizione (o la difesa) dell’ “articolo 18” diventano bandiere sventolate dalle persone più insospettabili…
lorenzo scrive::
In senso propriamente illuminista, l’avere una ben definita idea di “progresso”. Naturalmente progressista non è un sinonimo di “buono”.
Beh, quella che vuole favorire una maggiore occupazione, che vuole tutelare i lavoratori più deboli (le fasce più giovani), quella che crede nella responsabilità individuale. Insomma, la solita storia del difendere il lavoro anziché il posto di lavoro.
“The real division is not between conservatives and revolutionaries but between authoritarians and libertarians.”
― George Orwell
è l’ora di farla finita con il considerare la politica con una visuale di linea retta. va piuttosto considerata come un cerchio, dove la sinistra estrema confina con la destra estrema (infatti le politiche sociali di questi due schieramenti sono molto simili).
Giovanni Fontana scrive::
Scusa se insisto, ma definire il progressismo (e quindi la sinistra) come l’avere un’idea ben definita di progresso mi pare una definizione piuttosto povera di significato politico.
Procellaria mi ha preceduto; sono d’accordo con il suo commento.
Alcuni analisti tendono ad usare il modello ad asse cartesiano, con in ascissa temi economici secondo i poli statalismo/lib.economico, o come lo si vuole chiamare (a volte si usano destra/sinistra), e in ordinata temi sociali secondo i poli autoritario/libertario. Che ne pensi?
Mi sembra un modo migliore per avere un quadro più completo delle posizioni politiche, per esempio, di un partito; i conservatori di Cameron sono forse più statalisti, e sicuramente più libertari, dei repubblicani USA, pur esserndo entrambi partiti conservatori/di dx.
esempi:
http://www.politicalcompass.org/
http://www.votematch.it/
lorenzo scrive::
No, macché, insisti pure, a me piace chi insiste.
Non so se (in realtà , non credo) che sia povera di significato politico, certamente ha un significato filosofico ben definito, e ne è anche l’origine etimologica.
Il progressismo è, appunto, progressista, univoco, universalista, crede in una verità indipendente dal tempo e dallo spazio (quindi dalle culture).
@ Giovanni Fontana:
ma in questo senso anche il Cristianesimo, l’Islam, o la dottrina della superiorità della razza ariana sarebbero “progressiste” in quanto “univoche, universaliste, credenti in una verità indipendente dal tempo e dallo spazio”, no?
personalmente credo che l’utilità dei termini Destra e Sinistra sia limitata, e ritengo più opportuno classificare le cose del mondo in giuste o sbagliate sulla base del rispetto del principio di uguale libertà degli esseri umani
io, per liberismo, non intendo “il sostegno del capitalismo concorrenzialeâ€, intendo il vero e proprio rifiuto dell’intervento dello stato nell’economia: è di destra o di sinistra?
un rifiuto totale dell’intervento dello stato in economia è certamente di destra, oltre che stupido. Ma definito così il liberismo semplicemente non esiste sul piano pratico, dato che in tutti i paesi avanzati lo stato interviene pesantissimamente nella gestione dell’economia, sia sul piano della regolamentazione sia sul piano dell’assorbimento diretto di risorse (mediamente tra il 40 e il 60% del PIL). La verità è che la distinzione tra liberalismo (buono) e liberismo (nobbuono) è un artificio dialettico da assemblea liceale e non a caso piace molto agli ex-sessantottini che guidano la nostra sinistra. siccome non si vuole ammettere che per evolvere verso una società più liberale ( o più libera tout court) bisogna superare certi slogan della vecchia sinistra operaista, ci si inventa il liberismo, presunta degenerazione destrorsa del liberalismo, e lo si usa come foglia di fico per nascondere il rifiuto del cambiamento. Le polemiche sull’articolo 18 o sulla mobilità dei dipendenti pubblici in questo senso sono esemplari
@ enrico:
Sinceramente non capisco da dove si possa trarre la conclusione “liberismo” uguale “liberalismo destrorso”. Franco Debenedetti, fratello di Carlo, ed ex senatore PD, è un liberista ed è anche di sinistra (per dire). Il problema dell’intervento dello Stato nel mercato è che esso pretende di “regolare” certi fattori (prezzi, quantità dei prodotti ecc) nel tentativo di raggiungere un dato obiettivo creando degli effetti secondari che possono essere persino più svantaggiosi della situazione precedente. Per quanto mi riguarda io credo che lo stato debba intervenire “fuori” dal mercato, ad esempio con il sostegno al reddito, e non impedendo i licenziamenti economici o producendo panettoni. La concorrenza è un bene per il consumatore, il monopolio tendenzialmente negativo. Quello fatto in nome del bene pubblico e gestito dallo stato ancora peggio.
@emanuele: se leggi il mio commento, io ho appunto detto che la distinzione tra liberismo e liberalismo è artificiosa e insensata. detto questo, sostenere che lo stato debba intervenire in economia “fuori” dai mercati mi sembra pure poco sensato. I mercati efficienti, salvo eccezioni, non sono un risultato delle leggi di natura, ma di una attenta regolazione da parte del legislatore. Lasciati a se stessi, i mercati in genere tendono a condizioni di monopolio, non di concorrenza, come la storia delle economie occidentali ben dimostra. Non solo, le economie di mercato sono soggette a crisi ricorrenti, che tendono ad essere riassorbite nel tempo ma hanno costi sociali importanti: nei casi di crisi spetta allo stato intervenire per mitigare le conseguenze e sostenere le fasce più deboli della popolazione. Poi certo è possibile (anzi, è addirittura frequente) che lo stato svolga male il suo ruolo di regolatore e di compensatore degli squilibri più acuti: questo però non rende quel ruolo meno necessario
@ enrico:
terrei distinti però il compito di regolamentazione (in uno stato “liberista” comunque il mercato HA delle regole, che lo stato detta e fa rispettare) dall’intervento attivo, che sia la produzione di panettoni o il trasporto pubblico, gestiti dal mercato (privato).
Da liberista credo che lo stato non debba governare l’economia, ma regolamentare il mercato, entro certi limiti…
L’idea che i liberisti in quanto tali vogliano buttare a mare leggi&co. mi pare lunare
(che i mercati “lasciati a se stessi” creino monopoli poi è da dimostrare, spesso è proprio l’intervento pubblico ad accentrare il potere economico in mano a pochi soggetti, che proprio per questo si oppongono a un’apertura liberista dei mercati – gli esempi sn infiniti)
@ enrico: Premesso che i mercati “efficienti” non esistono (i mercati tendono ad accontentare le necessità ed i vizi dei consumatori, sono efficienti solo nel senso in cui le accontentano al meglio). Con fuori dal mercato intendo appunto chi rimane fuori dal mercato (i disoccupati sono “fuori” dal mercao del lavoro, i più poveri non possono prender parte al mercato come consumatori ecc). Per quanto riguarda il monopolio cui tenderebbe il libero mercato, non c’è scritto da nessuna parte che debba essere così. Il monopolio può essere legale (ovvero stabilito dallo stato, che impedisce la concorrenza in un dato settore) o può scaturire ad esempio dal fatto che un’azienda inventi un nuovo prodotto o servizio e che, dunque, sia l’unica a produrlo. Nel primo caso la concorrenza non potrà mai esserci, nel secondo sì (vedi il caso Microsoft, per esempio). Lo stato ha il ruolo di mantenere un certo ordine sociale senza intaccare la libertà (compresa quella economica) dei cittadini. Per cui, con la disoccupazione al 30 per cento, ben venga il sussidio (basso) di disoccupazione. Diverso è il caso dello stato che fa “politica industriale”. Non funziona perché il mercato ha delle proprie regole, e la burocrazia statale non è in grado di conformarvisi. Del mercato lo stato non può nemmeno comprendere a pieno il funzionamento, figurarsi se riesce a “guidarlo”. Garantisca la concorrenza ed una “rete” minima per far in modo che nessuno muoia di fame. Per il resto: i panettoni li facciano i pasticceri.
@emanuele: non è vero che non esistono mercati efficienti (a meno di dare del termine efficiente una interpretazione tanto restrittiva da renderlo privo di significato pratico) ed è scritto da moltissime parti, oltre che dimostrato dall’esperienza storica, che la maggior parte dei mercati in assenza di regolamentazione tende a condizioni di monopolio. l’esempio di microsoft è mal scelto, tanto è vero che microsoft è stata ripetutamente condannata per pratiche anticoncorrenziali in usa e in europa, e i sussidi di disoccupazione c’entrano come i cavoli a merenda. leggiti un po’ di storia economica, se questi temi ti interessano veramente
@ enrico:
A parte il fatto che studio esattamente storia economica (e, senza modestia, con più che proficui risultati). I mercati efficienti non esistono. Efficiente:”Che risponde bene ai fini a cui dovrebbe servire”. Il mercato non ha alcun “fine”. è un processo incredibilmente complesso, spontaneamente generato dall’interazione di individui. Per cui non ha senso parlare di “efficienza” (chi lo decide il fine del mercato? lo Stato?). Sul monopolismo: è una sciocchezza propagandata da Marx prime e Lenin poi. I monopoli a svantaggio del consumatore sono tutti garantiti dallo Stato, studiala tu un po’ di storia economica e guarda come le politicheeconomiche in europa e stati uniti degli anni venti e trenta fossero tese esattamente a garantire il monopolio di grandi aziende più facilmente controllabili dei tanti piccoli, medi e grandi produttori. Ed il caso Microsoft lo conferma: era in posizione di monopolio, ora non lo è più, perché la concorrenza, che si fonda sull’innovazione, ha “aperto” il mercato dei software. E le eccezioni che confermano la regola non esistono. Per cui: o i mercati tendono “naturalmente” al monopolio, oppure no. Altra cosa sono i cartelli (che vanno puniti), i quali però sono una negazione della concorrenza e non una sua conseguenza.
Per il resto. Quando si affronta una discussione, la retorica del “studia un po’ di questo o di quello” è del tutto inutile. O smentisci quello che scrivo, portando dati e prove della tua tesi, oppure meglio non rispondere affatto. Esistono un sacco di libri sulle invasioni aliene della terra, questo non vuol dire che ve ne siano state davvero.
@emanuele: nessuna retorica: tu non sai di cosa parli e conseguentemente parli a vanvera. quindi dai retta, studiala meglio la storia economica, magari partendo proprio dalla storia dei monopoli e delle leggi antimonopolistiche in america, che è molto interessante anche se molto lontana dal rissuntino che pretendi di farne tu. magari leggiti anche qualcuna delle sentenze antitrust contro microsoft; e se proprio ti interessa l’efficienza dei mercati, parti da qualche buon testo introduttivo (c’e’ ancora in giro il Samuelson?, era ottimo): esistono sono molti mercati che corrispondono a criteri di ragionevole efficienza (intesa come trasparenza dei prezzi, apertura a tutti gli operatori e costo delle transazioni), per esempio per alcuni prodotti finanziari, ma per alcune materie prime; in genere sono mercati strettamente regolati e sottoposti a monitoraggio da parte di istituzioni indipendenti, non di rado pubbliche. e naturalmente non tutti i mercati sono uguali, quindi dire che “o tendono naturalmente al monopolio oppure no” è una sciocchezza. Auguri
Dodo scrive::
Beh, no, al contrario: non sono dottrine positiviste, razionaliste. In una parola: anti-illuministe. Il progressismo è un figlio diretto dell’Illuminismo.
Il sogno del ritorno al Califfato, o a un’archè incontaminata (presente in tutti i conservatorismi), è appunto il marchio di qualunque idea reazionaria.
In questo senso è abbastanza evidente che nessuna delle ideologie che citi sia scevra dal dogmatismo (e alcune, Islam e Cristianesimo, lo rivendicano apertamente).
Emanuale dice: ” e guarda come le politiche economiche in europa e stati uniti degli anni venti e trenta fossero tese esattamente a garantire il monopolio di grandi aziende più facilmente controllabili dei tanti piccoli, medi e grandi produttori. ”
negli Stati Uniti, a dire il vero, esiste una ampia serie storica di atti legislativi volti ad eliminare monopoli o a favore della competizione a partire da fine 1800: e.g
http://en.wikipedia.org/wiki/Sherman_Antitrust_Act
http://en.wikipedia.org/wiki/Clayton_Antitrust_Act
http://en.wikipedia.org/wiki/Robinson–Patman_Act
http://en.wikipedia.org/wiki/Celler–Kefauver_Act
con numerose sentenze seminali della SCOTUS…
chiedi alla Standard Oil che fu fatta in 34 pezzetti nel 1911 a seguito della’pplicazione dello sherman act o ad AT&T, che fu pure forzata a essere spezzata e venduta causa la sua posizione di monopolio ad inizio anni 80, per citarne due grossi, se sti atti non sono presi seriamente….
(un po quello che dovrebbe succedere a Berlusconi ed alla Rai se l’Italia non fosse il paese di pulcinella, by the way)
la tua definizione poi di mercato efficiente non squadra con la definizione technica, che si riferisce ad una efficienza di informazione tra gli operatori del mercato. ed almeno nelle sue versioni “deboli” mi pare non ci sia molta discussione che i mercati tendano ad essere efficienti, ed i ritorni individuali non tendano ad essere superiori alla media del mercato (semplificando).
@ Max:
Mi pare di aver scritto anni VENTI e TRENTA del NOVECENTO, per cui non capisco come legislazioni precedenti possano smentire la mia affermazione! Chiariamo un punto: io sono a favore della legislazione anti-monopolio di tipo eiaudiano (ma anche Hayekiano) ovvero affidare monopoli naturali a privati strettamente controllati in modo da non consentire loro di approfittare della posizione dominante. La legislazione Usa a proposito è ottima, anche se ha creato qualche problema imprevisto (ad esempio nel funzionamento delle banche).
Sulla definzione di mercato efficiente non ci troviamo. Efficiente vuol dire una cosa sola. Che raggiunge il fine preposto. Poiché il mercato non è stato inventato da nessuno con nessun fine, mi devi spiegare cosa significa “mercato efficiente”. Il mercato è un insieme complesso di processi differenti, ciascuno tesa a soddisfare i bisogni di individui (o gruppi). Dire che quella che compio comprando il pane è una transizione efficiente non ha senso, dirlo di tutte le azioni di chi compra o vendi qualcosa ne avrebbe? Comunque grazie dei link e dei riferimenti storici. Le discussioni, o si fanno in questo modo, o è meglio risparmiare tempo.
@ Emanuele Piano:
Comunque in italiano ‘efficienza’ non vuol dire quello che scrivi tu e cioè “raggiungere il fine preposto”. Quella è l’ ‘efficacia’. L’efficienza è invece il rapporto fra output prodotto e costi per produrlo e proprio in questo senso si può dire che un mercato è più o meno efficiente (leggo su Wikipedia che in economia esiste un’intera letteratura dedicata all’ipotesi dei mercati efficienti!).
@ Emanuele Piano:
vabbe, prima di quello dici:
“I monopoli a svantaggio del consumatore sono tutti garantiti dallo Stato,” io ti ho risposto dimostrandoti che no, non e’ vero.
le legislazioni che cito sono ancora in atto. lo erano negli anni 20 e 30. lo smembramento di AT&T e’ avvenuto negli anni ’80. dire che negli anni 20-30 il clima politico pre-recessione e l’euforia da anni ruggenti era tale da non portare a federal enforcing degli atti, non annulla la lettera o gli effetti degli atti prima o dopo. da quello che scrivevi pareva che le tendenze monopolistiche di certi mercati fossereo totalmente “unchecked” negli US. qui enforcing della legge e’ discrezionale, non c’e’ obbligatorieta di azione legale. deve essere l’amministrazione federale a applicarle. ogni amministrazione ha le sue priorita etc.
l’efficienza del mercato e’ una forma di “stima” di come l’informazione nel mercato e’ incorporata nei prezzi. se quando compro il pane ho una conoscenza perfetta dei prezzi del mercato e scelgo quello che mi massimizza il mio utile come consumatore, ed ogni altro operatore del mercato procede a simili transazioni, in media non esiste un venditore di pane che vince sugli altri ottenendo piu utile di tutti, perche nel complesso gli acquirenti scelgono il pane a prezzo piu basso e l’informazione circola, e l’outlier con i prezzi piu alti, in concorrenza perfetta, o abbassa i prezzi o esce dal mercato. a parita di altre variabili, cio indica che il mercato e’ efficiente, perche i prezzi riflettono l’allocazione effettiva delle risorse e non altre variabili (mercato non trasparente, assenza di circolazione di prezzi e notizie etc.). se un giorno arriva la notizia della piu grande carestia conosciuta all’uomo e solo un operatore ha tale notizia giorni prima, puo prepararsi a tale evento in anticipo coprando tonnellate di grano a prezzo basso e ottenere un profitto superiore alla media dei suoi competitori nel breve futuro. tale mercato non sarebbe efficiente, perche la notizia non era trasparente ed un operatore ha un vantaggio di informazione che si traduce in prezzo ed utile. etc. in un mercato efficiente …nobody beats the market
quella e ‘ l’accezione in cui, sinteticamente, si deve, credo, inquadrare il concetto di efficienza del mercato.
e.g.
http://www.jstor.org/discover/10.2307/2325486?uid=3739696&uid=2&uid=4&uid=3739256&sid=56310949703
meglio, in un mercato efficiente …nobody beats the market… consistently all the times
Destra o sinistra ormai no se capisce più niente ,lo importante che si faciano delle riforme in favore delle grande maggioranze,.Daniela V.
Daniela V. scrive::
E’ vero, ci sono persone di destra con idee di sinistra e persone di sinistra con idee di destra (vedi il nostro Fontana, checchè ne dica) ma tu, di che paese sei?
Liberalismo e liberismo sono due concetti differenti e possono non convivere nella stessa persona. Un conto sono le libertà civili e politiche, altro sono le libertà economiche.
La battaglia per abrogare l’articolo 18 è una battaglia di destra
@ Antonello Barmina:
ma che te ne fai delle liberta’ politico-civili senza liberta’ economiche? senza le seconde le prime sono destinate a morire o a rimanere vuote di contenuto
@ franco rivera:
infinitamente d’accordo con te!!
@ Antonello Barmina:
@ Antonello Barmina:
C’è una letteratura vasta come l’oceano che prova a spiegare che c’è uno stretto nesso fra libertà civili e politiche e libertà economiche.