Gli yazidi se ne sono andati

Dato l’imprevisto col computer, sono in arretrato di racconti dal campo. La principale cosa successa è effettivamente notevole: un terzo degli abitanti del campo se ne è andato. Chi siano gli yazidi l’avevo già raccontato, questo antico popolo perseguitato dallo Stato islamico. Al tempo stesso avevo raccontato della faida fra arabi e curdi (fra i quali si contano gli yazidi).

Ciò che è successo è che una mattina qualcuno ha trovato in uno dei bagni degli yazidi un graffito che diceva: “noi siamo lo Stato islamico, vi sgozzeremo tutti”. È il tipo di minaccia che gli yazidi prendono molto sul serio. Hanno convocato tutte le organizzazioni non governative del campo, le Nazioni Unite e l’esercito, poi hanno annunciato che non sarebbero rimasti un giorno di più. Dopo un paio d’ore di inconcludenti discussioni, hanno preso le loro cose e sono partiti alla volta del centro del paesino di Katsikas.13495096_10155133165413569_7229374815328349439_nL’UNHCR ha cercato di trovare una soluzione, cosa effettivamente non facile: si parla di 230 persone che da un momento all’altro si ritrovano in mezzo alla strada. Noi volontari li abbiamo assistiti nell’esodo, sia nel raccogliere le proprie cose, sia nel fornire acqua e viveri nel momento in cui si sono ritrovati tutti nel piazzale sulla strada principale che porta a Katsika.

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Sono stati momenti molto emotivi, con saluti, addii, ringraziamenti. Egoisticamente mi dispiaceva molto che andassero via, oramai erano diventati la mia gente. Finalmente è stato trovato un edificio, nel quale poterli portare. A quel punto l’attesa è diventata quella per i pullman che ce li avrebbero portati. Sono passate ore e ore, dalla mattina fino alle nove di sera, quando l’ultimo bus è riuscito a partire. Noi volontari abbiamo aiutato le famiglie a caricare le proprie cose sui pullman, poi alcuni di noi – fra cui me – li abbiamo seguiti con la macchina alla volta del nuovo campo (che è un edificio).

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All’inizio il posto mi è sembrato piccolissimo, inconcepibilmente piccolo per 240 persone, ma le mie aspettative si sono rivelate viziate: quasi tutte le persone con le quali ho parlato si sono dette più contente lì che al campo. Nel tempo, poi, le cose stanno migliorando: abbiamo cominciato a creare attività anche lì, e dovrebbero arrivare altri container. Non si sa per quanto gli yazidi staranno in quell’edificio, ma ci sono buone ragioni per pensare che ci stiano per tutto l’inverno, dato che le Nazioni Unite vogliono togliere tutte le persone dai campi prima che venga il freddo e metterle in edifici. Così proveranno a fare anche per gli altri 600 rimasti a Katsika.

Ah, nella foto precedente vedete che mi sono tagliato i capelli – i pochi che ho – e soprattutto la barba. Un po’ l’ho fatto anche per loro, perché mi dicevano – ovviamente per scherzo – che con quella barba sembravo dell’ISIS! Ovviamente i capelli me li sono fatti tagliare dal barbiere del campo:

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P.s. complice un matrimonio di amici, ho deciso di prendermi un paio di settimane di pausa. Sono mesi che lavoro da lunedì a domenica senza un giorno di interruzione, e un po’ di riposo – soprattutto psicologico – mi ci vuole.

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