Hitch

A Christopher Hitchens è stato diagnosticato un cancro all’esofago.

Hitchens è il più acuto e sagace giornalista che possiate incontrare. È impossibile leggerlo o ascoltarlo senza imparare qualcosa. Le sue opinioni non sono, mai, prodotte da riflessi condizionati, di partigianeria o tic mentale. C’è sempre una vigorosa e competente tensione verso la verità, che tiene i suoi ragionamenti sempre fuor di pregiudizio, come si può dire davvero di poche persone.

Per questo è sempre stato molto difficile identificarne la matrice politica: Hitchens è un progressista, nel senso più pieno del termine. La sua unica ideologia è l’estirpazione delle sofferenze delle persone. E lo è nella maniera più scanzonata e divertente, assieme dotata della arroganza dei fatti, e dell’umiltà del voler cambiare idea di fronte al torto. Se c’è una persona le cui opinioni non voglio smettere di leggere, è questa qui.

Feroce critico di qualunque conservatorismo, annichilisce – con la forza dei proprî argomenti – chiunque sia contrario ai matrimonî gay o ai diritti delle donne sulla scorta di dogmi risalenti all’età della pietra. È perciò un grande oppositore del Vaticano, dove fu convocato come advocatus diaboli nel processo di santificazione per Madre Teresa di Calcutta (rispose più o meno: «gratis?!?»). Per la medesima ragione Hitchens fu uno dei pochissimi a riconoscere i pericoli dell’islamismo senza che questo lo portasse al retrivo accartocciamento su di sé, del considerare occidentali – né tantomeno giudaico-cristiani – le idee di libertà (d’opinione, sessuale, di governo), per le quali qualunque persona che voglia marcare un segno su questa Terra deve combattere.

Nemico di qualunque dittatura al mondo, si fece picchiare da una squadraccia fascista, per l’irrefrenabile impulso di cancellare una svastica su un muro di Beirut – «quando vedo quel simbolo non posso fare a meno di volerlo cancellare», disse. Acceso sostenitore della democrazia e del governo del popolo, è sempre stato un grande critico al vetriolo della politica estera realista, come nel caso della complicità coi varî regimi dittatoriali delle varie amministrazioni americane durante la Guerra Fredda. Ha scritto Processo a Kissinger in cui enuncia le ragioni per cui l’ex segretario di Stato americano – e teorizzatore della dottrina realista della connivenza con le dittature – dovrebbe essere incriminato per crimini di guerra e reati contro l’umanità.

Dopo l’Undici Settembre, quando George W. Bush passò dalla piattaforma realista di isolazionismo con cui era stato eletto, a farsi campione dell’esportazione della democrazia, l’indipendenza di bandiera e l’eclettismo dell’intelligenza impedirono a Hitchens di fare il salto opposto, come invece tanti altri: fu inizialmente a favore della guerra in Iraq, nonostante Cheeney e Rumsfeld. Pur condividendone la pulsione ideale – umanitaria e libertaria – dell’intervento, conservò rilevanti scrupoli su come l’amministrazione Bush la stava portando avanti: sperimentò in prima persona il waterboarding per dimostrare che si trattava di una vera e propria tortura e chiedere che fosse bandito come tecnica d’interrogatorio.

In uno degli articoli più emotivamente densi che abbia mai letto, raccontò la storia di Mark Daily, un ragazzo arruolatosi nell’esercito americano. Si augurava di poter fare qualcosa per il mondo in cui viveva, e la rimozione di uno dei regimi più sanguinarî del ‘900 gli era parsa una delle migliori cause: fu persuaso da alcuni degli articoli a favore dell’intervento scritti dallo stesso Hitchens, e partì come volontario per l’Iraq. Lì morì. Hitchens si mise in contatto con la famiglia del ragazzo, e presenziò al suo funerale. Dall’Iraq aveva scritto questa cosa alla moglie – credo che sia impossibile trovare parole più belle e ricche che una persona possa rivolgere a un’altra persona:

Una cosa  che ho imparato su di me, da quando sono qui fuori, è che tutto quello che ti ho professato a proposito di ciò che desidero per il mondo, e ciò che ho voglia di fare per ottenerlo, era vero.

Il mio desiderio di “salvare il mondo” è, in realtà, solamente un’estensione del tentativo di costruire un mondo adatto a te.

Io spero che Hitch riesca a venirne fuori, anche se ho capito che è davvero difficile: il tumore all’esofago è uno dei peggiori, e il fatto che venga sottoposto alla chemioterapia anziché a un’operazione non fa ben sperare, ma – comunque – continuo ad augurarmi, e augurarci, che fra qualche mese possa uscirne con il suo stile, e con una lettera bella come questa.

Se avete pregato per me, vi perdono.

31 Replies to “Hitch”

  1. Vedi che ho sempre ragione? Non devono farti fare la posta del cuore…
    Bell’articolo, davvero. Spero che chi di dovere lo legga.

    Enzo

  2. Sto leggendo “God is not great”. Per la seconda volta. Un certo Richard Dawkins ha detto di lui, come si legge sulla copertina del libro in inglese: “se sei un apologeta religioso invitato ad avere un dibattito con Christopher Hitchens, rinunciaci”.
    Se questo libro fosse obbligatorio nelle scuole sarebbe un mondo migliore.

  3. In ogni caso, direi che se il cancro all’esofago gli risulta mortale, è la dimostrazione che non c’è nessun dio. Se invece si salva, è la dimostrazione che se c’è un dio ha un senso dell’umorismo tutto suo.

    Comunque potevi parlarmene prima di ‘sto tizio. Ammetto l’ignoranza.

  4. io ho come l’idea che, fra una cinquantina d’anni, chi crede in un qualsiasi Dio sarà dichiarato eretico e bruciato sul rogo…

    …auguri a Hitch

  5. Angelo scrive::

    io ho come l’idea che, fra una cinquantina d’anni, chi crede in un qualsiasi Dio sarà dichiarato eretico e bruciato sul rogo…

    ti perdono perché pensi questo. è evidente che la tua mente è offuscata dalla fede

  6. Purtroppo il bere ed il fumare oltremisura non lo hanno aiutato… Il fratello, nel suo libro, ne parla con toni inconsueti:

    Peter Hitchens is Christopher Hitchens’ brother. They are three years apart in age, yet they are eons apart in thinking. Christopher is a fanatical atheist; Peter is a firm believer. Read what the other member of the family has to say about his angry atheist brother.

    “Christopher is an atheist. I am a believer. He once said in public: “The real difference between Peter and myself is the belief in the supernatural.
    “I’m a materialist and he attributes his presence here to a divine plan. I can’t stand anyone who believes in God, who invokes the divinity or who is a person of faith.”
    I don’t feel the same way. I like atheists and enjoy their company, because they agree with me that religion is important.”
    “I also think it is wrong, mostly in the way that it blames faith for so many bad things and gives it no credit for any of the good it may have done.
    I think it misunderstands religious people and their aims and desires. And I think it asserts a number of things as true and obvious that are nothing of the sort.”
    Christopher describes how at the age of nine he concluded that his teacher’s claim that the world must be designed was wrong. “I simply knew, almost as if I had privileged access to a higher authority, that my teacher had managed to get everything wrong.”

    At the time of this revelation, he knew nothing of the vast, unending argument between those who maintain that the shape of the world is evidence of design, and those who say the same world is evidence of random, undirected natural selection.

    It’s my view that he still doesn’t know all that much about this interesting dispute. Yet at the age of nine, he “simply knew” who had won one of the oldest debates in the history of mankind.

    It is astonishing, in one so set against the idea of design or authority in the universe, how often he appeals to mysterious intuitions and “innate” knowledge of this kind, and uses religious language such as “awesome” – in awe of whom or what?

    Or “mysterious”. What is the mystery, if all is explained by science, the telescope and the microscope? He even refers to “conscience” and makes frequent thunderous denunciations of various evil actions. ”

    “Where is his certain knowledge of what is right and wrong supposed to have come from?

    How can the idea of a conscience have any meaning in a world of random chance, where in the end we are all just collections of molecules swirling in a purposeless confusion?

    If you are getting inner promptings, why should you pay any attention to them? It is as absurd as the idea of a compass with no magnetic North. You might as well take moral instruction from your bile duct.

    On the few occasions where Christopher is prepared to admit that religious people have done any good, he concludes that they did so in spite of their faith, not because of it.

    He even suggests that the atheist Soviet tyranny was itself a form of religion.

    You can’t win against this sort of circular absolutism.

    Yet he has this absurdly backwards. Religious and unbelieving people have both done dreadful things, and the worst of them have committed their murders and their tortures in the belief that they were doing good.

    Nothing is proved by either side in this argument, by pointing to the mountains of skulls piled up by evil atheists, and evil theists.

    What they have in common is that they are human, and capable of the sin of pride. The practice of religion does not automatically prevent this, and nobody said it did.

    It sometimes joins in with it, as Christopher points out.”

    “There is one chapter in this book whose implications are sinister. It is Chapter 16, which attempts to suggest that religion is child abuse.

    On the basis of such arguments, matched by similar urgings from Professor Richard Dawkins, I can see a movement growing to outlaw the teaching of faith to children.

    Then what? Liberal world reformers make the grave mistake of thinking that if you abolish a great force you don’t like, it will be replaced by empty space.

    We abolished the gallows, for example, and found we had created an armed police and an epidemic of prison suicides. We abolished school selection by exams, and found we had replaced it with selection by money. And so on.

    We are in the process – encouraged by Christopher – of abolishing religion, and so of abolishing conscience, too.

    It is one of his favourite jibes that a world ruled by faith is like North Korea, a place where all is known and all is ordered.”

    On the contrary, North Korea is the precise opposite of a land governed by conscience.

    It is a country governed by men who do not believe in God or conscience, where nobody can be trusted to make his own choices, and where the State decides for the people what is right and what is wrong.

    And it is the ultimate destination of atheist thought.

    If you do not worship God, you end up worshipping power, whether it is Kim Jong Il, Leon Trotsky or the military might of George W. Bush. In which case, God help you.”

    Peter Hitchens, “Hitchens vs Hitchens.”

  7. Angelo scrive::

    @ franco rivera:
    tutti i mali del mondo sono conseguenze della religione.

    Fa specie notare che quello antireligioso, specie se cattolico e romano, sia rimasto l’utlimo accettabile pregiudizio della nostra società.
    Senti, ma che tutti i mali del mondo siano conseguenze della religione, chi lo ha detto, il salumiere?

  8. ABICAB scrive::

    Senti, ma che tutti i mali del mondo siano conseguenze della religione, chi lo ha detto, il salumiere?

    Se vuoi te lo dico io; metti che il salumiere è in ferie.

  9. ABICAB scrive::

    Fa specie notare che quello antireligioso, specie se cattolico e romano, sia rimasto l’utlimo accettabile pregiudizio della nostra società.

    È stupenda questa luccicante inversione della realtà.

    È assolutamente evidente che l’unico pregiudizio positivo nei confronti dei dogmi è quello pro-religioso, per cui ognuno deve rispondere delle frescacce che pensa, ma quando si tratta di religioni (quelle che vanno di moda, of course, perché del Grande Jujù in Cima alla Montagna non importa a nessuno) ognuno può portare nel discorso politico le più grandi stupidaggini, senza che gliene venga chiesto conto.

    Succede solo per le religioni eh.

  10. Da fervente antireligioso – posso dirlo – a me fa un pò specie sentir dire che tutti i mali del mondo sono conseguenze della religione, mi sembra un’improduttiva frase fatta, che non fa che generalizzare una questione complessa su cui invece bisognerebbe riflettere, con l’arroganza degna di chi pretende di proglamare la verità assoluta al popolo meschino e ignorante. Insomma, in fondo bisogna essere comprensivi: solo la maggior parte dei mali del mondo sono conseguenze della religione.

  11. @ Luca:
    Naturalmente.
    Aggiungo:

    With or without religion, you’d have good people doing good things and evil people doing bad things, but for good people to do bad things, that takes religion.

    Steven Weinberg

    Io, ovviamente, direi più “dogma” che “religion”. Ma il problema è che non ci può essere religione senza dogma.

    Quanto ai non sequitur del fratellino meno dotato:

    Here is my challenge. Name one ethical statement made, or one ethical action performed, by a believer that could not have been uttered or done by a nonbeliever. And here is my second challenge. Can any reader of this column think of a wicked statement made, or an evil action performed, precisely because of religious faith? The second question is easy to answer, is it not? The first — I have been asking it for some time — awaits a convincing reply. By what right, then, do the faithful assume this irritating mantle of righteousness? They have as much to apologize for as to explain.

    Cristopher Hitchens

  12. @ Angelo:
    Perché non è un pre-giudizio, ma un post-giudizio.

    Generalmente, qualunque affermazione non basata su delle prove viene immediatamente screditata nel discorso pubblico. Non c’è ragione per cui nel caso di cristiani-ebrei-mussulmani debba esserci un diverso trattamento.

  13. @ Giovanni Fontana:

    Stupenda che? Quale inversione? Se dico che sia cosa saggia bruciare i rom trovo mille persone che gridano allo scandalo (giustamente ca va sans dire), se invece mi lamento di fronte a chi critica il Papa e dice che l’intera chiesa cattolica dovrebbe essere abolita sono bollato come reazionarbigotto, con ogni probabilità senza che nessuno ritenga decoroso rispettare la mia sensibilità di cattolico.

  14. Senti un po’:
    “L’ateo Christopher Hitchens apprezza la Bibbia e il suo ruolo nella storia
    11 aprile, 2011
    Uno dei guru della religione atea internazionale, lo scrittore Christopher Hitchens, ha recentemente reso omaggio alla Bibbia di Re Giacomo (versione anglicana), riconoscendone e apprezzandone il contributo che ha dato alla letteratura inglese.

    «Anche se sono a volte restio ad ammetterlo, c’è davvero qualcosa “senza tempo” nella Bibbia», ha dichiarato Hitchens nel suo commento su Vanity Fair. «Per generazioni ha fornito un patrimonio comune di riferimenti e allusioni, paragonabile solo a Shakespeare. E’ risuonata nella mente e nei ricordi delle persone alfabetizzate, così come di coloro che l’hanno impararta solo ascoltando».

    L’autore di “Dio non è grande” è da tempo malato di cancro e recentemente ha dichiarato di avere pochi mesi di vita, nonostante il prezioso aiuto che sta ricevendo dal suo amico Francis Collins, genetista a capo del National Hearing Care e devoto cristiano (cfr. The Christian Post 28/3/11).

    Hitchens ha anche citato un passo del libro del Nuovo Testamento, la Lettera ai Filippesi, che ha letto durante il funerale di suo padre. Ha discusso circa l’aggiornamento appena realizzato e si è anche lamentato dell’eclissi progressiva della Bibbia di Re Giacomo, in mezzo alla moltitudine di diverse traduzioni e versioni differenti in circolazione: «Una cultura che non possiede un substrato comune di immagini e allegorie sarà pericolosamente sottile», ha dichiarato.”

    Lo vuoi ancora come amico?

  15. tenkiu scrive::

    immagini e allegorie

    immagini ed allegorie appunto. e’ quando cominci a credere che siano reali che sconfini nella psicopatologia

    io trovo valore in Beowulf, Hansel and Gretel o nelle favole di esopo o nell Odissea, ma non ci costruisco altari, non gli chiedo favori al sera prima di dormire, ne mi prodigo per convincere i miei vicini della veridicita soprannaturale del loro verbo.

    tu invece credi ad un insano numero di cazzate (miracoli, nasciti vergini, resurrezioni, trasformazione del pane in carne etc.) che sono fondative della tua cristianita, intramezzate con cose (poche) auspicabili e di buon senso (come la regola aurea) che comunque sono state assieme all’umanita da quando esistono records scritti…

    http://en.wikipedia.org/wiki/The_Golden_Rule#Ancient_Babylon

  16. comunque e’ sempre istruttivo leggerti, Tenkiu, perche a volte mi dico chi se ne frega di quelli rimasti in Italia, the hell with them, poi ti leggo, mi ricordo della miscela di politica, potere, ipocrisie e religione che vi pervade dalla culla alla fossa…. e rinnovo l’iscrizione alla Coscioni lo stesso giorno!

    http://www.lucacoscioni.it/

  17. A proposito… naturalmente senza la pretesa di convincere alcuno!

    La Risurrezione, una realtà concreta di questo mondo
    di Andrea Tornielli23-04-2011

    Che credibilità hanno i brani evangelici che ci raccontano della resurrezione di Gesù? «Gli stessi documenti, le stesse testimonianze storiche che hanno narrato i fatti di Gesù non si fermano alla sua morte», ha scritto l’abate Giuseppe Ricciotti, autore di un’insuperata vita di Gesù, «ma con la stessa autorevolezza e col medesimo grado d’informazione di prima proseguono a narrare una resurrezione e una seconda vita di lui. Ciò è più che sufficiente perché coloro che non ammettono la possibilità del soprannaturale – e non soltanto i moderni, ma anche gli antichi (cfr. Atti 17,32) – respingano senz’altro tutt’intera questa seconda parte del racconto evangelico. Facendo ciò questi negatori si mostrano logici, dati i principii filosofici da cui essi partono: ma l’importanza è di mettere bene in rilievo che essi sono determinati alla negazione solo e unicamente da quei principii filosofici, non già da deficienze o dubbiezze di documenti».

    Non esiste, insomma, una discontinuità di testimonianze tra i Vangeli che ci narrano la vita terrena di Cristo e gli stessi vangeli che ne annunciano la resurrezione. Non sono concreti e dettagliati i primi, fumosi e intrisi di spiritualismo e misticismo i secondi. Dunque la negazione dei miracoli raccontati nella prima parte e soprattutto dell’evento fondante la fede cristiana, descritto nella seconda parte, deve avvenire non in ragione di una incoerenza dei testi, di una loro mancanza di logica, dell’assenza di appigli storici, di incongruenze rispetto alla conoscenza che abbiamo della società israelitica del tempo. Non si dà, a priori, alcun credito a quei racconti perché non si ammette l’esistenza del soprannaturale e nella sua possibilità di manifestarsi.

    Jacques Perret, docente di Storia romana alla Sorbona di Parigi, nel 1984, a fine carriera decise di usare la sua esperienza di storico per esaminare i racconti evangelici delle apparizioni di Gesù risorto. Le sue argomentazioni sono state ripresa da Vittorio Messori nel libro Dicono che è risorto: «Quando ci si rifiuta di credere alla risurrezione di Gesù – osservava il cattedratico francese – non è per motivi storici. La storia, per quanto ne è capace, non solo non contraddice, ma porta a giudicare come più probabile tra tutte le ipotesi che gli evangelisti riferiscano con sostanziale verità ciò che davvero è successo». Perret critica il metodo attraverso cui molte esegesi moderna tende a ridimensionare o a rifiutare la testimonianza degli evangelisti sulla resurrezione di Gesù. E cerca di rispondere ad alcune delle obiezioni mosse a quei racconti.

    Ad esempio a quella secondo la quale, siccome la resurrezione, nel momento in cui è avvenuta, non ha avuto testimoni, essa non appartiene alle realtà sulle quali la storia possa dire qualcosa. È vero che nessuno degli evangelisti descrive il momento della resurrezione. È un fotogramma mancante nella sequenza della vita di Gesù, che invece viene narrato dagli apocrifi: ancora una volta si dimostra la grande differenza fra i quattro Vangeli canonici e gli altri testi che la Chiesa non ha riconosciuto. I primi sono scarni, sobri mai inclini al miracolismo e alle immagini mirabolanti; i secondi, invece, sono intrisi di spettacolarità e fantasia.

    Ma l’assenza di testimonianze sul momento in cui si è verificata la resurrezione non è un ostacolo al riconoscerla realmente avvenuta: «Sono innumerevoli gli avvenimenti», scrive Perret «nei quali il grado di verosimiglianza non dipende affatto dalla presenza o dall’assenza di testimoni immediati… Supponiamo che uno degli ebrei che hanno assistito alla morte e ai funerali di Lazzaro, e pianto poi tre o quattro giorni presso la sua tomba sigillata, lo incontri più tardi, ben vivo, per la strada. Forse che costui non sarà forzato a credere che, nel frattempo, Lazzaro è stato riportato alla vita? Ignora, certo, il giorno e l’ora, le circostanze; magari non le conoscerà mai esattamente, ma non per questo sarà meno certo di quella risurrezione. Vi crederà come se vi avesse assistito egli stesso».

    Lo stesso esempio vale in negativo: «Se si trova morto un amico con il quale conversavamo il giorno prima, non si rischia proprio niente a dedurne che c’è stato un momento in cui è passato dalla vita alla morte, anche se non si trovasse alcun testimone oculare per dirci quando e come quel trapasso è avvenuto».

    «Quando lo storico riprende in mano il vangelo», osserva ancora il cattedratico francese «gli sembra che ciò che svanisce come fumo non sia quel vecchio testo, ma l’illusione di chi voleva farne un tessuto di simboli. Riscopre ogni volta che, malgrado tutto, il vangelo, storicamente regge bene: non è scritto affatto come un mito platonico. D’accordo, l’evento della Resurrezione non ha avuto testimoni, ma i discepoli hanno ben creduto di poterlo affermare a partire da altri eventi che cadevano direttamente sotto i loro sensi. Ce li hanno descritti esattamente, come hanno potuto, comunicandoci al contempo l’interpretazione che essi se ne erano data e che si fonda forse anche su altri fattori che non hanno saputo dirci. Interpretazione, in ogni caso, che non oltrepassa, da parte loro, i limiti della ricostruzione storica e che lo storico moderno, dunque, si guarderà dallo scartare a priori. In effetti, se Gesù si è fatto vedere e riconoscere, se la sua tomba è vuota, sarà davvero azzardato dire che è risuscitato, anche se la nostra esperienza non ci fornisce altri modelli per rappresentarci ciò che si è verificato e anche se si deve credere che occorrono altre luci, quelle della fede, per percepire la misura integrale del fatto che è avvenuto?».

    Un’altra obiezione spesso rivolta alla credibilità delle testimonianze della resurrezione riguarda il coinvolgimento personale dei discepoli nella vicenda. Troppo coinvolti per essere dei testi attendibili, meglio spiegare tutto con la proiezione dei loro desideri che li ha portati a «vedere» ciò che in realtà non c’era. «Possibile che questi biblisti», scrive Perret «ignorino che sarebbe impossibile scrivere qualunque storia (anzi che non esisterebbe la storia stessa) se si dovessero ricusare tutti gli autori sospetti di essere coinvolti nei fatti narrati?… È il desiderio stesso di convincere che guida questi testimoni diretti e protagonisti, che li obbliga a costruire il loro racconto a partire da elementi autentici. Non esitiamo a utilizzare Tacito, pur sapendolo di parte. Anche Cesare è ben lungi dall’essere il cronista oggettivo delle sue imprese ed è per noi l’unico testimone di un gran numero di episodi della conquista delle Gallie. Tuttavia, nessuno dubita – né può dubitare – dell’autenticità sostanziale del suo racconto, proposto a dei lettori dei quali molti erano stati spettatori o attori degli avvenimenti».

    Per lo storico della Sorbona, uno degli elementi da considerare è il fatto che quell’annuncio pasquale venne scritto poco tempo dopo i fatti, quando i testimoni erano ancora in vita. Non dimentichiamo, qui, l’accenno all’incontro di Gesù risorto con quei «cinquecento fratelli», molti dei quali sono ancora vivi quando Paolo scrive la prima lettera ai Corinzi. Scrive ancora Perret: «Quando si immaginava che i testi del Nuovo Testamento non avessero preso forma definitiva che nel corso del secondo secolo, nelle mani di qualche Marcione, è ben vero che in questo grande vuoto che li separava dalla morte di Gesù (e durante il quale, fatalmente, tutti i testimoni erano scomparsi) molte metamorfosi avrebbero potuto prodursi e molte favole nascere. Oggi, la frattura, che si voleva dilatare tanto, è stata ristretta a qualche anno e in certi settori a qualche mese o addirittura a giorni. Non è cent’anni più tardi che i cristiani hanno annunciato in pubblico la risurrezione di Gesù (e a quanto pare con l’essenziale dei dettagli che leggiamo nei nostri testi), ma è meno di due mesi dopo il Venerdì Santo!».

    Certo, lo si è detto molte volte: gli evangelisti non erano storici e non intendevano scrivere un libro di storia. Ma siamo davvero sicuri di questo? Se il cristianesimo è l’annuncio di un fatto, di un evento, l’incarnazione, la morte e la resurrezione del Figlio di Dio, la «cronaca» della sua vita, di ciò che ha detto e che ha fatto, e soprattutto la dettagliata descrizione degli avvenimenti accaduti a Gerusalemme quella settimana di aprile dell’anno 30, costituiscono un elemento fondamentale, imprescindibile. Non si trattava di trasmettere una filosofia, un sistema di pensiero, delle massime utili per il buon vivere. Si trattava di raccontare vita, morte e miracoli (compreso il più grande miracolo, quella della resurrezione) di Gesù.

    Osserva Jacques Perret: «Si ammetta pure, per ipotesi (peraltro, senza ben capire che cosa ciò possa significare), che gli autori del Nuovo Testamento non erano degli storici “nel senso moderno del termine” e che i primi cristiani non avevano l’esprit historique (sempre nel senso moderno). Ma coloro che ci tengono tanto a convincerci di ciò, sembrano non accorgersi che, di quei cristiani della comunità primitiva, ne fanno dei sotto-uomini, spogliandoli radicalmente di uno dei caratteri più universali della natura umana: l’attenzione agli avvenimenti e il desiderio di conservarne un ricordo più preciso possibile».

    Non è per niente probabile, insomma, che le prime comunità fossero composte soprattutto da estatici o da sognatori, preoccupati unicamente dei loro stati d’animo, dei bisogni del loro gruppo e dimentichi di ciò che avevano visto. Le differenze tra un racconto e l’altro, secondo lo storico francese «mostrano soltanto la diversità dei fenomeni constatati o la diversità delle tradizioni: il caso è lo stesso di quello del cieco di cui non si sa se Gesù lo ha guarito uscendo (Mc, 10, 46) da Gerico o entrandovi (Lc, 18, 35). Da una simile divergenza, sarà forse lecito dedurre che questo cieco non è mai esistito o che Gerico è una città mitica?».

    «Le manifestazioni di Gesù risorto, le sue apparizioni», scrive Perret, «non si sono affatto presentate dal Nuovo Testamento come un frutto della fede, ma come dei fatti, che si svolgono nello spazio di ciò che si vede e che si tocca. Quelle manifestazioni sono percettibili a un incredulo (Paolo), che in seguito ad esse si converte; e degli increduli (i compagni di Paolo), che restano tali, a dei discepoli che non mettono neppure in conto la possibilità che sia risuscitato (la Maddalena, gli Undici); o che, a dispetto della testimonianza dei loro compagni, si rifiutano di credere ma crederanno in seguito (Tommaso); o che continueranno a non credere».

    «Una tale diversità di reazioni», conclude lo storico della Sorbona «mostra bene che, a giudizio degli autori neotestamentari, queste manifestazioni non sono l’effetto di disposizioni interiori particolari ma, come ogni fenomeno di questo mondo, si impongono dal di fuori. Nello stesso modo, annettere importanza, come fanno i narratori evangelici, al fatto che la tomba sia stata trovata vuota (e in un modo che ci è presentato come oggettivamente constatabile da chiunque) non avrebbe senso, se non si suppone una connessione tra la risurrezione di Gesù – in qualunque modo occorra intenderla – e la realtà di fatto che, percepibile da tutti, appartiene alla storia di questo mondo».

  18. Max scrive::

    e rinnovo l’iscrizione alla Coscioni lo stesso giorno!
    http://www.lucacoscioni.it/

    Povero Luca Coscioni!
    In che mani!
    Non intendo le tue ma quelle dei Radicali!
    Vedi un po’ dove finiscono i tuoi soldi.

    Vedi un po’ cosa hanno escogitato quelli del Partito Radicale:
    “Il Mago Otelma è il nuovo leader degli atei del Partito Radicale”
    28 dicembre, 2010
    Sicuramente il partito politico attuale più rappresentativo del mondo laicista è quello Radicale. Promotore della “cultura della morte”, di quella dell’autodeterminazione e delle tematiche anticlericali. I leader radicali sono tutti dichiaratamente atei ma, come disse profeticamente Gilbert Keith Chesterton, «chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto». Per questo non dovrebbe destare stupore che Marco Belelli, cioè il Mago Otelma, abbia annunciato di «concedere la propria disponibilità a candidarsi alla presidenza della Regione Liguria», e lo farà con la lista radicale Bonino-Pannella. Attualmente -continua IVG- il Mago ricopre la carica di tesoriere presso l’associazione genovese del Partito Radicale. Pochi giorni fa un altro noto esponente dell’ateismo e anticlericalismo italiano, Paolo Villaggio, ha dichiarato: «Sto pensando seriamente al suicidio, so già la data della mia morte, me l’ha detta una maga russa» (da Il Tempo 7/12/10). E mentre l’associazione dei telespettatori cattolici (Aiart) riesce a bandire l’astrologia dalla prima serata di Rai2 (vedi TVblog), sono tanti, tantissimi coloro che si professano “atei” verso Dio ma “credenti” verso la magia, l’esoterismo, l’astrologia ecc. Non c’è via di scampo: rinunciando a Dio, sono costretti ad inginocchiarsi verso altri idoli, altri dèi ecc…, e non c’è una posizione più contraddittoria e ridicola.

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    Il Mago Otelma è il nuovo leader degli atei del Partito Radicale
    28 dicembre, 2010
    Sicuramente il partito politico attuale più rappresentativo del mondo laicista è quello Radicale. Promotore della “cultura della morte”, di quella dell’autodeterminazione e delle tematiche anticlericali. I leader radicali sono tutti dichiaratamente atei ma, come disse profeticamente Gilbert Keith Chesterton, «chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto». Per questo non dovrebbe destare stupore che Marco Belelli, cioè il Mago Otelma, abbia annunciato di «concedere la propria disponibilità a candidarsi alla presidenza della Regione Liguria», e lo farà con la lista radicale Bonino-Pannella. Attualmente -continua IVG- il Mago ricopre la carica di tesoriere presso l’associazione genovese del Partito Radicale. Pochi giorni fa un altro noto esponente dell’ateismo e anticlericalismo italiano, Paolo Villaggio, ha dichiarato: «Sto pensando seriamente al suicidio, so già la data della mia morte, me l’ha detta una maga russa» (da Il Tempo 7/12/10). E mentre l’associazione dei telespettatori cattolici (Aiart) riesce a bandire l’astrologia dalla prima serata di Rai2 (vedi TVblog), sono tanti, tantissimi coloro che si professano “atei” verso Dio ma “credenti” verso la magia, l’esoterismo, l’astrologia ecc. Non c’è via di scampo: rinunciando a Dio, sono costretti ad inginocchiarsi verso altri idoli, altri dèi ecc…, e non c’è una posizione più contraddittoria e ridicola.

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  19. troooooopppa graziaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!

    scusate non è assolutamente voluta la ripetizione, non vogliatemene!

  20. Max scrive::

    tu invece credi ad un insano numero di cazzate (miracoli, nasciti vergini, resurrezioni, trasformazione del pane in carne etc.) che sono fondative della tua cristianita, intramezzate con cose (poche) auspicabili e di buon senso (come la regola aurea) che comunque sono state assieme all’umanita da quando esistono records scritti…
    http://en.wikipedia.org/wiki/The_Golden_Rule#Ancient_Babylon

    Sono convinta che la Regola Aurea sia nata con l’uomo perchè è dentro ogni uomo ed è dettata dall’Amore.
    C’è una risposta scientifica a questo?

    p.s. – non dirmi che uno come te va a “pescare” su wikipedia dove si dice chiaramente che:
    “This article or section may contain previously unpublished synthesis of published material that conveys ideas not attributable to the original sources. See the talk page for details.”

  21. Max scrive::

    comunque e’ sempre istruttivo leggerti, Tenkiu, /

    anch’io ti leggo volentieri, particolarmente quando scrivi in italiano e, credimi, scrivi meglio di qualche italiano!
    Penso che ti manchi la visione di un certo pezzo su Hitchens ma sicuramente Giovanni ti potrà aggiornare…

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