Qualche sofisma sui sofismi su Israele

Non avevo commentato questo post di Leonardo, e i seguenti, nonostante avessi qualcosa da dire e il tema fosse – come sapete – di mio interesse, per non tormentarlo, dopo aver provato a fare debunking su alcuni luoghi comuni su Hamas in cui mi sembrava essere incappato. Inoltre Leonardo scrive tanto bene che il dubbio più sciocco che c’è, ovvero quella di essere invidioso, sarebbe venuto anche a me. Poi due persone via email e una qui mi hanno chiesto di scriverne, di scrivere il mio parere su quelle cose, così lo do evvìa, senza voler diventare il “critico quotidiano di Leonardo”. Uso come premessa, che vale per me, parole che nei commenti qui Leonardo riferiva a sé stesso:

io non mi considero un grande esperto di questione israelo-palestinese, e se ho deciso di dedicarci così tanto tempo e sforzo da parte mia è soltanto perché continuo a vedere dei professionisti (es. Santoro ieri sera, appunto) che svolgono un pessimo servizio. Quindi provo a far di meglio nel mio piccolo: però non posso garantire un servizio professionale.

In generale credo che dica molte cose vere, e alcune approssimative. Credo anche che il mio approccio sia diversissimo dal suo, volendo sintetizzare al massimo, mi sembra che io ragioni sugli individui e lui sui popoli. Questo ci porta a fare considerazioni molto differenti sulle conseguenze di certe situazioni. Mi sembra inoltre che molti suoi nessi causa/effetto, alcuni dei quali poi non condivido, secondo me, siano giustificazionisti nel senso che detraggono responsabilità individuali, appiattendo meriti e soprattutto orizzonte d’aspettativa. È come se ai palestinesi chiedesse di meno che agli israeliani, per qualcuno sarà una cosa ovvia, per me è una rinuncia etica pericolosamente collimante col razzismo.

Tutto questo in genere, sui punti di Leonardo (il corsivo è un brevissimo riassunto fatto o estrapolato da me, quindi leggetevi l’originale, questo è solo per ricordare di cosa parla):

1. Mozione degli affetti: critica a chi dice “se non sei israeliano non puoi capire”

Completamente d’accordo con L. Accettando questo argomento, si è a favore della pena di morte.

2. Il meno peggio: si può dire di Israele solo se oggi non è peggio di ieri

A me, l’ho scritto anche in un commento, sembra che L non accetti le gradazioni del male. Come dice anche lui Israele è meno peggio di Hamas (e ci vuole poco).  Israele continua a esserlo anche se peggiora. Ovviamente noi non auspichiamo che Israele sia meno peggio, ma che sia buono, come del resto lo auspichiamo per Hamas. Ma questa, comunque, è una considerazione descrittiva. Quindi tutto sommato sono d’accordo, quando si parla delle azioni, dire che “Israele può ammazzare cento palestinesi per ogni sua vittima perché è meno peggio” è illogico e farabuttesco.

Quanto a Arafat, invece dissento fortissimamante: dire che “gli israeliani non hanno accettato di fare la pace con lui”, è preciso preciso il sole che gira intorno alla terra. L mi aveva già risposto su questo punto, dicendo che Camp David + Taba 2000/1 era una pace che “Arafat non poteva accettare” (tra l’altro, quindi e appunto, è Arafat che non ha accettato?), se – come credo, insieme a quasi tutti – quella (94% + 3% della Cisgiordania, + 100% Gaza con Geru Est capitale) è la miglior offerta di pace che i palestinesi avranno nella Storia, Arafat non poteva, ma doveva accettare. Se non per sé, per la sua gente. Difatti, dopo l’ennesima guerra persa (la catastrofica seconda intifada), la prossima pace sarà peggiore di quella lì. E così via.

E poi non ho capito perché il ragionamento del meno peggio va bene per l’interlocutore (Arafat vs Hamas) e non per gli stati (Israele vs Gaza/Hamas).

3. Il cratere: a Israele viene perdonato tutto perché potrebbero fare di molto peggio

È chiaro che chi dica “Israele potrebbe radere al suolo Gaza e non lo fa, quindi è bravo e buono” è in malafede o un po’ scemo, ma io questa argomentazione l’ho sempre sentita usare in risposta a degli altri argomenti più disonesti: “Hamas è uguale a Israele”, “Israele vuole sterminare tutti i palestinesi”, oppure proprio quello che si domandava L sul punto precedente: “Sicuri che [Israele] sia ancora [il meno peggio]?”. In questo caso mi sembra molto consistente l’argomento: no, se Israele si comportasse come Hamas raderebbe al suolo Gaza. È come dire “Israele fa cose molto sbagliate e Hamas fa cose sbagliate, ma Israele non fa cose enormemente sbagliate perché non vuole, Hamas perché non può”. È un modo per essere onesti intellettualmente, mentre chiediamo che Israele la smetta, ringraziamo il cielo che Hamas non abbia quella potenza militare.

4. UDMO: Israele non è l’unica democrazia del mediooriente (Turchia) e comunque che c’entra con Gaza?

Anche io trovo spesso fuori luogo l’argomento dell’unica-democrazia-in-Medio-Oriente. Per quanto io sia un fan sfegatato della democrazia (a occhio e croce direi che L, invece, è un moderato estimatore) non capisco cosa c’entri questo con Gaza. Può avere avuto a che fare con le guerre passate, ma l’attacco a Gaza non ha a che vedere con la prassi di governo. Anzi, sarà anche un argomento usato da chi ha pregiudizi, ma è vero: senza le elezioni israeliane l’attacco non sarebbe avvenuto o – forse più probabilmente – sarebbe finito prima.

Poi vabbè, credo che l’obiezione della Turchia sia un po’ sciocca, nel senso che è scendere sullo stesso piano linguistico/pretestuoso di chi fa quell’obiezione (anche se capisco che talvolta scendere sullo stesso piano sia utile), perché è chiaro che chi fa quell’obiezione intende dire che intorno a Israele ci sono un sacco di stati che nel corso della storia gli hanno fatto guerra e questi non sono democrazie. E quindi che la Turchia ci sia, o non ci sia (fra l’altro proprio nella pagina linkata da L la Turchia è fra gli stati “talvolta considerati Medio Oriente”) cambia nulla.

5. Morte potenziale: se anche i palestinesi vogliono distruggere Israele, poi muoiono più palestinesi

Secondo me questo argomento si esaurisce nel secondo. Poi il fatto che muoiano più palestinesi che israeliani non toglie il fatto che la gran parte dei palestinesi vorrebbe distruggere Israele. Certo è che calcolare i morti come fa Kissinger è chiaramente un modo propagandistico filo-israeliano per cercare di mescolare le carte in tavola. Io non l’ho sentito mai fare, comunque e per fortuna, ma anche L dice che “oggi non va più per la maggiore”, quindi molto probabilmente è per questione d’età.

Aggiungo che, dando per scontato che ciò che sta succedendo a Gaza non è paragonabile, non ho mai trovato un modo che non mi sembrasse stonato per “contare” il danno arrecato dai Quassam. Perché da una parte c’è il danno potenziale e quello reale di come è costretta a vivere la gente (enorme), dall’altro quello reale dei morti (quasi nullo), e qualunque idea che provo a farmi, non mi convince in un senso o nell’altro. Mi ricorda un po’, a parti invertite (e ovviamente non al di fuori della green line ), la discussione sul Muro.

6. Matrimonio gay: perché è il metro di laicità? E poi c’è perché sono ricchi (a scapito dei palestinesi)

L si domanda perché il matrimonio gay sia cartina tornasole della laicità di una nazione. A me sembra ovvio: perché i fontamentalismi di Ebraismo, Islam e Cristianesimo ce l’hanno a morte (letteralmente) con i gay. Quindi come siano trattati è un buon metro per stabilire quando una nazione sia laica, e cioè libera dai dettami di tali religioni.

Anche per questo fa bene L a citare tutte le contraddizioni vive in Israele (non si celebra il matrimonio civile, ma gli omosessuali possono adottare bambini). Trovo che invece faccia malissimo a dire cose come “Troppo comodo accusare i palestinesi di oscurantismo a pancia piena”. Ma che vuoldire? Ci sono un sacco di stati oscurantisti che hanno i quattrini, e che restano oscurantisti. Ma poi proprio che vuoldire, cosa significa? A me non sembra per niente “comodo”, o facile come detto altrimenti, dare diritti alle donne e agli omosessuali. Cioè, fosse per me sì, anche a pancia vuota, ma basta guardarsi intorno.

Che poi il fatto che a Betlemme non esista una libreria (non religiosa) sia – in parte – colpa degli israeliani è assurdo. Cioè, sull’economia ci sarebbe da discutere, ma che l’apertura della e dalla cultura israeliana sia costruita a scapito di quella palestinese (semmai è il contrario) è un nesso causa-effetto che non capisco, di quelli a cui accennavo sopra. E ancora un altro poco stabile nesso causa/effetto quando si dice che la militarizzazione del conflitto è – in parte – data dal fatto che in Israele l’economia va male. A me tutte queste “parti” sembrano completamente prive di senso. Tutta questa “ovvietà” non ce la vedo.

7. Indignazione selettiva: parlo di Israele e non del Darfur perché penso di avere più cose (interessanti/originali) da dire

Sì, ha ragione L e capisco benissimo il punto. In un confronto di idee, si confrontano le idee, sul Darfùr si è tutti d’accordo. Io uso un argomento affine soltanto quando penso che ci sia un pregiudizio nell’interlocutore (e perché su x la pensi diversamente?): ma non so se è il caso di L.

8. Bambini morti: se non mi convincono gli argomenti non mi possono convincere le foto

Delle volte le immagini servono a spiegare cose che con le parole si fatica a fare, o ci si mette molto più tempo: non è sempre per suggestionare. Con questa precisazione, completamente d’accordo.

9. Antisemiti: se Israele si comportasse meglio io non criticherei Israele quindi non c’entra l’antisemitismo

Rispetto ai punti  qui sviluppati penso che: esistano gli antisemiti di  sinistra, che sono molti meno degli antisemiti di destra. Anche perché per essere di estrema destra devi essere antisemita, e non vale il viceversa. È anche vero che è molto più facile individuare l’islamofobia, perché è abbastanza collegabile con una parte dell’arco politico (qui non tratto del razzismo di riflesso di chi, di sinistra dice “i mussulmani non sono pronti per la democrazia”), più a destra si va più si è islamofobici, con l’eccezione dell’estremissimissima destra che vede nell’Islam una società che ha mantenuto quei valori di un tempo, etc. L’antisemitismo è un po’ più sparpagliato.

Però c’entra molto meno spesso di quanto venga tirato in ballo con la questione di Israele, è vero che sovente critiche al governo israeliano sono bollate come antisemite, e questo solo per agitare il simulacro dell’Olocausto. Talvolta sono cose con pregiudizio antiisraeliano, altre volte sono critiche sensate, e quella è una scorciatoia facile e insana.
Chi difende Israele, nella maggior parte dei casi, dovrebbe parlare solo di antiisraeliani. E dovrebbe (giustamente) censurare la cosa come tale.
Possiamo fare un esempio su questi punti: nessuno di questi è minimamente antisemita, qualcuno è un briciolo anti-israeliano, ma non mi stupirebbe che qualcuno accusasse Leonardo di antisemitismo per le cose che ha scritto.

Ovviamente qui parlo dell’Italia e dell’Europa, perché negli Stati Arabi l’antisemitismo è una componente inscindibile, non solo in quanto ebrei (ovviamente anche) ma anche in quanto appartenenti a una diversa religione. Nella società araba l’odio per gli appartenenti a un’altra religione, in quanto tale è molto vivo. Per dire, i cristiani di Betlemme ce l’hanno a morte con i mussulmani di Betlemme, ben più che viceversa.

10. Muftì: i palestinesi si sono alleati con Hitler? Embè? E comunque nei campi profughi non ne sanno più nulla

Non è vero che nei campi profughi non ne sappiano nulla, ci sono svastiche su un sacco di case e mi è capitato più volte di sentire persone che inneggiano a Hitler. Che conseguenze ha questo? Boh, sicuramente che facciano più paura a Israele.

Dopodiché il fatto che i palestinesi fossero coi nazisti (nel senso in cui lo erano gli italiani) e gli ebrei con gli alleati è stato una parte di quel 53% a 47% della risoluzione 181 di creazione di Israele e Palestina, magari senza di ciò sarebbe stato un 40 a 60% con i deserti ai palestinesi. Come se, più grave, i palestinesi avessero dichiarato il proprio Stato anziché dichiarare guerra a Israele avrebbero da sessant’anni la metà di quella terrà anziché dover lottare per il 22%. Ma queste sono responsabilità collettive e solo argomentazioni storiche. Se anche il trisnonno di Ahmed è stato nazista, questo non dà all’esercito israeliano un motivo in più per bombardarlo.

Fine, fine, fine.

16 Replies to “Qualche sofisma sui sofismi su Israele”

  1. A me la celebrazione di un dittatore appeso per i piedi a Piazzale Loreto mi sembra la cosa più fascista che c’è. E anche il concetto di boicottaggio mi puzza, quasi sempre agitato da persone fascistoidi e per male.

    Ma forse la cosa che più mi ha infastidito di ciò che era lì scritto, è il concetto di Stato Sovrano, il più reazionario. Con ben altre parole che le mie:

    “Questo [il concetto di stato sovrano, NdDS] è oggi nemico numero uno della civiltà, il fomentatore pericoloso dei nazionalismi e delle conquiste. Il concetto dello Stato sovrano, dello Stato che, entro i suoi limiti territoriali, può fare leggi, senza badare a quel che accade fuor di quei limiti, è oggi anacronistico ed è falso. Quel concetto è un idolo della mente giuridica formale e non corrisponde ad alcuna realtà. In un mondo percorso da ferrovie, da rapide navi, da aeroplani, nel quale le distanze sono state annullate da telegrafi e telefoni con o senza fili”
    Fu scritto più di sessant’anni fa, da un futuro presidente della repubblica, credo valga tanto di più ora.

  2. Dov’è il concetto di boicottaggio? Nel pezzo linkato l’ho cercato, e non l’ho trovato. Su Piazzale Loreto, in quell’immagine io vedo un “prima” e un “dopo”, mi sembra un monito che prima o poi la storia calpesta le velleità di gente come Hitler e Mussolini. Sic transit ecc. Il giochino del “fascismo dell’antifascismo” mi sembra uno stratagemma molto logoro, il fascismo è una cosa precisa e usare la parola a sproposito per etichettare qualunque forma di violenza ha depotenziato la parola e se oggi per grandi fasce della popolazione non ha più un significato così negativo è anche per colpa dell’abuso che se ne è fatto, lo stesso abuso che ne hai fatto tu qui sopra: fascista qui, fascista là. “Stato sovrano” mi sembra venga usato per dimostrare che Israele si appella al diritto internazionale solo quando le va bene, e lo calpesta quando le fa comodo. Ritorce contro Israele tutti i discorsi sulla sua “sovranità” e sulla legittimità di esistere in quanto stato, libertà che poi nega bellamente andando a bombardare le città di altri stati e a fare stragi di civili. Ma è chiaro che la mia lettura è diversa dalla tua, io conosco un minimo i Wu Ming e so che sugli stati hanno posizioni di rigetto molto più radicali di quella che hai riportato tu (di Pertini forse?)

  3. scusate io volevo solo sapere il parere di un blogghista coetaneo simpatico che scrive dalla Cisgiordania in quanto fa un opera di volontariato con i palestinesi su un pezzo scritto da un collettivo che seguo da tempo……ora è evidente che Giovanni non conosce il collettivo e mi ha risposto x quello che gli è saltato alla vista sul sito e , quindi, se gli rimane del tempo gli consiglio dei libri scritti dal collettivo WuMing che penso’ gli piaceranno!!!! grazie del prezioso tempo che spendi con noi….ciao e buon lavoro!!!! P.s. l’idea di censurare nei futuri meeting gli scrittori israeliani alla fine è una boiata x un eventuale processo di comprensione da parte delle 2 popolazioni

  4. Prima di tutto ti dico che non conosco Wu Ming, quindi mi sono basato su quello che ho letto, sulla prima impressione. Può essere un pezzo infelice, di mille altri che apprezzerei invece molto.

    Ti prego quindi, Andrea, di non parlare di “giochino”, perché io non ho alcun interesse né intenzione sopita di screditare questo Wu Ming, semplicemente è l’impressione che mi ha dato.

    Io trovo fascista un atteggiamento, tengo molto alle parole e alla loro “potenza”, mi sembrava che rientrasse nella definizione. Leggendo solo quel pezzo, ho pensato: sarà uno della destra sociale? Uno Storace, per intendersi. Non puoi negare che la posizione (e anche il linguaggio) è la medesima. Se mi dici che non c’entra con il fascismo sarò lieto di sbagliarmi, e considererò quello soltanto come una cosa scritta male (sai quante ne ho scritte male io).

    Detto questo, io trovo veramente orribile il messaggio del prima e dopo. Mussolini lì appeso mi sembra tutt’altro che un monito. Il dopo per cui io gioirei sarebbe una bella manifestazione libera, un bel referendum sul divorzio, una bella foto di un’Italia che non si chiude su sé stessa.

    Il boicottaggio è quello che chiede di dire a questi scrittori di starsene a casa, perché propaganderebbero un’idea. Ma gli scrittori, la cultura, sono altro che propagandisti d’idee.

    Fra l’altro quel pezzo denota una superficialità d’analisi abbastanza evidente, perché le posizioni politiche di Grossman, Yehoshua e Oz sono molto diverse. Io stimo tantissimo il primo, mi intimorisce il secondo, e apprezzo l’ultimo. Se vuoi possiamo parlarne, del perché.

    Infine lo stato sovrano [Einaudi], io leggo che viene criticata l’invasione del Libano in quanto “stato sovrano”, è un concetto degno di Storace, come dicevo. Come lo è il parlare di colonialismo. Sempre di più mi rendo di come chi parla di colonialismo o imperialismo riferendosi a Israele non ha capito molto della situazione. Il sionismo è un nazionalismo, semmai.

  5. Rispondere per punti, tanto più a un post a punti, è una grande tentazione, ma in realtà mi pare che non giovi molto alla chiarezza (ho seguito tutta la vostra discussione, ma vatti a ricordare ogni cosa!); si capisce molto meglio come la pensi in altri post più distesi.
    Così, giusto per dirlo. Intanto: complimenti per il blog, che obbiettivamente è il più interessante che abbia mai visto sulla faccenda!

  6. Quello che dici sulla 181 è un po’ inesatto; gli ebrei nel 47 erano circa 1/3 della popolazione totale; anzi tutt’ora gli insediamenti ebraici in Palestina sono concentrati in zone geografiche relativamente ristrette, ed Israele – parlo dell’Israele armistiziale del 49 – è pieno di regioni a maggioranza araba; eppure, oltre al Negev, la 181 assegnava agli ebrei quasi tutte le zone coltivate ad agrumi e la parte più sviluppata della fascia costiera; il piano di partizione era oggettivamente un abuso; visto che peraltro contraddiceva in maniera massimale il principio di autodeterminazione, che l’ONU stessa pretendeva di voler stabilire come uno dei pilastri del diritto internazionale; non è un caso se passò solo alla terza votazione e solo dopo enormi pressioni diplomatiche (minacce? ricatti?) degli USA – e con l’eloquente astensione britannica…

    Quanto al processo di pace, sottolineo che non menzioni il fatto che tra Camp David e Taba c’erano sostanziali differenze; sulla Cisgiordania, a Camp David Barak aveva parlato di massime concessioni possibili da parte di Israele, eppure a Taba emerse che si poteva fare di meglio; questo solo elemento induce a pensare che – sebbene in assenza di prescrizioni vincolanti da parte della 242 e segg – mercanteggiare sul punto percentuale potesse essere pretestuoso anche, se non soprattutto, da parte israeliana; inoltre il nodo fondamentale è Gerusalemme Est; in primis l’espansione ad Est della municipalità, esattamente come la politica delle colonie, è stata condotta in violazione delle leggi del diritto internazionale (e questo anche a prescindere dalle risoluzioni ONU, che alla fine peraltro sono non vincolanti, dunque quasi carta straccia); tanto è vero che la squadra palestinese voleva la restituzione di gran parte di quei territori nel quadro della 242, cioè come parte della Cisgiordania, e non delle disposizioni specifiche sullo status della città santa; inoltre la sovranità dello stato palestinese sarebbe stata limitata in mille modi (sia de jure che de facto). Su quel 3% (ed anche qui va detta una cosa: quando si parla di 97% della Cisgiordania, dal conto si esclude Gerusalemme, il che è un punto di vista solo israeliano; ma la stragrande maggioranza degli arabi cisgiordani vive proprio entro i confini di Gerusalemme) si possono dire molte cose; per esempio che Arafat abbia perso un’occasione storica; tuttavia, in prospettiva, potrebbe risultare che Israele ha rischiato troppo per troppo poco…

  7. Altan,
    non capisco perché tu dica che è inesatto il fatto che sia stato dato il 53 a Israele e il 47 alla Palestina (fra l’altro non ho specificato che nel 53% israeliano c’erano anche il Negev che – appunto – valeva tanto come territorio fisico ma molto poco come terreno fertile. E ho aggiunto che probabilmente se i palestinesi non si fossero alleati col nazismo, come lo fu l’Italia, (e se avessero accettato gli osservatori delle Nazioni Unite, etc.) questa percentuale si sarebbe spostata sensibilmente verso la percentuale palestinese. Dov’è inesatto?

    Quanto alla tua valutazione sull’abuso, posso essere d’accordo a livello formale. Però mi aspetto da te una battaglia per restituire la Romagna allo Stato Pontificio.
    Le minacce e i ricatti che tu ipotizzi sono da dimostrare. E il fatto che giudichi “eloquente” l’astensione dell’Inghilterra – ovvia in quanto paese ex-occupante, e anzi, considerato lo standard di comportamento degli Inglesi post-Balfour (vedi Libro Bianco, vedi Exodus) – dimostra quanto la tua valutazione passi attraverso la lente ideologica. Possiamo citare voto contrario dei soli paesi arabi più, se non sbaglio (qui vado a memoria, e sbaglierò certamente), un solo paese sudamericano. Considerato che ebbe un voto ogni stato del mondo, non sarebbe questo un dato “eloquente”?

    A parte quella della stragrande maggioranza dei palestinesi che vive a Gerusalemme: sarebbe assurdo, secondo la tua ricostruzione gli israeliani vorrebbero poca terra in cui ci sono tanti arabi (ed è esattamente l’opposto di ciò che vogliono: tanta terra, con pochi arabi, cercando di ottenerla anche in maniere a dir poco commendevoli).
    Su Camp David più Taba fai delle considerazioni su cui spero che tu abbia ragione, ma ne dubito: io credo che la seconda Intifada, l’ennesima e in un certo senso la più drammatica delle guerre perse, abbia tolto ai palestinesi la possibilità di negoziare sul quelle cifre (diciamo sopra al 95% della Cisgiordania). Spero di sbagliarmi, e spero che tu abbia ragione che – nonostante la mossa vittoriosa del muro (che con la fine del terrorismo suicida ha finito per legittimare un’odiosa annessione territoria), avremo una Palestina su poco meno del ’67.

  8. Ti prego, non pensare a me come ad un partigiano della causa palestinese; peraltro buffamente da Leonardo mi danno del filosionista, anzi sono addirittura additato in copertina come aberrante esempio di “sofista del cratere”…

    Sulla 181 non si può non rimarcare il suo sbilanciamento a danno della popolazione araba – anzi forse persino quel 60-40 fantapolitico che ipotizzi nel post sarebbe stato ancora sbilanciato…
    Nello stato ebraico gli arabi sarebbero stati una minoranza del 45%, contro meno del 5% di ebrei nello stato arabo. Agli ebrei veniva dato un territorio completamente sproporzionato rispetto all’estensione dei loro insediamenti, benchè la cosa fosse motivata da una preoccupazione sensata, ossia la massiccia immigrazione prevista per il dopoguerra – ma, come detto anche sopra, lo stesso Israele odierno vede gli ebrei concentrati in zone geograficamente molto ristrette, vedi Limes. E così via.
    Intendiamoci: gli ebrei di Palestina di ciò non hanno nessuna responsabilità; erano anch’essi pedine – anche a loro, per esempio, l’internazionalizzazione di Gerusalemme non piacque – ed è stato l’Occidente a fare in modo che ad una pedina fosse dato molto e ad un’altra poco. Lo dirò più chiaramente: per quanto mi riguarda non c’è alcun peccato originale relato alla nascita di Israele.
    Minacce e ricatti affinchè la 181 passasse non possono essere scissi dai rispettivi punti interrogativi; ma sta di fatto che tra la seconda e la terza votazione alcune nazioni cambiarono opinione sul piano, guarda caso quelle su cui gli USA avevano più possibilità di esercitare pressioni (vedi Francia).
    Ritengo eloquente l’astensione britannica solo perchè gli inglesi avevano ben chiara la problematicità di un qualunque piano di partizione; in particolare di un piano fatto male (malissimo: per esempio nessuno dei due stati aveva contiguità territoriale).

    Per quanto riguarda Taba e Camp David, ti rimando nuovamente ad una ricostruzione dettagliata di Limes; nell’articolo si cercano le ragioni dietro al fallimento del processo di pace, e viene fornita una ricostruzione degli eventi a partire da memoriali di ambo le parti; sempre da Limes sono tratte queste cartine: Camp David e Taba. Quello che mi premeva sottolineare è che, così come nel caso della non accettazione del piano di partizione, anche qui i palestinesi non avevano tutti i torti.

  9. “Il boicottaggio è quello che chiede di dire a questi scrittori di starsene a casa, perché propaganderebbero un’idea”
    Devo dire che io non ci ho letto questo, ci ho letto invece un attacco all’ipocrisia di certi scrittori che in Europa si presentano come “pacifisti” mentre sono bellicisti o ambigui a casa loro. Il discorso è sull’accoglienza che viene loro tributata in quanto “difensori della pace”, ho sentito io una volta un amico sostenere, convintissimo, che Yehoshua fosse contro il muro quando ne è stato uno dei più ardenti sostenitori! Niente nel pezzo mi ha dato un’impressione di “destra sociale”, sarà questione di sensibilità, per esempio a me il tuo pezzo sembra poco chiaro e infelice come tu giudichi infelice quello linkato nei commenti, comunque sotto l’articolo di Wu Ming e nel resto della pagina c’erano delle segnalazioni e degli elementi di contesto che, in pochi secondi, potevano farti capire che non era il caso di spendere a gratis, come tanti fanno, la parola “fascista”. Comunque, mi sorprende abbastanza che tu non conosca Wu Ming e non li abbia mai sentiti nominare, è come dire che non entri in una libreria italiana da una decina d’anni, non ti è mai caduto l’occhio su una classifica dei libri e non hai mai visitato nemmeno una volta un sito come Carmilla. Cosa che è possibile, però mi suona un poco strana, tutto qui.

  10. Beh, ti devo chiedere scusa, perché effettivamente ti ho sovrapposto lo stesso pregiudizio che censuro e nel quale mi sono imbattuto più volte, sia da una parte che dall’altra, di essere – appunto – solo da una parte. Viene automatico, ed è una lezione da cui devo guardarmi.

    Credo che sulla 181 la pensiamo abbastanza allo stesso modo, era squilibrata, e questo squilibrio era fondato su convenzioni da sempre utilizzate in questi ambiti.
    Tuttavia proprio a partire dai retroscena, e dai memoriali, io continuo a considerare Camp David + Taba un’enorme occasione persa da Arafat (forse L’Occasione), che appunto avava paura di “fare la fine di Sadat” e ai complimenti del quale Clinton rispose “non sono una persona stimabile come dice: sono un fallimento, e lo sono per colpa sua”.

  11. Caro Giovanni,
    direi che l’esordio del mio primo intervento era tutto meno che elgante; quindi forse quello che deve scusarsi sono proprio io.
    Non starò a giustificarmi dicendo che ho scritto d’impulso – guai a giustificare gli impulsi! e specie in questa sede di discussione!
    Quello che per me è uno dei punti cruciali della vicenda arabo-israeliana è considerare come le parti terze siano state corresponsabili della sciagura, grosso modo quanto i due attori principali.
    Certo, non arrivo a sostenere che la 181 sia stata la causa unica della guerra civile del 47-48, e della conseguente guerra arabo-israeliana del 48-49; sarebbe una mistificante forzatura: le tensioni preesistevano, anzi probabilmente avevano raggiunto una loro criticità sin dalle prime fasi del Mandato.
    Purtuttavia non si può non sottolineare come l’ONU – che aveva appena preso il testimone dalla Società delle Nazioni per implementare la pace nel mondo, per permettere una pacifica risoluzione delle tensioni e dei conflitti – al suo primo compito degno di questo nome abbia combinato un pasticcio epocale; per giunta calpestando uno dopo l’altro proprio quegli stessi principi, ancora fresci di vernice, che si voleva porre a fondamento dei rapporti tra i soggetti internazionali (il principio di autodeterminazione nel caso della 181; ma poco più in là anche il principio dell’impossibilità di acquisizione di territorio con le armi – che ritornerà in scena solo venti anni dopo).
    Non è possibile credere che dei navigati diplomatici – dei professionisti della politica, per dirla a la belusconienne – non fossero in grado di riconoscere quanto abusiva e problematica fosse quella partizione.
    Così come non è credibile che la discrepanza tra le versioni inglese e francese della 242 sia colpa di uno sbadato traduttore – e stiamo parlando del documento su cui si è basato tutto il processo di pace, dagli anni 70 alla roadmap.
    Insomma, nel mentre arabi ed israeliani si rimpallano colpe e responsabilità di questo o quell’altro (curioso, per esempio, il dibattito sulla natura, aggressiva o difensiva, della guerra del 67), si tende a passare sotto silenzio che la comunità internazionale ha costantemente agito sulla malattia come la proverbiale medicina sbagliata, che invece di alleviare aggrava – e non di poco – le condizioni del paziente.
    Insomma la mia sensazione è che la vera “tigre di carta” sia proprio l’ONU, ed a seguire le organizzazioni internazionali ed il consesso degli stati.
    Dubito che tutto

    Conoscevo la frase di Clinton! ma a mio parere ce n’è una ancora più inquietante (non ricordo di chi) che recita più o meno così: le leadership palestinesi non hanno mai perso un’occasione di perdere un’occasione.

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