Riepilogo delle ultime 48 ore

Per chi non avesse avuto modo di seguire queste ultime quarantotto ore.

VENERDI

Ieri è stata la prima giornata da una settimana a questa parte nella quale non c’è stata alcuna manifestazione di rilievo, a parte gli “Allahu Akbar” gridati dai tetti, ogni notte, al calare dei buio e fino al mattino: la giornata era  monopolizzata dal discorso di Khamenei del venerdì.

Né Rafsanjani (capo del Consiglio degli Esperti, ed ex-presidente) né Moussavi (leader dell’opposizione e primo ministro), né Khatami (anch’egli ex-presidente) hanno presenziato alla preghiera del venerdì di della Guida Suprema Khamenei. Questo è uno smacco evidente, e certifica una spaccatura che s’era intravista già a urne appena chiuse. Se il legame fra Khatami e Moussavi è noto, essendo entrambi esponenti di una linea riformista, o quantomeno più pragmatica – oltreché amici personali – la posizione di Rafsanjani è sempre stata considerata una via di mezzo nello scontro fra riformisti e conservatori. La posizione di Rafsanjani è molto importante perché è considerato uno degli uomini più potenti d’Iran nonché ricchissimo, oltre che il capo dell’istituzione che – almeno in teoria – potrebbe sostituire la Guida Suprema.

Il discorso di Khamenei è stato ancor più duro di quello che ci s’aspettasse, non ha cercato di confermare la validità del voto investendosi dell’imparzialità datagli dalla carica di Guida Suprema, ma è sceso chiaramente in campo a favore di Ahmadinejad addirittura offuscando quest’ultimo. C’è chi dice che sia stata una mossa sbagliata, non lasciare a Ahmadinejad il lavoro sporco. Khamenei ha vietato chiaramente qualunque manifestazione per l’indomani – ne erano state organizzate 3 – minacciando chiaramente Moussavi: l’opposizione sarà responsabile di qualunque violenza che dovesse scaturire dalla risposta a manifestazioni non autorizzate. Un messaggio chiarissimo sia a Moussavi che a suoi sostenitori. Il messaggio è stato riecheggiato dal capo della polizia che ha detto molto chiaramente che, sebbene nei giorni precedenti fossero state tollerate le manifestazioni, oggi non ci sarebbe stata clemenza – in altre parole: se scendete in strada ve la vedete brutta.

Difatti fin da ieri sera, e poi per tutta la mattina, si sono scambiati su internet i messaggi più disperati: come la commovente lettera che ho pubblicato ieri notte, e varie altre indicazioni su come comportarsi. Su internet la parola d’ordine era filmare tutto il possibile, e ogni violenza commessa dalle milizie Basij. C’era chi aggiungeva il vigoroso consiglio di gettare la propria SIM appena dopo aver inviato i video, perché con quella si poteva essere rintracciabili.

SABATO

Le manifestazioni programmate erano tre, la televisione di stato iraniana ha comunicato la cancellazione di tutte e tre da parte degli organizzatori. Era impossibile discernere le notizie vere da quelle di propaganda perché le autorità iraniane avevano vietato a tutti i media stranieri di uscire dai proprî ufficî: è chiaro che volessero tentare di cancellare completamente l’informazione delle violenze che sarebbero state perpetrate.

Poco prima delle attese manifestazioni una bomba è scoppiata al mausoleo di Khomeini: la prima impressione di tutti era che fosse una mossa del governo per cercare di screditare i manifestanti, anche perché non c’era alcuna immagine dell’accaduto. Sono poi giunte prudenti conferme, via internet, di qualcosa di simile: certamente non sono stati i manifestanti, il Masuoleo di Khomeini è lontanissimo dal tracciato che avrebbe dovuto percorrere la manifestazione da Piazza della Rivoluzione a Piazza della Libertà (bella anche la coincidenza simbolica, si direbbe che ci stiano mettendo trent’anni a coprire quel percorso). Non è detto, però, che sia stato il governo, anche perché sulla televisione di stato non c’è stata alcuna accusa chiara nei confronti di Muossavi o dei manifestanti. È possibile che si tratti di qualche terzo elemento in gioco, come Mujahiddin contrari al governo ma non legati all’Onda verde o gruppi terroristi del Belucistan – non nuovi a questo tipo di attacchi – che vogliono approfittare della confusione causata dalle manifestazioni a proprio vantaggio. Più avanti con le ore è sembrata sempre più probabile la pista dell’attentatore suicida, anche per un paio di testimoni oculari. Se è stato il governo, in ogni caso, è stata una mossa decisamente abborracciata: lo stesso Moussavi qualche giorno fa aveva detto che se non gli fosse permesso di esprimersi, si sarebbe rifiugiato nel mausoleo di Khomeini: un gesto fortemente simbolico, una sorta di Aventino iraniano.

La strategia delle milizie Basij e della Guardia rivoluzionaria è stata quella di non permettere ai manifestanti di raggiungere i luoghi delle manifestazioni, e di attaccare le frotte di persone che volevano convergere in quella direzione, con violenza inaudita. Qualunque assembramento di persone veniva disperso nella maniera più brutale. Da internet si avevano notizie, le uniche possibili visto il divieto imposto dal governo, delle maniere utilizzate: chiunque, anche non facente parte di cortei, avesse un telefonino in mano veniva sprangato, o peggio bastonato con tanto di elettricità. Chi si affacciava alla finestra, anche solo per guardare ciò che succedeva, si trovava la finestra mandata in frantumi dai miliziani. Un avvertimento chiaro. In qualche caso della gente non riconoscibile, quindi senza alcuna simbologia politica riconoscibile, niente nastri verdi, immagini di Moussavi, o cartelli era riuscita ad aggirare la sicurezza, e a riunirsi in alcuni luoghi della città: quando ciò accadeva arrivavano gli elicotteri dell’esrcito e versavano dell’acido, si è parlato di acqua bollente mischiata a qualche agente chimico ustionante, sui manifestanti.

Gli ospedali non ricevevano i feriti, o se li ricevevano consegnavano i nomi alle milizie: in alcuni casi la trappola era ancora più efferata, le milizie Bansij montavano sulle ambulanze e uccidevano a freddo. Si è sparsa la voce che alcune ambasciate europee, e quella dell’Australia stavano offrendo ai manifestanti il ricovero che veniva loro negato dagli ospedali. È nato un tam-tam su internet perché si cercasse di contattare i propri rappresentanti diplomatici, che aprissero le proprie ambasciate per curare i feriti.

E Moussavi? Prima del messaggio serale, che è stato molto prudente, c’erano state delle dichiarazioni di fuoco: ha parlato di essere pronto a morire, di aver fatto le abluzioni rituali antecedenti il martirio, e ha chiesto uno sciopero generale ininterrotto qualora fosse arrestato.

La giornata si è conclusa con un bilancio di, a ora, 19 vittime accertate – altre fonti parlano di 150 – ma potrebbero essere molte di più, perché la copertura dei media è nulla. Su internet sono finite le immagini più terribili, anche quelle dei morti (attenzione, immagini crudissime). Almeno a Teheran le notizie sembrano essere circolate, il governo vorrebbe evitare di diventare agli occhi di tutta la popolazione quello che nei fatti è: una tirannia senza scrupoli.

Questa notte, cosa mai successa prima d’ora, dai tetti stanno non stanno gridando soltanto “Allahu Akbar”, ma anche “morte a chi ha ucciso mio fratello”, “morte a Khamenei”.

7 Replies to “Riepilogo delle ultime 48 ore”

  1. Pingback: SoleLuna
  2. Chissà, ci sarà chi entrerà anche in qualche chiesa per rifugiarsi, per salvarsi… può darsi che possa trovare ugualmente la morte… sarà fatto passare anche stavolta come genicidio da parte dei cristiani…?!!!

  3. Alberto ha scritto:

    perchè in Italia, in USA e in altri paesi civili non sono ancora partite delle manifestazioni pacifiste?

    In tutte le città del mondo dove c’è una piccola comunità persiana ci sono state per tutto ieri, NY, Los Angeles, Sidney, Amburgo, Parigi.

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