Una volta dovrò raccontare approfonditamente dell’anno in cui feci l’abbonamento alla Fiorentina, da Roma, e andavo tutti i week-end a Firenze (uno sì e uno no), per vedere la partita. Avevo 17 anni e fu l’anno in cui la Fiorentina di Trapattoni rischiò di vincere lo scudetto, restando in cima alla classifica per due terzi del campionato: poi Batistuta si infortunò, ed Edmundo andò al Carnevale.
Fu anche l’anno in cui la Fiorentina, in casa, era imbattibile e vinse le prime undici partite (poi, nella storiografica calcistica Batigol s’infortunò, sennò avremmo vinto lo scudetto, altroché). Alla fine, nonostante le sciagure finali, il ruolino di marcia casalingo fu di 13 vittorie, 4 pareggi, 0 sconfitte – tutte partite a cui fui presente – la Fiorentina non faceva così bene al “Franchi” dal ’59.
Ovviamente il merito era mio. Che ero lì. E non solo per la “mera” presenza (che costituiva già capitale importanza nei successi della Viola), ma anche perché ogni domenica mi impegnavo per lei. Prendevo il treno all’andata e al ritorno, ma soprattutto sbagliavo piano. Nella prima partita che mi aveva visto spettatore la Fiorentina aveva vinto al 92° minuto. E io, in ascensore con mio zio, avevo sbagliato piano. Andava da sé che tutte le domeniche successive dovessi – apposta – ripetere l’operazione. Premere il primo piano, aprire la porta, e poi – finalmente – premere il piano terra. E infatti la Fiorentina continuava a vincere. Il calcio funziona così.
Da quel tempo ho maturato un approccio più paraculo e più sano al calcio. Serve per prendere in giro gli amici e farsi prendere in giro (che è il senso vero del calcio), serve per scegliere l‘abbigliamento adatto alle cerimonie e serve per socializzare in qualunque parte del mondo tu vada, dalla Palestina al Burkina Faso (Zambrotta! Del Piero! [brrr]).
Io me la godo abbastanza perché, come dicevo, ho trovato la mia misura paracula di nazionalpopolarità: se la Fiorentina vince sono contento per tutta la giornata, di domenica. Faccio le cose di buon uomore, e le faccio meglio. Se invece la Fiorentina perde «beh, è solo un gioco». Potrò mai arrabbiarmi per una partita di calcio? Però quando vince son contento davvero, mica scherzo!
Quando ne ho l’occasione, però – un paio di volte l’anno vivendo lontano dalla mia squadra (ho elaborato una teoria per la quale è lei a vivere lontano da me) – vado allo stadio. E lo faccio con gusto. È l’unico posto al mondo dove c’è una vera intersezione sociale, e dove il ricco il povero, il terrone e il negro, il frocio e l’impiegato, il meccanico e il vegetariano si abbracciano senza conoscersi, e per qualche attimo – davvero – si vogliono bene.
Bene. Se siete arrivati fin qui, potete fare un passo avanti, e andare a leggere le stesse considerazioni, e altre storie, raccontate dal prof Silei.
(grazie a Andrea)
Quell’anno lì avremmo vinto sicuramente lo scudetto se Batigol non si infortunava, che Edmundo lo sapevamo che sarebbe andato al carnevale, che quello di Viareggio non gli garbava. Però ho imparato ad accontentarmi di poco e quindi già essere stati campioni d’inverno per me era una soddisfazione infinita.
e infatti, giusto campioni d’inverno dovete accontentarvi
In realtà la fiorentina perse la testa della classifica dopo la sconfitta a Roma con la Lazio, penultima di andata, 2-0 Vieri e Salas
nono Elgranma non facciamo disinformazione, la Fiorentina quell’anno lì fu campione d’inverno (anno 98-99) sono sicuro di non sbagliarmi e poi mi conferma la cosa pure wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A_1998-1999 tzè mica mi vorrei togliere una delle poche gioie del mio tifo calcistico?
@ Elgranma:
No, difatti, come diceva Ciocci: ero allo stadio – a Roma – la Fiorentina era davanti di sei punti e andò a 3.
Dopo la partita e gli sfottò dei laziali, sul maxischermo dell’Olimpico comparve la classifica, e dal settore ospiti cominciò il coro “Serie B! Serie B! Serie B!”, in quel momento mi resi conto che c’era qualcosa che non andava e che forse lo scudetto no l’avremmo vinto.
Giovanni Fontana scrive::
Possibile, più che possibile
Per vincere (a parte chi bara) si deve essere concentrati sulla vittoria e basta.
Se ci si concentra sugli altri, anche solo per tifare contro, si sprecano energie…
Sì, ma domenica scorsa dovevamo vincere noi 🙂
piacevolissimo post. Sono una lettrice silenziosa da qualche mese, ma è giunto il momento di dirti che la lettura del tuo blog è una delle pause più interessanti e distensive della giornata lavorativa 😉
Cla*
@ 月亮花:
Uh, grazie. E sii meno silenziosa, se ne hai voglia.