E così sembra che la Francia andrà ad approvare una legge che vieta il Burqa e il Niqab. L’uniforme dei militanti sessuofobi e sessuomani “offende i valori nazionali”. Non è un divieto assoluto, ma qualcosa di più simile a un’obiezione di coscienza: sarà vietato indossare la gabbia di stoffa nei locali pubblici, nei mezzi pubblici, eccetera. Non sarà vietato per strada, sembra, perché la Francia è un paese libero, solamente – sembra – “a casa mia non si fanno queste cose”, come ciascuno di noi, magari, non vorrebbe far entrare in casa una persona che indossa una svastica.
La Francia, come altre volte, si dimostra uno Stato. Uno Stato civile nelle fibre, e che afferma fortemente delle idee. Questa è la laicità, nel senso più pieno e genuino del termine. Laicità vuoldire scegliere, non essere imparziali.
Eppure percepisco sempre un sinuoso turbamento per misure come queste, perché essere così tanto “Stato” finisce per incidere la libertà delle persone: come in altri casi, come sulla negazione dell’Olocausto o del Genocidio degli Armeni (entrambi reati d’opinione puniti per legge in Francia).
Io sono un integralista del primo emendamento, e non (solo) perché consideri la libertà sacra, ma perché trovo che la libertà di espressione di certe posizioni contribuisca a screditarle – in un ambiente dove c’è una vera competizione di idee. Penso sia giusto difendere il diritto dei nazisti a dire le loro indegnità, quanto è giusto che io abbia il diritto – anzi, il dovere morale – di dileggiarle. Se viviamo in un mondo in cui nessuno sostiene (più) che le streghe volino sulle scope non è perché abbiamo messo una legge per vietarlo, ma perché abbiamo costruito una società consapevole che è ridicolo pensarlo.
Trovo quindi la motivazione di questa legge orribile. Ciò che “offende i valori nazionali” non deve essere vietato per legge. Ci sono mille cose che offendono me: chi sostiene lo stalinismo, chi dice (o pensa) che sono un cretino, e chi si mette il fondotinta. Però queste offese me le tengo. Come si dice a Roma: se m’incazzo, mi scazzo. Perché altrimenti da qui a stabilire che l’affermazione della legittimità di un’offesa sia appannaggio del destinatario è un passo breve: e così finiamo con le ambasciate date alle fiamme per delle vignette su un uomo vissuto mille e cinquecento anni fa.
Per questa ragione non ho un’alta opinione dell’obiezione di coscienza. Lo trovo – in genere – un espediente: una piccineria, boriosa e al tempo stesso connivente. L’importante non è cosa succede nel mondo – si legge in quel principio – ma quello che faccio io, che la mia coscienza rimanga pulita. Per questo parlai, una volta, di sopravvalutazione della coscienza di ciascuno.
***
Sono dunque contrario a questa legge? Non lo so.
Innanzitutto credo che bisogni partire da due presupposti: 1) le motivazioni di questo disegno di legge sono orribili 2) Il Burqa è male.
Il primo punto credo di averlo argomentato a sufficienza fino a ora. Sul secondo c’è poco da aggiungere: chiunque pensi che esistano, in qualche parte del mondo, delle persone che – geneticamente (e quindi non è un concetto inoculato loro) – nascono con la concezione che il corpo nel quale sono nate è uno strumento di peccato è precisamente un razzista. Chiunque consideri giusto che il controllo sessuale dell’uomo sia situato sul corpo della donna, come per la ragazza stuprata perché va in giro in minigonna, è un fascista.
Dunque, per capire meglio come la penso, mi faccio delle domande.
Qual è il pericolo?
Sicuramente quello della ghettizzazione. È molto probabile che una parte, una buona parte, delle donne che ora vanno in giro con il Burqa subirebbero divieti ancora più stringenti da parte dei loro mahram (mariti, fratelli, zii, cognati che le hanno in “gestione”). E non è per nulla facile identificare questi veri e proprî rapimenti, anche perché queste donne – spesso – in Europa hanno solo la famiglia, che è quella che le reclude.
A chi giova?
Sicuramente la cosa più importante non è il fatto in sé, non è quella manciata di donne che – non potendo mettere il Burqa o il Niqab – usciranno un poco più scoperte, bensì il messaggio che si manda. I messaggi sono importantissimi e significativi, e sono sempre troppo sottovalutati. In questo momento, in ogni parte del mondo, ci sono delle persone che stanno combattendo la loro battaglia contro il burqa, una battaglia con sé stesse e con i loro maschi-padroni. Sapere che c’è qualcuno che sta dalla parte giusta è fontamentale, e infonde forza. Tutte coloro che ne sono uscite non smettono mai di raccontare quanto sono importanti questi segnali, così come non smettono mai di rimproverare gli atteggiamenti troppo accomodanti su cui ogni tanto ci impigriamo.
Ci sono altre ragioni per essere contrarî a questa legge?
A parte la questione della libertà e quella della ghettizzazione, con tutti i suoi rivoli, direi di no: soprattutto bisogna guardarsi dai Tariq Ramadan. Quelli che così-non-si-favorisce-il-dialogo-con-l’Islam ma che al tempo stesso l’Islam non è questo. Delle due l’una: se l’Islam è questo – il Burqa e la segregazione – non c’è nessun dialogo da fare ma solamente un’ideologia da sconfiggere. Se, invece, l’Islam non è questo – come spesso sentiamo dire – allora non c’è nessuna ragione per cui l’ostilità al Burqa dovrebbe sfavorire il dialogo.
Mi sono chiarito le idee? Mica tanto. Mi sembra di essere in disaccordo con gli uni e in disaccordo con gli altri.
Voi che ne pensate?
Ciao!
Non sono d’accordo. Ci sono alcune questioni di fondo che vanno messe in luce.
1: il costume che copre totalmente il corpo della donna non è una prescrizione dell’Islam, ma una interpretazione che alcune correnti e culture le danno.
2: la legge – se non sbaglio – aveva inizialmente lo scopo di vietare che impiegati pubblici lavorino a volto coperto e si rendano irriconoscibili.
Mentre il punto 1 è accademia, il punto 2 ha in effetti un senso: poiché (penso anche in Francia) gli impiegati pubblici hanno il dovere di essere identificabili nell’esercizio delle loro funzioni, questa legge si limiterebbe a regolare un caso particolare, adattandosi ai tempi che cambiano.
Se invece la legge verrà , come verrà , usata per fini politici ed ideologici, allora è sbagliata.
È sbagliata perché introduce un principio errato: che lo Stato possa limitare o impedire un’attività che non lede i diritti altrui. Nel momento in cui si pianta questo primo paletto legale/ideologico, possiamo aspettarci che in futuro lo Stato inizi a vietare altre attività che non limitino i diritti altrui. Il che significa che si è d’accordo con il limitare la libertà individuale.
In ogni caso il concetto espresso nel tuo post è questo: poiché il burqa viene imposto dai maschi, vietiamo il burqa.
Non direi.
Nessuno ci dice se quella donna che vediamo in strada col burqa lo fa per scelta o per costrizione. Se lo fa per scelta, poiché non limita i diritti altrui, noi non dobbiamo fare niente. Se lo fa per costrizione, la questione si sposta sulla costrizione, non sul burqa.
Poiché, in linea di principio, nessun può costringere nessun altro a fare qualcosa contro la propria volontà , non importa che si parli di burqa, di alcol, di matrimonio o di playstation, bisognerà eventualmente punire il fatto di costringere, non il fatto di indossare.
Questa legge – se è vero quello che riportano i giornali – avrà due conseguenze: la prima, di non aiutare in niente le donne che vengono costrette in qualunque modo a fare qualunque cosa.
La seconda, di stabilire il principio secondo cui lo Stato può limitare la libertà del singolo anche quando non lede la libertà altrui.
La solita legge inutile e pericolosa, con la quale si pensa di fare del bene, mentre si attaccano deliberatamente delle minoranze senza peso elettorale e i diritti individuali.
L’argomento secondo cui vieto in Francia una pratica per combatterla in Afghanistan, è del tutto inconsistente. Una legge del genere ci avvicina alla legislazione talebana, anziché distanziarci.
Perché se oggi la differenza tra la Francia e l’Afghanistan è che qui i diritti individuali sono inviolabili sinché non ledono i diritti altrui, con questa legge stabiliamo che anche qui lo Stato deve decidere del modo in cui le donne si vestono per strada. Che è appunto ciò che succede in Afghanistan. Facciamo un passo indietro proprio relativamente a una di quelle cose che noi stessi riteniamo migliori nella nostra società .
Devo averlo già scritto, mi ripeto.
L’obiettivo è giusto (rendere le donne libere dall’*obbligo* del burqa), il mezzo sbagliato.
Perché basta una *sola* donna che *liberamente* veste il burqa che il rimedio è peggiore del danno.
(Ricordiamo che in occidente certi usi possono avere un significato simbolico, di attaccamento a tradizioni o usi della propria terra, non un obbligo.)
Se si vuole raggiungere l’obiettivo bisogna che tutti gli oppressi (non solo le donne col burqa) possano liberarsi dagli oppressori. Come? Iter burocratici agevolati e sostegno economico (e aggiungerei educazione “civica” nelle scuole) per gli oppressi.
Estremizzo per spiegarmi: se tutte le donne sanno che basta una telefonata per mandare in galera il proprio marito aguzzino che la obbliga al burqa, il marito, forse, sarà più comprensivo sulle scelte di abbigliamento femminile.
ciao
nicola.
burqa si burqa no….. a me non piace preferisco le donne col il velo, il chador, pero’ vietare x legge un indumento non mi sembra molto democratico……
@ Tommy:
Grazie del contributo.
Molte delle cose che scrivi le condivido, ma mi sembra anche che ne trascuri altre:
Tommy scrive::
Trovi che sia del tutto trascurabile quale siano i contenuti dei divieti? Non è il principio delle cose a renderle più “talebane”, ma la sostanza. Altrimenti qualunque divieto, anche un divieto di sosta, ci avvicinerebbe al regime talebano che era fatto di tanti divieti.
Fa una differenza, invece, una misura che impone il sopruso su di una donna, da quello che vieta il sopruso su di essa (per quanto gli effetti siano poi controversi)
Poi quando dici:
Tommy scrive::
Cosa ti dà questa certezza?
Mi sembra, tuttavia, che ci sia un problema di fondo che dobbiamo affrontare prima.
Pensi anche tu che un mondo senza donne con il Burqa (che lo facciano perché costrette o perché indottrinate da bambine) sia un mondo migliore, e un mondo in cui le donne contribuiscono maggiormente alla felicità del maggior numero di persone?
Se la risposta è sì, se sappiamo entrambi che il fine è quello, allora poi decidiamo quale sia il mezzo migliore per ottenerlo, ed è effettivamente più che plausibile che leggi come queste non lo siano.
Ma la risposta è sì?
nicola scrive::
Accidenti. Perché?
Tommy scrive::
Benissimo. Allora io posso girare per strada con sei negri al guinzaglio. Nessuno ti dice se quei negri lo fanno per scelta o per costrizione.
nicola scrive::
Appunto. Basta *un* solo negro che sia contento di girare al guinzaglio di un bianco perché il rimedio sia peggiore del male.
Giusto?
@ Tommy:
> che lo Stato possa limitare o impedire un’attività che non lede >i diritti altrui.
tecnicamente un burka, come un qualunque abbigliamento che impedisce il riconoscimento o cela potenziali armi, lede il mio diritto alla sicurezza in luoghi pubblici, che e’ pur fondamentale.
quella e’ la rationale per la norma, in quanto ogni altra cose di fatto sarebbero incostituzionale.
ed e’ una norma che ha senso: e.g prova a entrare in un aereoporto e passare la sicurezza senza toglierti scarpe, giacca etc. oppure prova a insistere a tenere un burka mentre ti stanno facendo le foto per la patente di guida (casi recenti in Florida).
anche i sistemi piu’ liberali pongono limiti alla liberta di espressione in funzione di costumi e standard locali (negli US vedi Miller vs State of California ed il relativo standard per “obscenity”). questo sembra un caso analogo. la liberta’ di religione religione non e’ esente da limiti as well, con eccezione relative ai diritti umani ed alla sicurezza personale.
per cui al di la di affermazioni piu’ o meno dubbie o di buon gusto come l’appello un po sciovinista ai valori nazionali, e’ di questo di cui si parla nel dibattito francese secondo me
Invito chi invoca una legge contro l’uso del Burqa da parte delle donne mussulmane sul presupposto che esso sarebbe contrario alle italiche tradizioni a guardarsi intorno e a spiegare la conformità alle italiche tradizione di piercings, tatuaggi, colorazione dei capelli fatta, non per imitare la natura, ma per colorarli come una tavolozza per poi pettinarli nelle foggie meno conformistiche oltre ad altre mode più o meno effimere.
Non conformi alle nostre tradizioni questi, non conformi alle nostre tradizioni quello.
Quindi non avrebbe senso, e risulterebbe odiosamente discriminatorio, proibire per legge l’uso del primo ma non i secondi.
Diverso e più serio sarebbe il caso se l’uso del Burqua venisse ritenuto pericoloso per l’ordine pubblico. Non più di discriminazione si tratterebbe bensì di oggettiva necessità .
Ma se l’uso del Burqua consente il travisamento, del pari lo consente l’uso del casco integrale, delle maschere e di ogni altro mezo diretto a rendere impossibile il riconoscimento di una persona.
Proibire tutto?
No.
Per non creare discriminazioni basterebbe limitare l’uso del Burqua introducendone il divieto uso in determinate circostanze, come avviene del resto per l’uso del casco.
A questo proposito, un bancario obiettò a queste mie osservazioni che egli, per cambiare un assegno, è tenuto a riconoscere il richiedente verificando la corrispondenza fra volto e documento di identità del richiedente l’operazione.
Giustificava, quantomeno in questo caso di sua competenza, la legge di divieto
Ma mi domando se per raggiungere questo scopo sia necessario scomodare il legislatore.
Il bancario potrebbe leggittimamente rispondere alla portatatrice di Burqua di non potere svolgere l’operazione richiesta per mancanza di riconoscimento del richiedente.
All’utente la scelta: permettere il riconoscimento o rinunciare all’operazione di banca richiesta.
Arriva il commento-mattone, ma Maccarone, m’hai provocato e io te distruggo 😉
Istintivamente, di fronte alla proibizione di adottare un certo comportamento, soprattutto se si tratta di un comportamento collegato a una pratica religiosa, mi scattano subito lo spirito di opposizione e di resistenza. Più che di un istinto si tratta in effetti di un riflesso condizionato, dato che appartengo io stesso ad un gruppo le cui pratiche religiose vengono guardate con sospetto e sono state (e sono tutt’ora) fonti di divieti se non di aggressioni. Poco più di un mese fa, per dire, a Chisinau, capitale della Moldavia, una congregazione ortodossa, guidata dal suo prete nazionalista, ha divelto la menorah che la locale comunità ebraica aveva posizionato in un luogo pubblico e l’ha simbolicamente gettata ai piedi della statua di un eroe nazionale moldavo. L’idea era, più o meno, che l’esposizione della menorah offendesse i valori nazionali moldavi. E che la moldavia debba essere casa solo per i moldavi ortodossi. Nessuno di coloro che hanno compiuto questo gesto (ampiamente documentato e visibile su youtube) è stato arrestato e le gerarchie ortodosse moldave hanno sostanzialmente detto che sì, è stato un episodio spiacevole, ma uno se lo poteva anche aspettare se esponeva gli oggetti di culto ebraici al pubblico. La menorah è un candelabro acceso durante una ricorrenza ebraica, per simboleggiare la vittoria della luce sulle tenebre. Offendeva i valori nazionali moldavi.
Ovviamente il paragone non è calzante, se non guardato da molto ma molto lontano per coglierne i tratti comuni che pure ci sono. Il punto è che interferire con le pratiche religiose, o tradizionali, o culturali altrui è una questione sempre molto delicata. E non solo per ignavia o malriposto e semplicistico indifferentismo culturale (tipo “le culture non sono nè buone nè cattive e ognuna merita di essere rispettata e preservata”), ma perchè toccando le convenzioni sociali si mettono le mani su uno degli aspetti più bestiali e primordiali dell’essere umano. L’essere umano ha bisogno di sentirsi nel branco e per far questo deve rispettarne i simobli di appartenenza. Lo sanno i tifosi che mettono le sciarpe della squadra, i cattolici osservanti che vanno a messa, gli scolari americani che cantano l’inno nazionale ecc.
Questa cosa dei branchi è fortissima, inevitabile (almeno fino a quando l’essere umano continuerà ad essere quello che noi conosciamo oggi), e portatrice allo stesso tempo di grandi benefici e di dolorosi conflitti.
Tanto per dirne una: il branco più grosso avrà sempre la tentazione di eliminare il branco più piccolo, per il semplice motivo che il branco più piccolo con la sua stessa esistenza è destabilizzante. La logica dice di no, che un 5% di stranieri, un 3% di ebrei, un 7% di musulmani non può materialmente comportare nessun rischio per la maggioranza, ma l’istinto del branco non segue la logica. E a ben guardare i cristiani erano, all’inizio, una sparuta minoranza.
Però ovviamente la questione non è così semplice e le variabili sono ancora tante e inestricabilmente interconnesse.
Ad esempio oltre al branco c’è comunque l’uomo, con la sua felicità e il suo dolore, che del branco fa parte ma nel branco non si annulla.
E allora, dopo queste considerazioni, ci si chiede: sarebbe giusto proibire per legge che si possa accendere un candelabro nella piazza davanti a un luogo di culto, che si possa portare in processione una statua della madonna o che (cosa successa neppure tanto tempo fa in Italia) si possa dare ai figli un nome straniero non conforme allo spririto nazionale? No, non sarebbe giusto.
E sarebbe giusto allora consentire, in ossequio alla libertà di tradizione o di culto, che vengano praticati sacrifici umani o la segregazione se questi sono perfettamente e diffusamente accettati all’interno di una data comunità minoritaria? Neppure questo sarebbe giusto. Perchè? Perchè sarebbe una violazione di quella cosa che a volte viene citata con leggerezza o a sproposito ma che è invece uno dei pochi scudi che tentano di proteggere i deboli: i diritti universabili e inalienabili dell’essere umano.
E il burqa?
Qui vado a sensazioni, perchè è una realtà che conosco poco.
Mi pare difficile che qualsiasi essere umano sia contento di andare in giro completamente coperto da un tessuto tipo fantasma. I motivi sono mille. Impedisce i movimenti, impedisce di utilizzare per comunicare la mimica facciale, fa caldo d’estate, è avvilente in cià che simbolizza ecc. Non mi pare però impossibile che una donna il cui branco impone fortemente come segno d’appartenenza l’uso del burqa preferisca utilizzarlo piuttosto che subire la riprovazione o essere allontanata.
Quindi se l’uso del Burqa deriva da una costrizione diretta (marito o padre o fratello che picchia, segrega o peggio la donna che si rifiuta) il problema non è il Burqa ma la costrizione. C’è sempre quella cosa che si chiama diritto inalienabile dell’essere umano. La soluzione non è proibire il Burqa ma dare alla donna gli strumenti culturali (informarla) e materiali (telefoni rosa, case d’accoglienza, supporto materiale e medico ecc.) per combattere la violenza di cui è vittima.
Ma se l’uso del Burqa deriva da un’adesisione della donna ad una consuetudine per quanto fortissimamente radicata nel suo contesto sociale, vietare il Burqa significa colpire direttaente lei che peraltro non faceva nulla di male se non a sè stessa. Nuovamente, proibire il Burqa non mi pare la soluzione. Come molti hanno già osservato, di fronte al divieto, la donna che indossa il Burqa non si sentirà spinta a liberarsene ma verrà doppiamente isolata (dalla sua cultura che le impone di privarsi di un corpo e dalla nostra che le impone di sparire dai luoghi pubblici anche come non-corpo) e doppiamente legata al suo branco che si rinsalderà sentendosi perseguitato.
Ancora una considerazione. Noi, di leggi che vietano comportamenti che non limitano i diritti altrui, ne abbiamo già da tempo. Secondo il nostro codice penale chi se ne va in giro per la strada completamente nudo è punito con la reclusoine da tre mesi a tre anni. Se lo fa nelle vicinanze di una scuola elementare la pena è aumentata. Non ne sono sicuro, ma ho la sensazione che la stessa cosa avvenga un po’ in ogni paese di quello che consideriamo il mondo progredito e liberale. C’è differenza con il divieto di indossare il Burqa? In effetti c’è ma è sottile. In questa visuale vietare il burqa sottintenderebbe che le usanze altrui, per il solo fatto di essere aliene, creino allarme sociale tanto quanto infrangere un codice di comportamento vecchio di millenni. Mentre invece una società vitale dovrebbe confrontarsi con le diversità e non le estrometterle a priori.
Altro aspetto: perchè dovremmo cercare di assecondare (e penso che sia giustissimo assecondarle) altre autolimitazioni (ad esempio dare la possibilità agli studenti ebrei o musulmani di avere nelle mense scolastiche pasti che rispettino i loro precetti alimentari) mentre dovremmo combatterne altre?
Il fatto è che secondo me il Burqa non offende proprio nessuno, e rende meno felici le persone che lo indossano. Quindi vietarlo, a prescindere dalle motivazioni, non mi pare una grande idea. L’unico risultato concreto mi pare quello di darsi, all’interno della società maggioritaria, una simbolica e poderosa pacca sulle spalle a vicenda dicendo “noi siamo noi, ma chi cazzo siete voi”
Il che non significa abdicare dall’esprimere qualsiasi opinione sul Burqa stesso.
Ma sencondo me non dovrebbe farlo lo Stato. Lo Stato dovrebbe consentire la massima libertà della persona. Liberà di espressione, libertà fisica e libertà di indossare il Burqa (ovviamente non libertà di picchiare la donna che non lo indossa, come è accaduto ed accade in certe parti del mondo).
La lotta al Burqa dovrebbe arrivare dalle opinioni, non dalle leggi proibitive. E dalle opinioni, dalla c.d. società civile ma non dallo Stato dovrebbe arrivare anche il sostegno alle donne che vivono il Burqa come costrizione ma non sanno come (o non possono ancora) liberarsene. Se, come pensiamo noi, come penso io, abolire il Burqa è positivo per il singolo e per la società , sarà questa l’idea che (in una specie di evoluzionismo delle idee) sopravviverà ed il Burqa verrà abbandonato. E sennò vorrà dire che avevano ragione loro.
Guido scrive::
Questo è un classico straw man argument.
Nessuno ha dato una motivazione così idiota (e, come fai notare, contraddittoria), in questa sede.
Sul tema invito a leggere questo post che scrissi qualche tempo fa:
http://www.distantisaluti.com/contro-il-burka-e-percio-contro-daniela-santanche/
@ Shylock scrive:
Beh, basta chiederlo ai sei negri. E’ molto probabile che loro non siano d’accordo, ma non è detto.
@ Guido:
infatti la proibizione di cui si parla in francia concerne il celare il volto in luoghi pubblici non garments religiosi. ie casco integrale con vetro affumicato incluso quindi…maschera di gomma con volto sarkozy as well. in Italia e’ gia’ vietato avere vetri fume sotto una certa trasparenza per motivi di sicurezza.e’ lo stesso divieto sotto certi punti di vista. mi pare di ricordare che proibizioni simili contro il “concealing” in luogo pubblico esistono gia’ in Italia, anche se non applicate (come tante altre cose).
a me pare si stia facendo un gran baccano per nulla.
http://edition.cnn.com/2010/WORLD/europe/01/26/france.burqa.ban/index.html
nessuno limita il celarsi il volto nelle private abitazioni, nei luoghi di culto etc. si parla di luoghi pubblici, scuole, ospedali, comuni durante la prestazione di servizi. mi sembra che le ragioni pragmatiche siano giustificate ampiamente.
penso la polemica sia piu’ nelle modalita’ con cui la commissione si e’ espressa che nella sostanza. infuocando l’innato vittimismo mussulmano (ok, quello e’ un pregiudizio, ma non tutti i pregiudizi sono senza merito).
@ luzmic:
Quindi secondo te qualcuno si è preso la briga di chiedere ad ogni inburqata se è contenta di esserlo? O dici che basta una liberatoria firmata e siamo a posto?
Quindi se un negro è contento di essere schiavo non dev’essere emancipato?
luzmic scrive::
Seguiamo il tuo ragionamento: se il negro non si lamenta, si vede che è contento così. Facciamo come dici tu: istituiamo un bel telefono nero e un ambulatorio per dare supporto medico nei casi di piaghe da cavigliera, e a posto così.
Lasciamo fare all’evoluzionismo delle idee: se la schiavitù sopravvive, si vede che aveva torto Lincoln.
in teoria il burq è comodo xche’ evita alle donne di truccarsi e vestirsi secondo la moda quindi con un notevole risparmio di tempo da parte degli uomini che aspettano sempre e cmq molti indumenti non sono comodi come il turbante o antiestetici come i rosari ma non x qst van vietati…. ci sono donne islamiche lo portano xche’ lo vogliono portare e altre che magari son costrette ma non è con una legge che le si aiuta anche xche’ spingerebbe solo alla segregazioni in casa
@ izzo:
Vedi sopra: non è con una legge che si aiutano i negri anche perché spingerebbe solo i padroni a tenerli segregati nelle piantagioni.
cmq legiferare facendo passare la legge come un divieto x il burqa non è proprio da linci della politica….bastava dire che bisogna aver l’obbligo di essere riconoscibili in luoghi pubblici senza nominare il burqa
ma poi se una delegazione di qlc paese arabo dovesse venire in Italia gli chiederanno alle donne di levarsi il niqab appena scese dall’aereo come ha provato a fare la santadiche il giorno delle celebrazioni x il ramadam….? io penso di no
Shylock scrive::
Su questo sono d’accordo.
Su questo no. Anche questo è uno straw man argument. O una reductio ad hitlerum. Non credo si possa paragonare la privazione di ogni libertà (compresa quella sulla propria vita e la propria morte) all’usanza (secondo me retrogada e negativa) di indossare il burqa. Se poi l’argomento vuole essere “la donna che è costretta a indossare il burqa è paragonabile a uno schiavo e il burqa non è che una manifestazione esteriore del suo stato di asservimento totale”, allora la questione è diversa. Però allora diciamolo. E comunque se così fosse, cosa facciamo delle donne (diciamo italiane bianche e cattoliche) picchiate fino quasi a restarci dai mariti (diciamo italiani bianchi e cattolici)? Vietiamo che escano da casa? Le liberiamo guidati dal generale Grant? Ovviamente sono paradossi, altrettanto sbagliati.
luzmic scrive::
Ti sembra sottile? A me non lo sembra per niente: per quanto sia sensato lottare contro il “comune senso del pudore”, che è una cosa ridicola, quello non è il fondamento di una discriminazione di genere.
Il significato, assolutamente incontestabile, del burqa è “le donne sono inferiori e possesso dell’uomo”.
luzmic scrive::
Posto che non trovo le autolimitazioni tutte della stessa stregua – il significato delle cose è importante – io non sono per nulla favorevole all’assecondamento di alcune limitazioni.
E trovo che qualunque persona ragionevole si renda conto che chiedere che non mettano maiale nella mensa perché me l’ha detto Maometto o Yavveh è come chiedere di non mettere l’insalata perché me l’ha dett Harry Potter.
luzmic scrive::
LOL. Ma pensi veramente che parlassi sul serio?
Ma pensi sul serio che vietare la schiavitù per legge sia sbagliato?
Infatti io lo dico. E’ izzo quello che ‘non chiamiamo le cose col loro nome che sennò fa brutto’.
No ma mandiamo i NOCS, se necessario.
Non è necessario l’esercito perché i loro mariti stronzi sono generalmente identificati dalla loro comunità per gli stronzi che sono: non trovano i parenti disposti a dargli man forte, né preti che gli danno ragione.
non c’è la certezza che le donne islamiche portino il burqa x costrizione….. x esempio i cattolici che si flagellano lo fanno x costrizione o x passione?
Giovanni Fontana scrive::
Itendevo che il divieto di indossare il Burqa per non offendere i valori nazionali non mi pare tanto diverso dal divieto di girare nudi perchè offende il senso del pudore. Il divieto nuovo pare a molti aberrante e il divieto vecchio pare ai più normale. Era per dare (e darmi) un elemento in più di riflessione. Tieni presente che quello che per noi è andare in giro nudi in altri anni sarebbe stato che una ragazza vada in giro in minigonna. E le differenze concettuali si assottigliano.
Può darsi, ma lo Stato non deve mettersi in mezzo. Se ci sono 10.000 fan di Harry Potter che si rifiutano di mangiare l’insalata perchè gliel’ha detto Harry Potter e se la cosa dura da generazioni e generazioni e non è una moda passeggera, lo Stato deve farsene carico e deve consentire a questi suoi cittadini di mangiare ripettando il precetto di Harry Potter. Non perchè l’ha detto Harry Potter o perchè quello che dice Harry Potter è giusto, ma perchè è un diritto di quei cittadini costituire un gruppo e sentire in ogni momento di farne parte (art. 2 della Costituzione:”La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia NELLE FORMAZIONI SOCIALI OVE SI SVOLGE LA SUA PERSONALITA'”). Se lo Stato dicesse “sono tutte stronzate, l’insalata fa bene, la carne di maiale c’ha le proteine e digiunare per un mese sballa il metabolismo e quindi da ora in poi mangiate tutti lidric cu lis fricis (Radicchio con i ciccioli, piatto friulano) e non rompete i coglioni” farebbe nè più nè meno dello Stato che dice “vi beccate tutti il crocifisso in classe perchè è un simbolo nazionale”. Non è questione di rispetto a Harry Potter ma a chi ci crede. Dopo di che se un privato vuole scrivere sugli autobus “Harry Potter non esiste e alla Rowling puzza il fiato” liberissimo di farlo (a parte che si becca una querela dalla Rowling).
Ma qui stiamo deviando. O forse no?
izzo scrive::
Questo non sempre, ma c’è certezza che lo facciano perché inculcato loro da bambine.
Oppure credi veramente che ci sia qualcuno che nasce con un copro, e pensa che quel corpo sia strumento del diavolo?
luzmic scrive::
Eh? Questa è grossa. Quindi se per una decina d’anni degli stregoni soppiantassero la medicina nell’opinione di molti, lo stato dovrebbe sovvenzionare la stregoneria e non dare più fondi alla ricerca medica?
Che il discrimine sia quanto una cosa sia una moda, e non quanto sia fondata su dei fatti provati, è la cancellazione di qualunque progresso civile.
luzmic scrive::
Assolutamente no. Se lo stato obbligasse qualcuno a mangiare il maiale farebbe male, ma non avrebbe nulla a che fare con l’attaccare il crocifisso. Ma se lo stato vietasse che qualcuno impedisca al figlio di nutrirsi con un alimento, che sia il maiale o l’insalata, per una sua idea non fondata su dei fatti, farebbe una cosa buona e giusta. Ti dico di più, in tutti gli ambiti dello scibile, tranne la religione, lo fa.
Giovanni Fontana scrive:
Mai detto nulla del genere. Semmai lo Stato dovrebbe sovvenzionare la stregoneria se la stregoneria si rivelasse più efficace della medicina per guarire le malattie.
Quello che ho detto è che lo Stato deve agevolare e non discriminare coloro che desiderano improntare il proprio stile di vita all’appartenenza a un gruppo. Non voglio mangiare maiale? Se nel menù della mensa scolastica mi metti solo pasta alla carbonara, wurstel con polenta e pizza al prosciutto, di fatto mi impedisci di godere di un servizio di cui invce gli altri godono. Mi costringi a portarmi il cibo da casa, o a saltare il pasto. Mi costringi a isolarmi dagli altri in un momento conviviale. Fai sì che gli altri guardino a me con sospetto perchè pensano che chissà cosa mangio. Di fatto crei gruppi separati. E se tu Stato lo fai perchè ritieni diseducativo assecondare alcune pratiche frutto di una visione antiscientifica e superstizionsa del mondo, sbagli doppiamente, perchè diventi uno Stato ideologico come lo Stato confessionale. A te Stato non deve interessare perchè non voglio mangiare maiale, ma solo che devi tutelare la persona umana, assecondare la formazione di gruppi e favorire la convivenza e la proficua collaborazione dei gruppi e degli individui nella comunità nazionale.
Il discrimine della moda è uno dei parametri per stabilire quanto lo Stato debba darsi da fare agevolare la vita delle formazioni sociali, perchè è ovvio che c’è una differenza (pratica) fra l’organizzare i servizi pubblici in modo da soddisfare le esigenze dei fan di Stephenie Meyer e organizzarli in modo da soddisfare le esigenze dei praticanti di una religione millenaria. Un altro discrimine è (sempre per motivi pratici) il numero di aderenti.
Non sto parlando di obbligare qualcuno ma dello Stato che commisura la propria attività alle idee di una parte soltanto della popolazione, facendo finta che la rimanente non esista (o non meriti di essere presa in considerazione). Sotto questo aspetto non vedo differenza fra i due esempi.
Davvero? Lo Stato impedisce ai genitori di impartire una fede calcistica ai figli? O vieta di buttare soldi nell’acquisto di biglietti della lotteria? O multa chi pubblica gli oroscopi?
Va bene sostenere un’idea, ma rimaniamo nel reale. Se io insegno a mio figlio che è male mangiare l’insalata, non gli procuro nessuna malattia nè menomazione nè problema fisico (lo dimostrano diversi miei amici sportivi di professione che davanti a un piatto d’insalata scappano a gambe levate perchè non la sopportano). In più gli dò un senso di appartenenza alla comunità dei fan di Harry Potter che è una cosa i cui effetti positivi non mi sono inventato io (tanto è vero che l’assemblea costituente l’ha messo nella legge fondamentale dello Stato). Quindi lo Stato che mi impedisce di farlo è repressivo, quello che mi ostacola nel farlo è ideologico (nel senso di cui parlavo prima). Ma insomma, c’è già stato o no chi ha bandito per legge le religioni? E non mi pare che questo abbia portato alla scomparsa delle religioni da quelle terre. Nè a un aumento della felicità della gente.
Tornando al Burqa; credo che il burqa pesi molto più drammaticamente nella vita delle persone rispetto alla limitazione dell’insalata, ma la soluzione non può essere vietarlo. La soluzione dev’essere rendere il più facile possibile liberarsene senza però penalizzare chi lo porta.
Shylock scrive::
Per fare come dice lui, oltre a istutuire il telefono nero e il supporto medico per le piaghe da cavigliera, devi andara dai neri schiavizzati a insegnargli nella loro lingua che in Francia hanno il diritto di ribellarsi, che lo stato sarà con loro e la polizia non li picchierà , mentre metterà in galera chi li ha schiavizzati. In secondo luogo prenderai uno o più ex schiavi e gli darai un grande spazio mediatico in modo che la loro esperienza possa diventare un esempio per tutti gli altri e possano creare un movimento di liberazione. Poi vedi sei tuoi sei neri al guinzaglio non ti caricano di mazzate…
“Sicuramente la cosa più importante non è il fatto in sé, non è quella manciata di donne che – non potendo mettere il Burqa o il Niqab – usciranno un poco più scoperte, bensì il messaggio che si manda” (citando il post di Giovanni): credo sia questo in nodo della questione…Un po’ come – mettendo nel calderone una cosa che forse c’entra poco – per le quote rosa: discutibili come principio, ma utili (direi quasi necessarie) “di fatto”.
@ luzmic:
Michele! Ti avevo scritto una risposta lunghissima che – da idiota completo – ho cancellato.
…facciamo che per stasera ci rinuncio!
@ Sergio:
No ma siete fan-ta-sti-ci (tu, luzmic&Co.).
A parte le fondamenta etiche – brrrr – dell’idea di NON vietare la schiavitù (no dico: la schiavitù; nel vnetunesimo secolo; oh, ma vi rendete conto? toc-toc: c’è nessuno -uno -uno -uno?), come pensi di andare a insegnargli i loro ‘diritti’, facendo irruzione casa per casa? placcando per strada chiunque indossi un burqa / guinzaglio e sottoponendolo a un corso rapido in stile Cura Ludovico?
E pensi che a chi vive chiusa in casa uscendone solo se scafandrata (meglio ancora se accompagnata) lascino il telefonino con cui chiamare il tuo bel numero salvifico?
E con che autorità manderai qualcuno in TV (ammesso che le scafandrate guardino i tuoi canali di Stato, o che TeleIdiotistan ti ceda graziosamente lo spazio per i tuoi spot) a denunciare una pratica che tu, Stato occidentale, di fatto hai legalizzato visto che ti rifiuti di vietarla?
Guarda che se una è inburqata e magari analfabeta non è detto che sia scema, ma del resto anche un bambino, tra un messaggio verbale e uno non verbale di significato contrastante, tra le tue chiacchiere libertarie e le tue pratiche condiscendenti con lo schiavismo, capirebbe al volo where you really stand.
Questa discussione mi pare avere diversi punti in comune con quella sulle quote rosa. Nessuno dei presenti considera una buona cosa il burqa,e fin qui tutto bene. La questione è se sia legittimo o meno l’intervento del legislatore per imporre/velocizzare un cambiamento culturale che tutti auspicano (anche se nel caso francese la faccenda mi pare più una questione pratica). Io continuo a pensare che la legge, in questo caso, sia la risposta a una domanda, con l’intenzione che questa domanda, prima possibile, non sia più necessario farla.
@ Giovanni Fontana:
@Shylock
1) Perché si può evitare.
2) Perché non dà il buon esempio. Sostituisce un integralismo con un altro.
La cosa più probabile che succederà con questa legge è che le donne non usciranno proprio di casa e/o non faranno nulla di quello che facevano prima. Non credo proprio che improvvisamente si ribelleranno al maschio di casa… Perché dovrebbero? Che sicurezze avrebbero di vincere la loro battaglia? Che esempio avrebbero di fronte? Altri integralismi, secondo me.
Comunque il principio, quando applicato alla giustizia, non crea problemi, di solito. Infatti si preferisce un probabile delinquente in giro, in attesa della fine del processo, che un probabile innocente in galera, sempre in attesa del processo. (Questo almeno in teoria, poi sappiamo che la pratica fa un po’ acqua…).
ciao
nicola.
Giovanni Fontana scrive::
Infatti io ho sottolineato il fatto che si vieta un’azione che non lede i diritti altrui. Poiché indossare il burqa non lede alcun diritto di terze parti, rientra pienamente nella libertà del singolo. Al contrario, vietare il burqa, soprattutto per ragioni morali come in questo caso, è perfettamente speculare all’obbligo di indossarlo imposto dai Talebani: il principio per cui il potere politico dispone a piacimento della libertà del singolo. Il che mina i principi giuridici che ci differenziano dalla legalità talebana.
Io penso che sarebbe un mondo migliore quello in cui – idealmente – ogni individuo possa esercitare la propria libertà (senza ledere i diritti altrui): che una donna voglia indossare il burqa o prostituirsi, non è mio compito giudicare.
Se invece qualcuno pensa che si possano evitare i limiti oggettivi che l’essere degli uomini comporta con l’imposizione di una legge, no non sono d’accordo: noi siamo sempre il prodotto di un ambiente esterno, che ci condiziona e ci plasma: la cultura di provenienza, le condizioni economiche, lo status sociale. Lo Stato non può, nel senso che non ha la capacità , di eliminare questi fattori oggettivi. È un’illusione. Al massimo, si può dedicare a permettere che i singoli possano esercitare la propria libertà : se una donna viene obbligata dal marito ad indossare il burqa, la donna deve poter denunziare il marito e la legge deve prevedere una punizione per il marito. O per il padre.
* * *
@ Giovanni Fontana:
Shylock scrive::
Benissimo. Allora io posso girare per strada con sei negri al guinzaglio. Nessuno ti dice se quei negri lo fanno per scelta o per costrizione.
A parte il ricorso ad un’astuzia retorica per cercare di aver ragione, in ogni caso no, se esco di casa e vedo delle persone al guinzaglio non posso sapere se sono costrette o no. Lo sai vero che ci sono persone che si eccitano ad essere portate al guinzaglio? Cerca, google is your friend 🙂
nicola scrive::
No. Quello che viene proposto qui è rinunciare a perseguire il reato (di fatto, legittimandolo) a meno che la vittima non lo denunci. Ovvero: tolleriamo il pizzo perché, se i commercianti non si ribellano, si vede che sono contenti di pagare.
Tommy scrive::
Per ricorrere ad astuzie retoriche occorrebbe essere astuti 😉
Io non ho detto ‘persone’, ho detto negri. Quindi non mi riferisco ad una scelta individuale di lifestyle, per quanto bizzarra e discutibile, bensì ad una condizione oggettiva, incontestabile e diffusa di discriminazione e sottomissione che colpisce alcune persone per il semplice fatto di essere femmine (o negri) ed appartenere (in senso letterale) ad una comunità di maschi (o bianchi).
Poi se tu preferisci non sapere, è un altro discorso.
Max scrive::
Vero: ma esistono già leggi a riguardo, che comunque sono applicate in maniera molto elastica. Io vivo in un Paese freddo e vado al lavoro in bici: d’inverno gironzolo felice con un passamontagna in testa oppure con un il berretto ben basso sugli occhi e la sciarpa alta sopra il naso. Sono irriconoscibile, ma naturalmente nessuno mi ha mai preso per un terrorista od un criminale.
No, il motivo è che i musulmani sono diventati il nemico pubblico. Se quello fosse il motivo, basterebbero le leggi già vigenti, o al massimo dei regolamenti attuativi ove necessario.
Vero, ma la legge obbliga ad essere riconoscibili per la foto della patente. Non importa i motivi per cui ci si vuole coprire il volto, non lo copri e basta. Anzi, in questo caso bisognerebbe cambiare la legge per permettere l’uso del burqa.
Se esiste un divieto al travisamento, non occorre una nuova legge. Se si fa una legge contro il burqa, è semplice discriminazione.
Io non l’ho intesa così. Queste sono leggi ideologiche e politiche, al pari di quella che vieta alle persone di indossare simboli religiosi a scuola, fazzoletto compreso.
@ Shylock:
Ok, quindi per te se uno è africano o è donna è sempre e comunque sfruttato. L’importante è avere certezze, nella vita.
@ Tommy:
No, distinguiamo i ruoli.
Io non ho certezze ma evidenze empiriche: un nero o una donna non sono diversi dagli altri se vengono trattati allo stesso modo degli altri, invece in certe comunità i negri vengono tenuti abitualmente in catene, quindi sono schiavi; in altre comunità , le femmine vengono tenute abitualmente imbacuccate, quindi sono sottomesse.
Tu invece sei quello che nega l’evidenza.
@ Shylock:
Quello che sto dicendo, magari non bene, magari con artifici retorici, è che tu NON sai se una donna con il burqa è costretta a portarlo o lo porta perché le piace. Soprattutto NON puoi generalizzare: non è che se ci sono 1000 donne schiavizzate col burqa, lo sarà anche la 1001-esima. L’obiettivo del nostro agire non può essere il burqa o il guinzaglio (inteso come oggetto), l’obiettivo deve essere la segregazione e la schiavitù. Spero che su questo concordi.
Inoltre io ho dato delle alternative (fallaci e imperfette, forse), NON ho detto che va tutto bene così com’è.
Mi sono espresso così male?
per me la legge è giusta in quanto la sua influenza è delimitata
@ nicola:
No, ti sei espresso benissimo.
Tu sei contro la schiavitù ma non contro le catene.
Contro la sottomissione delle donne ma non contro il burqa.
Contro la mafia ma non contro il pizzo: NON si può generalizzare, si sa mai che il commerciante dia i soldi mensilmente a don Ciccio perché gli sta simpatico.
L’argomento di Shylock (e non solo suo) ha un senso. Il punto è che probabilmente è vero che il burqa nel 99,999% dei casi non dipende da una bizzarra scelta stilistica di chi lo indossa ma è invece una manifestazione esteriore di una grave sottomissione imposta da una società repressiva.
Il corto circuito dipende da questo.
Però Shylock (e, forse, chi sostiene progetti di legge come quello da cui è partita questa discussione) semplifica un po’ troppo. La donna sottomessa è obbligata dai suoi oppressori a portare il burqa? Vietiamo di indossare il burqa. C’è qualcuno che sostiene che il divieto di indossare il burqa non solo non risolva il problema ma sia controproducente e volendo anche intrinsecamente sbagliato? E’ uno schiavista fiancheggiatore degli oppressori della donna. C’è un gruppo sociale in cui la sottomissione della donna ai voleri dell’uomo viene precepita come condizione di accettazione da parte del gruppo? Facciamo irruzione e arrestiamoli tutti.
Allora, se il problema è (come è) non il burqa in sè ma ciò che il burqa rappresenta e comporta, allora guardiamoci intorno e alle spalle. Noi facciamo parte di una società in cui per legge fino al 1975 (oh, si parla di trentacinque anni fa, non del medioevo o del mondo antico. Io per dire ero già nato) il padre era l’unico che poteva decidere dell’educazione dei figli, della gestione dei beni della famiglia, di dove la famiglia doveva stabilire la propria residenza. Sottrarsi alla patria potestà (cioè alla potestà del padre-marito) era reato. Anche per la moglie. E fino al 1968 era punita penalmente (fino a due anni di reclusione) la moglie adultera (mentre il marito era punito solo se aveva una concubina).
Ora ci siamo liberati da queste iniquità del passato, ma non l’abbiamo certo fatto vietando alle donne di uscire di casa con i capelli raccolti sotto un fazzoletto o penalizzando le mogli che volontariamente decidano di rimettersi alla volontà del marito. L’abbiamo fatto offrendo a tutti le stesse possibilità di informazione, istruzione, crescita, accesso ai servizi dello Stato e punendo (questo sì) chi attenta alla libertà fisica e morale altrui. E le leggi, per inciso, sono arrivate dopo (anche con un po’ di ritardo) che l’opinione pubblica era pronta a riceverle, e non prima perchè un governante illuminato aveva deciso cos’era meglio per le coscienze dei cittadini. La società cambiata aveva bisogno di nuove leggi.
Perchè quello che andava bene per noi non dovrebbe andare bene per altri?
Non voglio sembrare altisonante o pomposo, ma secondo me qui si applica il discorso di Obama, il cui succo era “nel perseguire i valori in cui crediamo non possiamo mai abdicare a ciò che siamo”. Ok, lui l’ha detto con riferimento all’naccettabilità della tortura anche se volta a ottenere informazioni ritenute utili per la sicurezza nazionale, ma il principio è lo stesso: se non è giusto vietare ai cattolici di indossare pubblicamente catenine con la croce e non è giusto vietare agli ebrei di indossare pubblicamente la kippà (papalina), non è neanche giusto vietare alle donne musulmane di indossare il burqa. Anche se lo fanno perchè da piccole hanno subito il lavaggio del cervello. Perchè così faremmo un torto a noi oltre che a loro.
Qui discutiamo del burqa perchè il burqa è l’oggetto del disegno di legge, e sembra che non volendolo vietare approviamo quello che sta dietro al burqa stesso. Il che ovviamente non è.
Ma in leggi del genere io con tutta la più buona volontà non riesco a vedere emancipazione ma solo contrapposizione di civiltà (per la serie: se vi sta bene così, vivete in mezzo a noi, sennò – come dice un politico non proprio illuminato – prendete i vostri cammelli e andele).
Ciao Shylock, ti lascio a te stesso. Mi raccomando, ogni volta che vedrai un negro al guinzaglio, liberalo!
A me capita almeno 3 volte al giorno, ma me ne frego perché probabilmente è solo una sua perversione sessuale.
Però potremmo fare una legge che vieta i guinzagli, che ne dici?
Giovanni Fontana scrive::
E sono sicuro che era una risposta bellissima 🙂
Maledetto Murphy!
@ Tommy:
Mannò. Vietare di tenere al guinzaglio degli esseri umani? Non sia mai.
luzmic scrive::
Se per te il 99virgola è una ‘semplificazione’, per me il restante 0,00000000virgola è una trascurabile variazione statistica, dovuta quasi esclusivamente (per chiamare le cose col loro nome) a delle occidentali rinnegate, stanche e annoiate della propria libertà e in cerca di emozioni forti: in questo l’accostamento al bondage che faceva Tommy ci sta.
Guarda che è esattamente quello che si fa in altri campi, come accennava Giovanni: ad esempio, in Italia le operazioni bancarie sopra una certa cifra sono soggette sistematicamente a controlli antimafia, anche se per fortuna il denaro mafioso in circolazione è meno del 99virgola per cento. Eppure nessuno protesta, men che meno si dice insopportabilmente ‘umiliato’, ‘discriminato’, vittima della ‘siculofobofia’.
Non esageriamo: diciamo che sei molto disponibile a spogliarti della dignità altrui 😉
Vedi, anche se inurbato da tempo, io in fondo sono rimasto un ragazzo di campagna: tra le chiacchiere e i fatti, io mi fido dei secondi. Se sento che dici una cosa ma poi vedo che ne fai un’altra, concludo che non credi nemmeno tu a quello che dici.
Contrariamente a quello che pensano Giovanni e il suo metrapansé Sofrino
http://luca-sofri.myblog.it/archive/2004/04/05/il-mondo-salvato-dai-predicatori-bene.html
chi predica bene e basta non è poi tanto migliore di chi razzola male.
cmq paragonare il burqa con la schiavitu’ è completamente sbagliato in quanto la schiavitu’ è un imposizione della societa’ mentre il burqa è nella sfera religosa che di razionale non ha niente….
luzmic scrive::
Ma anche no. Anzi, non se ne parla proprio: se ce lo siamo lasciati alle spalle, un motivo ci sarà . Se quarant’anni fa c’erano ancora delle leggi di merda, motivo in più per non introdurne di peggiori. Né sono responsabile io di quel che gli italiani facevano una volta. Se mio nonno ha combattuto in Libia, non è che devo baciare il culo a Gheddafi: non sono Berlusconi, io.
Visto che io sono il semplificatore, te lo spiego nel modo più semplice: se tu sei contro chi vuole vietare il burqa, non è che ‘sembra’, a tutti gli effetti pratici tu _sei_ a favore del burqa. Con tanti saluti a ‘quello che sta dietro’, ovviamente.
A volte si devono fare delle scelte, bisogna dire ‘sì’ o ‘no’: il terzismo si squalifica da solo, visto che in questa discussione, guardacaso, i terzisti danno tutti addosso a chi dice ‘no’.
izzo scrive::
Perché, nel decidere che i neri sono una razza inferiore che ‘razionalità ‘ ci sarebbe? A proposito di sfera religiosa:
“Cursed be Canaan; a servant of servants shall he be unto his brethren. And he said, Blessed be the LORD God of Shem; and Canaan shall be his servant. God shall enlarge Japheth, and he shall dwell in the tents of Shem; and Canaan shall be his servant.”
E poi la schiavitù dei negri in America non era “un’imposizione della società “. Un nero poteva benissimo essere un uomo libero: bastava che nascesse senza padrone, o che il suo padrone lo liberasse. In questo senso, lo schiavismo del Sud era più ‘liberale’ dell’islam.
la schiavitu’ dei neri partiva dal presupposto d’inferiorita’, che ora troviamo irrazionale, ma che hai tempi era teorizzata da alcuni luminari scientifici e antropologi dell’epoca invece ,la religione in se’ parte da dogmi inconfutabili in quanto devi credere tout court alla bibbia al corano ecc e quindi ti sta bene oppure no…… eppoi all’epoca dell’apartheid non tutti erano schiavi ma tutti i neri non vivevano certo in democrazia vedi universita’.
@ izzo:
Infatti l’apartheid era una cosa diversa dalla schiavitù.
Ad ogni modo, io ti ho citato la Bibbia, che teorizza l’inferiorità dell’uomo nero esattamente come il Corano teorizza l’inferiorità della donna.
il vecchio testamento dice che il popolo ebreo è il popolo eletto quindi considera gli altri “inferiori” e la stessa chiesa cattolica reputa le donne “inferiori” quindi? bruciamo i testi sacri? è piu’ opportuno paragonare il burqa alla questione del crocefisso nei luoghi pubblici che alla schiavitu’ che è un fatto di societa’ civile e di democrazia piuttosto che un fatto di valenza etica del mondo occidentale anche xche l’europa non è L’India dove ci sono le caste o qlc stato africano retto dal generale di turno che fa della schiavitu’ un fatto di appartenza tribale….
izzo scrive::
No, ma non permettiamo a chi ci si nasconde dietro di rovinare la vita alle persone.
No, ma non permettiamo a nessuno di usarli come scusa per violare le leggi.
Un idiota in missione per conto di dio non smette di essere idiota.
io laico/ateo o appartente ad una religione differente non mi posso permettere di obiettare sugli usi e costumi di altre persone nel limite della civilita’ democratica….. tutte le feste patronali italiane con l’uso di flagellazioni umane ,animali usati con metodi mediavali e costumi stile xuxuclan son da censurare ? il rito dell’amila’ ebraica è da modernizzare?
izzo scrive::
Non lo conosco: prevede la sistematica sottomissione / umiliazione di una categoria di esseri umani?
Se sì, modernizzarlo non serve: va abolito subito.
E datemi pure dell’antisemita, tanto ormai.
Shylock scrive:
????????????????
Hai dimenticato “tu sei il male e io sono la cura”.
izzo scrive:
Veramente nel pentateuco c’è scritto che fra il Sig-re e il popolo d’Israele c’è un patto che fa del secondo una proprietà del primo e obbliga il popolo d’Israele a comportarsi in modo più santo di quanto non sia preteso dagli altri popoli. Quella dell’auto presunzione di superiorità degli ebrei è una panzana in voga fra i gruppi razzisti antiebraici e le frange più estreme dell’ebraismo oltranzista (a ironica dimostrazione del fatto che gli ebrei non sono per nulla diversi dagli altri).
Questo solo per la precisione del discorso.
Consiglio la lettura di questo
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/01/28/il-quadrante-del-burqa/#more-6107
izzo scrive::
Eh? Ma cosa dici? Forse in una dittatura teocratica.
In una democrazia, dove c’è competizione d’idee e libertà di pensiero, tu non hai solo il diritto di obiettare, ma ne hai anche un dovere civico.
Mi sembra, Izzo, che tu abbia deciso che le cose assurde non si possano fare – con una sola eccezione: se appartengono alle religioni di moda oggi, i tre monoteismi e una manciata di altre.
Io trovo questo davvero assurdo, per nulla progressista e – soprattutto – per nulla laico: come ho detto prima, laicità è scegliere, non è essere neutrali rispetto alle corbellerie.
luzmic scrive::
La mia risposta si riassumeva in: se un tifoso della Fiorentina insegna ai proprî bambini che Gilardino è figlio di Dio, e non dà da bere il latte al figlio perché la latteria appartiene a uno juventino sì, gli tolgo l’affidamento.
izzo scrive::
Embè? “che di razionale non ha niente” è un’aggravante no?
luzmic scrive::
Eppure mi pareva chiaro: di fronte al pericolo di riciclaggio di denaro sporco/mafioso, si controllano le transazioni bancarie a tappeto, senza che per questo coloro che trasferiscono capitali legali (che sono un po’ più, in percentuale, delle sparute indossatrici di burqa in libera fregola da sottomissione) si mettano a frignare che sì, la mafia è brutta, ma non è questo il modo, etc.
Spiritosone. Eppure anche questo è semplice: nel momento in cui si pone la questione del ‘sì’ o del ‘no’ ad una determinata pratica, che non si può risolvere con un ‘in principio no, però poi dipende’ o un ‘sì, ma a giorni alterni’, non ha molto senso fare i terzisti.
Sorge inoltre il legittimo sospetto che il terzismo sia in realtà di facciata, se sostiene che vabbé, magari forse il sì non sarà tanto bello e giusto, però no, il no, no, giammai, quello è anche peggio: ci si è schierati, solo che non si ha il coraggio di dirlo.
@ Tommy:
Tommy, mi sembra che tu non abbia risposto, e anzi tu abbia evaso la domanda. Te la ripropongo, puoi rispondermi?
Mi sembra, tuttavia, che ci sia un problema di fondo che dobbiamo affrontare prima.
Pensi anche tu che un mondo senza donne con il Burqa (che lo facciano perché costrette o perché indottrinate da bambine) sia un mondo migliore, e un mondo in cui le donne contribuiscono maggiormente alla felicità del maggior numero di persone?
@ Shylock:
Logicamente il tuo sillogismo non regge.
Essere contro la messa fuori legge del burqa non è come essere a favore del burqa.
Essere contrario al divieto di ammirare Mussolini non vuoldire essere favorevole all’ammirazione di Mussolini.
@ Giovanni Fontana:
Essere contro l’abolizione della schiavitù significa essere a favore della schiavitù, come del resto è stato soavemente sostenuto in questo thread.
(Roba da matti: e adesso, quale altro tabù sfatiamo? la pedofilia? in effetti, se anche *UN* solo bambino fosse contento di fare certi giochetti con gli adulti, vietarli sarebbe ‘un rimedio peggiore del danno’. E i sacrifici umani, allora? E se io fossi contento di essere sacrificato? Anzi, pensandoci bene anche il reato di omicidio è una insopportabile intromissione da Stato etico, visto che le vittime vere saranno sì e no il 99,9999999%, il resto si sa, sono tutti suicidi assistiti.)
scusa giovanni ma se uno vuole andare in giro con in testa un turbante, una kippa o un punto rosso disegnato sulla fronte o un burqa io che posso fare? decido quello si quello no a secondo della simpatia? la democrazia progressistasecondo me significa vivere in una societa’ varie e non razionalizzata verso non si sa cosa…. ripeto le religioni non sono razionali nessuna e se le persone voglione seguire qst o quella son fatti loro
Shylock scrive:
Ops, ho fatto casino con i tag. Riposto per chiarezza.
Shylock scrive::
No, scusa, il paragone non regge. Reggerebbe se la legge antimafia fosse: “il trasferimento di fondi bancari per più di 12.500,00 euro ad operazione è vietato perchè è ineluttabile indice di mafiosità â€. Il che farebbe girare le scatole a chiunque. Guardandola dall’altro lato, il paragone reggerebbe se la legge antiburqa fosse: “nessuno, burqa o non burqa, può rifiutarsi di farsi identificare nei casi previsti dalla leggeâ€, il che mi pare accettabile.
Guarda, Raul Montanari, nell’articolo che ho segnalato qualche commento più in su, parlando di “riduzione di dissonanza cognitiva†mi ha consentito di dare un nome a uno dei concetti che cercavo di esprimere. Il principio della riduzione della dissonanza è, se ho capito bene, che a nessuno può oggettivamente piacere indossare un capo di abbigliamento come il burqa, ma la donna islamica sa che se non lo indossa la riprovazione della sua comunità sarà pesantissima (pensiamo anche solo all’emarginazione, che spesso è temuta anche più delle percosse) e quindi, per sopravvivere psicologicamente a questa dolorosa contraddizione, si fa piacere (beh, diciamo che si convince che è accettabile) indossare il burqa. E noi cosa facciamo per aiutarla (e qui voglio pensare che la legge sia volta ad aiutare lei e non a compiacere noi)? Le impediamo di indossare il burqa creando così un cortocircuito terribile nel suo tentativo di ridurre la dissonanza cognitiva. La donna infatti entra nel circolo vizioso: se rispetto la legge tolgo il burqa; se tolgo il burqa la mia comunità mi rigetta; per farmi accettare rimetto il burqa; se rimetto il burqa infrango la legge ecc. A me pare molto meglio cercare di risanare la dissonanza cognitiva ad esempio cercando: a) di cambiare l’attitudine della comunità di riferimento della donna; b) di offrire alla donna un’alternativa all’approvazione della sua comunità di provenienza. Sono ovviamente due risultati difficili da ottenere e lunghi da raggiungere. Niente “o si o noâ€, ma solo “le cose sono complicate†(come dice – ma ovviamente non è solo lui – il metrapansé Sofrino).
izzo scrive::
Quindi non vuoi una società in cui gli ospedali siano preferiti ai riti vodoo, dove i ponti siano costruiti su regole razionali anziché sull’orientamento della luna, eccetera eccetera eccetera.
La nostra società è, oggettivamente, fondata sul metodo scettico, in qualunque campo. Ed è quindi, chiaramente, orientata verso la felicità del maggior numero di persone.
Ovviamente nella felicità di ciascuna persona rientra anche la sua libertà di vestirsi come preferisce.
Quello che dico, poi discutiamo se una legge sia opportuna o no – e mi sembrano convincenti molti argomenti per il no – è che lo Stato non deve in nessun modo avere un atteggiamento neutro rispetto al burqa, ma deve avere un atteggiamento di contrarietà indefessa.
una atteggiamento di contrarieta’ indefessa in uno Stato non composto da intellettuali e pensatori ma bensi’ da leghisti fascisti di ritorno e bigotti porta al razzismo verso il diverso… un argomento del genere in italia non puo’ essere portato avanti da gente come la santanche!
izzo scrive::
E’ che voi ‘progressisti’ non lo fate: siete troppo impegnati a portare avanti l’argomento contrario.
Mi viene in mente Che Guevara (che pure NON è il mio metrapansé), che chiamava ‘socialdemocratici’ quelli che volevano spruzzare di DDT i peones che avevano i pidocchi, senza far nulla contro la miseria che era la causa dei pidocchi.
Ecco, voi andate oltre: dite ‘con che diritto andiamo a togliergli i pidocchi? se se li tengono in testa, magari sono contenti così’.
@ luzmic:
Ma infatti: anche i negri si tenevano le catene per ridurre la dissonanza cognitiva; peccato che nessuno l’abbia detto a Lincoln, così evitava di farsi sparare per niente.luzmic scrive::
Non fa niente, tu e Sofrino avete tutto il tempo di questo mondo: mica lo portate voi il burqa.
@ Shylock:
Perché ti sta così sui coglioni Luca Sofri?
il ddt veniva usato da tutti all’epoca xche’ si pensava che fosse innocuo…..e cmq noi “progressisti” prima di pensare al burqa che riguarda ad esempio in Francia ben 350 donne diciamo che forse in citta’ come Milano uno spazio comunale fisso adebito alla preghiera islamica creerebbe i presupposti dell’integrazione a l’abbandono di costumi magari portati patria con orgoglio ma che in Italia diventano “scomodi” !
@ izzo:
Ho capito: tu sei per l’approccio omeopatico. Siccome sono gli islamici che mettono il burqa alle donne, la soluzione è più islam.
Geniale.
Giovanni Fontana scrive::
Perché tu lo citi come auctoritas 😉
In realtà non mi sta proprio sui coglioni. Diciamo piuttosto che lui è sempre quello tutto buonino perfettino – il Ned Flanders della blogopalla, ecco.
ho capito Shylock tu 6 invece contro le moschee controllate e a favore degli scantinati dove prolificano integralismo e odio religioso….
izzo scrive::
Secondo me è giusto (lasciar) costruire le moschee, però tu mi dovresti spiegare perché negli scantinati proliferino di più l’integralismo e l’odio.
Shylock scrive::
Quando?
(io non credo al concetto di autorità )
E comunque lo
izzo scrive::
in italiano si chiama ‘moschea’, però chiamare le cose col loro nome pare brutto. Anche perché magari qualcuno potrebbe chiedersi perché dovrebbe pagare lui la moschea coi soldi delle sue tasse, roba che neanche nei sogni bagnati di Ruini, altro che 8permille.
Gran bel pezzo di ‘progressista’ che sei.
@ Giovanni Fontana:
Quando? Quando cercavi di sostenere la tua tesi che predicare bene e razzolare male non solo non è un problema, ma anzi un comportamento virtuoso. E hai citato un Sofrino d’annata:
http://luca-sofri.myblog.it/archive/2004/04/05/il-mondo-salvato-dai-predicatori-bene.html
una MOSCHEA costruita non con fondi privati magari di dubbia provenienza ma con fondi pubblici come del resto chiese o sinagoghe creerebbe i presupposti di un avvicinamento delle varie correnti religiose che invece si smistano secondo il credo sunnita o sciita e secondo l’origine araba o persiana e cosi’ via e che quindi costrette gia’ a pregare in condizione disagiate si settarizzano ancor di piu senza alcun tipo di possibilita’ di controllo……
izzo scrive::
Ah, no, allora questo proprio no: invece di combattere contro i soldi dati alle confessioni religiose, ne vuoi dare ad altre ancora, abbiamo proprio perso al bussola di cosa vuol dire essere di sinistra.
scusa ma basilica di san Francesco è stata ricostruita grazie allo ior o alla Stato Italiano….. ? non è questione di destra o sinistra anche xche’ nei paese scandinavi che sono laici ci sono o non ci sono le moschee? e secondo te han lasciato che arrivasse l’imam pieno di soldi x costruire la moschea oppure ci han pensato loro con la “cassa comune”?
Giovanni Fontana scrive::
Su questo sono con Giovanni. Ognuno si costruisca il suo luogo di culto come preferisce (ovviamente rispettando le norme urbanistiche ecc. ecc.) e con i soldi suoi. Non puoi volere lo stato laico e poi chiedere che finanzi le confessioni religiose. E poi con che criterio? E se io veramente fondo la chiesa di Harry Potter e trovo dieci fedeli mi faccio costruire dal comune la chiesa a forma di castello di Hogwarts?
A ripensarci però non sarebbe male. La chiesa a forma di castello di Hogwarts, dico.
luzmic se cio’ fosse possiblie ( perche’ in realta’ non si puo’ )il primo talebano con un po’ di oro ti costruirebbe la cittadella islamica come il papi fece con Milano2……
http://www.resetdoc.org/IT/recensione-sabahi.php
@ Shylock:
Ma scusa, posto che il paragone fra gli schiavi negri in america e le donne che indossano il burqa è pittoresco ma non regge per un milione di ragioni di cui la più macroscopica è che quelli erano vittime di una costrizione fisica e queste sono vittime di un condizionamento culturale, dimmi tu dove e quando una misura come quella di cui discutiamo ha avuto successo. Lo chiedo sinceramente, per imparare.
@ luzmic:
Posto che se pensi che non ci sia costrizione fisica nel burqa e non ci fosse condizionamento culturale nella schiavitù forse ti servirebbe un ripassino un po’ più ampio:
A Proclamation.
Whereas, on the twenty-second day of September, in the year of our Lord one thousand eight hundred and sixty-two, a proclamation was issued by the President of the United States, containing, among other things, the following, to wit:
“That on the first day of January, in the year of our Lord one thousand eight hundred and sixty-three, all persons held as slaves within any State or designated part of a State, the people whereof shall then be in rebellion against the United States, shall be then, thenceforward, and forever free;
[etc.]
Più i miliardi di altre volte in ogni dove in cui l’introduzione di un qualsivoglia divieto contro un uso inveterato venne accompagnata da salve di ‘non funzionerà MAI’ dai luzmic di turno.
@ Shylock:
Vabbè. Ci rinuncio. Non c’è comunicazione. Colpa mia che non riesco a spiegarmi. I nostri commenti a questo post stanno deviando in un inutile rimpallo.
Spero solo di non dovermi accorgere che avevo ragione io.
Saluti
Distanti
@ luzmic:
Perché, non ti sovviene che nessuna catena avrebbe potuto tenere a lungo in quelle condizioni degli esseri umani che non avessero interiorizzato (a proposito di termini sociologici un tanto al chilo) la loro presunta inferiorità ?
@ luzmic:
E mi dispiace che tu non capisca come, pur nella differenza delle condizioni storiche, etc., l’emancipazione degli schiavi fosse analoga al divieto del burqa nel tracciare una riga, nel porre un principio. All’atto pratico immediato (perché, tu se ritieni giusta una cosa ma non sei certo di ottenere tutto e subito non la fai?), probabilmente, di schiavi non ne venne liberato nemmeno uno, visto che stavano al Sud. Tranne quelli che decisero di scappare, vedendo che Lincoln non stava dalla loro parte solo a chiacchiere ma lo metteva nero su bianco.
Ecco, tu alle donne che volessero ribellarsi al burqa lanci il messaggio opposto.
Shylock scrive::
Ecco, è esattamente su questo che non sono d’accordo.
Ammettiamo pure che fra lo schiavismo nordamericano e la condizione della donna afgana trapiantata in Francia (o in Italia) ci sia una coincidenza, o comunque una similitudine sufficiente a considerare i due casi paragonabili, come dici tu.
In questo caso la legge di cui discutiamo non direbbe agli schiavi “siete uomini liberi! Attraversate il Potomac e vi accoglieremo! Arruolatevi nei nostri eserciti e combatteremo i vostri oppressori!” ma dice “se vi pesco solo a toccare una balla di cotone, vengo lì e vi sbatto in galera così velocemente che poi vi passa la voglia!”.
Che vantaggio dovrebbe provocare alla donna la proibizione del burqa? Che la donna dice “caspita, già non potevo guidare la macchina, entrare nei pubblici uffici, prendere un libro in prestito (vedi qui http://www.repubblica.it/cronaca/2010/01/28/news/burqa_citt-2101570/ )… e adesso non posso neanche circolare per strada? Questa è la goccia! Ora mi strappo le catene e mi libero dal giogo. Butto il burqa nel fuoco, torno a casa e vediamo se mio marito non mi rispetta!”? Non credo proprio. E’ molto più probabile che la donna dica “la gente qui ci odia perchè non ci lascia vivere come vogliamo.”
Noi la proclamazione di emancipazione (nel senso di norme che puniscono la riduzione in schiavitù) ce l’abbiamo già da un pezzo. Noi abbiamo una senzione del codice penale dedicata alla tutela dell’integrità morale per cui commette reato anche chi durante una lite fra automobilisti blocca solo momentaneamente la portiera dell’altro per impedirgli di uscire.
O forse tu intendi che vietare il burqa qui da noi è utile per dare un segnale forte all’Afganistan? Perchè allora la cosa mi sembrerebbe ancora meno plausibile.
Poi magari sbaglio.
luzmic scrive::
No, invece a me sembra enormemente plausibile. È quello che dicevo quando dicevo che i messaggi son sottovalutati: se vuoi ne parliamo, comunque le cose nel mondo cambiano soprattutto così.
L’argomento, semmai, è che per mandare un messaggio non c’è bisogno di fare una legge. Come dice Francesco (http://www.francescocosta.net/2010/01/27/dritto-al-punto/ Ora Shylock dirà che lo cito quale autorità ) “e la politica e i governi condannassero pubblicamente l’utilizzo del burqa, senza ipocrisie terzomondiste o razziste, ma fermandosi un passo prima dal renderlo illegale,” (anche se non sono d’accordo con la chiusura del suo post).
Giovanni Fontana scrive::
No, stavolta hai citato, normalmente, qualcuno che sta parlando dello stesso argomento, non una Massima che tenevi in archivio da anni per tirarla fuori all’occasione opportuna 😉
luzmic scrive::
Sbagliato: nessuno vuol vietare alle mussulmane di fare alcunché, da donne libere come tutte le altre, non da animali domestici al guinzaglio.
Mi chiedevi
luzmic scrive::
Chiedete e vi sarà dato, diceva uno un po’ più autorevole di Sofrino: il divieto di portare il velo a scuola, proprio in Francia.
Dicevano: è un’umiliazione insopportabile! Non l’accetteranno mai! Miliardi di povere bambine verranno tenute a casa e private di un’istruzione! Metteranno a ferro e fuoco le banlieues! Sodoma e Gomorra!
Invece: niente. Se la sono incartata e se la sono messa via.
Shylock scrive::
L’ho sempre detto che sei cattocomunista!
@ Giovanni Fontana:
In Verità ti dico: ognuno ha il Mito
che scelto s’è, secondo il suo merìto.
@ Shylock:
Però rispondimi alla mail!
Salve Fontana,
percorrere sino in fondo il vicolo stretto dell’etica per arrivare a giustificare o meno il divieto al burqa potrebbe, in linea di principio, porci davanti ad un ennesimo quesito:
il diritto ad indossare tipi di indumenti che ci nascondando integralmente alla vista degli altri, non viola forse un principio di reciprocita’?
Vedere e non essere visti.
Quanto e’ lecito poter far ricorso senza limitazione al proprio principale organo di senso, vietandone sostanzialmente agli altri l’utilizzo su noi stessi? I sensi e il loro impiego non rappresentano forse uno strumento di potere e di dominio sugli altri?
Ti e’ mai capitato di trascorrere qualche istante accanto a dei non vedenti? Quando mi capita vengo colto da un certo senso di imbarazzo dovuto proprio allo “squilibrio” che la diversa condizione fisica genera tra noi. Lui non mi vede ed io potrei approffittare illimitatamente e immoralmente di questa supremazia che il difetto fisico mi concede. Basta solo questo pensiero per provocarmi disagio.
Non venite per cortesia a parlarmi del fatto che il non vedente supplisce alla mancanza con altri sensi, non e’ di questo che stiamo parlando e comunque sia, deve ancora nascere il non vedente che se messo in condizioni di farlo sceglierebbe di continuare a non vedere!
Nasconderci alla vista, impedire ad altri di applicare su di noi le categorie di identita’ (uomo/donna, vecchio/giovane, bianco/nero, triste/felice e via dicendo) che ci consentono di orientarci nel nostro mondo sensibile e di sviluppare relazioni secondo codici precisi, non e’ forse una forma di dominio e di assoluto potere?
Immaginiamo un mondo nel quale, per libera scelta individuale, fosse possibile non essere visti, non essere sentiti, non essere percepiti, non essere toccati. Che tipo di conseguenze etiche potremmo immaginare?
Il contatto (sia esso visivo, sonoro, olfattivo) non e’ forse alla base dell’equilibrio dello scambio?
Calo il burqa sul mio corpo, lo nascondo completamente alla percezione visiva altrui ma al tempo stesso vedo, voglio vedere e voglio continuare ad utilizzare la mia vista nel modo in cui precludo agli altri di fare.
A spaccare il capello etico in 32 non si arriva molto lontano.
E allora?
Allora, io credo, bisogna fermarsi prima.
Un limite alle liberta’ individuali nasce nel momento in cui, a causa di certe specificita’ e di certe condizioni al contorno del gruppo sociale nel quale si vive, queste liberta’ possono creare problemi specifici non risolvibili in modo diverso o semplice.
La misura del rischio giustifica la eccezionalita’ della misura presa.
Facciamo un esempio:
la liberta’ di portare sempre con se un coltello puo’ essere in fondo definita una liberta’ individuale. Nulla mi dovrebbe vietare di averne sempre con me uno e, per vietarmelo, si dovrebbe dimostrare la mia intenzione di utilizzarlo in modo offensivo. In certi contesti specifici e particolari pero’, l’avere con se un coltello e’ considerato un rischio, un pericolo che non puo’ essere corso, indipendente dalla personalita’ del proprietario. Nelle foreste canadesi il porto di un coltello pone problematiche diverse rispetto a quelle di un carcere di massima sicurezza per ergastolani. La condizione particolare quindi impone di limitare la liberta’ personale.
Io credo che un ragionamento simile valga per la nostra societa’.
La nostra e’ una societa’ che negli ultimi 200 anni ha messo in gioco migliaia e migliaia di nuove variazioni comportamentali basate su una maggiore liberta’ di costumi, su una maggiore consapevolezza, su una grande emancipazione e … sulla capacita’ di identificare l’oggetto delle nostre possibili relazioni. Celarsi completamente in questi contesti puo’ contribuire a generare delle situazioni non previste e non facilmente “gestibili”. Vogliamo fare degli esempi?
Tutti pensano al pericolo rappresentato dal terrorista che entra in un cinema con tre chili di tritolo nascosti sotto il burqa.
Balle! Io penso a qualcosa di piu’ “normale”:
– Quante persone, abituate a calibrare i propri comportamenti relazionali, sull’uomo e sulla donna, accetterebbero di continuare a farlo “fidandosi” dell’esclusivo carattere di femminilita’ rappresentato dal burqa? Tutti accettiamo che una signora anziana accarezzi il nostro bambino al supermercato … quanti di noi sarebbero disposti a farlo se la signora fosse celata da un burqa?
– Quante persone che accettano in certe condizioni di spogliarsi o di denudarsi in presenza di estranei, continuerebbero a farlo in presenza di … un burqa? Pensiamo ad una spiaggia affollata, dove l’atteggiamento degli altri dinnanzi alla nostra “nudita'” e’ nella maggior parte dei casi chiaro, riconoscibile, immediato. Lo sarebbe ancora se parte dei bagnanti fosse celato dal burqua?
– Quante persone che “modulano” i propri discorsi pubblici in base al tipo di persone che a certi discorsi assistono (donne, bambini, uomini), sarebbero disposte a farlo ancora ignorando la presenza di una burqa? Tu ti senti libero di parlare, di raccontare una barzelletta, quando non puoi interpretare in alcun modo la presenza di chi assiste al tuo discorso?
Gli esempi sarebbero molto piu’ numerosi e ci si deve abbandonare alla fantasia per concepirne altri ma a me appare chiaro che, analogamente all’esempio del coltello, esiste un sola condizione, un solo luogo, in cui il burqa non ponga dei problemi relazionali pratici insiti nel nostro sistema sociale: un sistema sociale che non sia caratterizzato da quei “fondamentali” (tipici del nostro) che entrando in contatto con il burqa possano andare in fibrillazione, creando situazioni di crisi!
Quindi io riconosco la validita’ della intenzione francese. E’ un punto di vista che, a mio avviso, e’ frutto di ragionamenti coerenti.
Saluti.
Tommy scrive::
Ciao Tommy,
ti faccio i complimenti per il tuo articolo… diversamente da come pensa l’autore del blog ci sono donne che indossano il vestito islamico integrale e lo fanno per scelta, e io sono una di queste. Sono una ragazza italiana di fede musulmana e due anni fa ho deciso di indossare il vestito integrale islamico. Nonostante i miei genitori non condividano la mia scelta essi la rispettano, ringrazio Allah per avermi dato dei genitori così.
Volevo solo aggiungere a quello che hai detto che dal punto di vista islamico è atto meritorio portare il velo integrale e volevo anche aggiungere che se una donna lo fa solo per obbedire a qualcuno non riceve ricompensa per questo suo atto perchè nell’Islam Dio ci ordina di obbedire solo a Lui e dunque portarlo “per qualcuno” è sbagliato di principio.
Alcune delle persone che mi conoscevano mi chiesero se mi fossi sposata e alla mia domanda negativa hanno avuto la prova che ciò che i media
dicono tante volte è una gran montatura.