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Voi non ci crederete, ma in queste ore la dirigenza del PD si sta – e ci sta – raccontando che la colpa di questa sconfitta è l’essere stati troppo liberali. Questo, però, non è un post su liberalismo, socialismo e socialdemocrazia. No, è un post sull’endemica incapacità di confronto con la realtà di quel partito.
LA REALTÀ CI DÀ TORTO
Negli ultimi 4-5 anni Bersani ha, legittimamente, allontanato il PD dal liberalismo. C’è stata una battaglia politica e ha vinto quella parte che voleva un partito più socialdemocratico. Più socialista, meno liberale. È una scelta legittima, e non è detto che sia sbagliata. Alle urne ha perso tre milioni e mezzo di voti, ma la storia è piena di idee sbagliate che hanno raccolto consenso. Hanno ragione loro e hanno torto quelli che non li hanno votati? Può essere.
Ma una cosa è chiara: se il PD avesse preso il 41% (cioè il 7,76% in più rispetto alle ultime politiche), avrebbero detto che quella gigantesca vittoria era merito della svolta socialdemocratica e anti-liberista del PD. Invece hanno preso il 25.42% (cioè il 7,76% in meno rispetto alle ultime politiche), e cosa dicono? Esattamente lo stesso. Che la sconfitta è colpa del non essere stati abbastanza socialdemocratici, dell’alleanza con Monti, dell’austerity, eccetera. Verrebbe da dire Popper e l’infalsificabilità del marxismo, se non fosse troppo facile.
E QUINDI ABBIAMO RAGIONE
Eppure, spesso, questo meccanismo avviene in buona fede, da parte di persone che su molti temi hanno idee condivisibili e ben espresse (ho-molti-amici-dalemiani). Poi, però, ci sono quei due o tre argomenti sui quali il ragionamento da conventicola, gli spauracchi e le parole d’ordine, la fedeltà alla linea e i nemici giurati, superano in squadrismo e chiusura anche quelle dei grillini.
Funziona così: Mario un giorno si sveglia e dice ad Alberto che il liberismo ha i giorni contati, o che la figlia di Ichino è una raccomandata. Alberto ci pensa, lo metabolizza, e lo riferisce a Maria. Maria fa suo il pensiero e lo condivide con Giacomo. Giacomo, allora, incontra Mario e glielo dice. E Mario pensa «ah beh, se lo pensa anche Giacomo deve essere vero».
Questa claustrofobica autoreferenzialità è l’essenza di quella che, durante le primarie, chiamavo dissonanza cognitiva. Ma è molto di più, mi sono reso conto: è l’elevazione del confirmation bias a un livello di sistematica e patologica efficienza.
LE PRIMARIE
È stato durante le primarie che questa coazione mentale, il ragionamento da setta e il terrore dell’OPA ostile si è manifestata in tutta la sua potenza. E lo dice uno a cui Renzi non piaceva, ed era anzi abbastanza determinato a non votarlo.
Forse è stato proprio il non essere renziano a rendermi così sbalordito: i renziani davano per scontato che l’apparato fosse ostile, del resto era ciò che Renzi andava dicendo da tempo – faranno la lotta nel fango, faranno qualunque porcata per non farci vincere. Ma per me, spettatore scettico, è stato sconcertante realizzare che quella dirigenza fosse davvero disposta a qualunque porcata, e a negare d’averla fatta.
Le stesse persone per giorni, prima delle primarie, hanno deriso Renzi per essere riusciti a fregarlo, cambiando le regole a suo svantaggio. Poi, quando è venuta fuori la polemica sulle regole, hanno negato – quasi offesi – che quelle modifiche potessero svantaggiarlo (qui spiegazione delle 4 porcherie anti-Renzi: sia chiaro, avrebbe vinto ugualmente Bersani, che è un’aggravante). Se sostenitori di Renzi pubblicizzavano un sito, senza indicazioni di voto, per semplificare la procedura di registrazione era una patente violazione delle regole; se sostenitori di Bersani pubblicavano sui giornali inviti a votare Bersani, era una sciocchezzuola. Lo stesso Bersani ha detto la gigantesca bugia di essere stato lui a volere le primarie, dopo aver nicchiato per due anni mentre Renzi lo rincorreva apparizione su apparizione per cercare di stanarlo. Sempre lo stesso meccanismo del doppio standard.
Poi, beh, durante le elezioni Renzi è diventato utile alla ditta e allora c’è stato il contrordine compagni.
IL “VUOTO PNEUMATICO”
E pensare che il mio scetticismo su Renzi era stato nutrito anche da uno scambio di email con un amico bersaniano: mi aveva spiegato un po’ di cose, e molte delle sue critiche mi avevano convinto. Quello delle proposte di Renzi era un “vuoto pneumatico”.
Ora, io non so se qualcuno si è preso la briga di leggersi il programma economico del PD in questa campagna elettorale: non c’era un numero, una sola cosa concreta e quantificata. Cosa vuole fare il PD con la spesa pubblica? Aumentarla o abbassarla? Vuole tagliare l’Irap? Ma di quanto? Con quali soldi? E l’Irpef? “taglio del 3%, ma non subito” non è una risposta. Quando? E dove prendi i soldi? E l’Ires? Vuole dare più soldi all’istruzione e alla ricerca? E la sanità? Quanti soldi, e presi da dove? Alzando le tasse? Facendo delle dismissioni? Quante? E il debito pubblico lo vogliamo abbattere? Come e di quanto? L’unica cosa accompagnata da una cifra era l’elettoralistica abolizione dell’IMU sulla prima casa a chi paga meno di 500€.
Perfino il PDL aveva dei numeri, per quanto strampalati e irrealizzabili. Il PD, invece, niente. Né le dichiarazioni di Bersani (segretario) o Fassina (responsabile economico) chiarivano alcunché. Il programma del PD era un tale “vuoto pneumatico” che, nei varî articoli dei giornali che mettevano a confronto il peso economico dei programmi, i numeri del PD se li inventava il giornalista – oh, non so se è chiaro. I numeri se li inventava il giornalista!
Pensate ci sia stato qualcuno che, dal di dentro, abbia finalmente denunciato questo vuoto di contenuti, in questa era di dittatura-della-comunicazione? Ovviamente no.
REALISTI REALISTI, IDEOLOGICI IDEOLOGICI
Ora: perché il PD non ha elaborato uno straccio di piano sui 5 anni di legislatura? Non sono in grado di farlo? Non è così. È certamente una scelta comunicativa, la vaghezza dovrebbe aiutare a non scontentare nessuno. Ma c’è un altro fattore, estremamente importante, e centrale per il modello di politica che è attualmente alla guida del PD: è la prodigiosa e improbabile commistione di realpolitik e furore ideologico.
Perché non è solo la proverbiale questione delle “segrete stanze”, nelle quali si entra con idee diverse, si fa un accordo politico, e si esce fingendo di avere sempre avuto la stessa. Il problema è che a questa si associa, sempre sottotraccia, un filtro di lettura della realtà smaccatamente ideologico (oggi è la moda di Keynes, fra cinque anni sarà qualcos’altro) che produce la dissonanza cognitiva di cui sopra. Solo che questa linea ideologica che è presente in tutte le conversazioni, nelle discussioni private, nei discorsi a nuora-perché-suocera-intenda, in qualche dichiarazione strappata, non viene mai affermata con forza in pubblico: sarebbe un’offesa alla prudenza del realismo politico.
Perciò la presenza pubblica del PD si traduce in una costante vigliaccheria, e menzogna, rispetto alle idee piene che i dirigenti di quel partito covano. Da questo derivano le dichiarazioni di Fassina in stile Arafat, che in italiano dice una cosa e in inglese – al Financial Times o al Wall Street Journal – dice esattamente l’opposta. Da qui deriva la Taquiyya su Europa e Germania, odiata nelle sezioni del PD quasi quanto nel PDL. E deriva la mancanza del coraggio politico di fare di testa propria: se Bersani pensava di essere in grado di risanare i conti, e di farlo meglio del Governo tecnico, perché non ha detto “no” a Napolitano, andando subito a nuove elezioni?
LA CASTRAZIONE PERMANENTE
La risposta che Bersani dà è che il PD è stato “responsabile”, ed è vero, verissimo – al tempo l’ho molto apprezzato. Però riconoscere che essere “responsabili” vuol dire non portare al governo la propria linea politica, significa che il proprio orizzonte ideologico sarebbe, invece, irresponsabile. Che affermare in pubblico idee come queste (è un documento di una riunione degli economisti del PD, o d’area, che ha postato un’amica su Fb) o quelle che si sentono dire a tutti i bersaniani interpellati al bar, porterebbe l’Italia nel disastro.
Nei fatti, questa dirigenza del PD è più realista di sé stessa. Ed è proprio questo che matura un permanente sentimento di castrazione, quello che è precisamente all’origine dell’incapacità d’analisi della realtà che descrivevo all’inizio: abbiamo fatto un partito più-socialista-ma-non-abbastanza, abbiamo perso, e quindi dobbiamo essere più socialisti. Ah, se fossimo stati socialisti quanto volevamo davvero, lì si che avremmo vinto.
E, infine, questo meccanismo ha un risultato ultimo abbastanza evidente, e che tutti abbiamo imparato a riconoscere nel PD, la più totale impossibilità di autocritica: perché se non abbiamo mai fatto, per davvero, quello che volevamo fare, come possiamo metterne in dubbio la bontà?
Commento forse un po’ puntacazzista, ma il link a facebook è sbagliato. Mi interesserebbe leggere il post linkato.
@ effemmeffe:
Purtroppo non è pubblico, e non posso modificarlo a posteriori. Chiedimi l’amicizia e accetto.
Ottimo e abbondante e molto molto giusto. C’è un unico punto su cui sei inesatto. Il documento che cito è un resoconto di parte scritto da due economisti (anzi uno è uno storico) non del PD ma al più di area che hanno partecipato a degli incontri organizzati da Fassina e che soo palesemente su posizioni olto più a sinistra. Fassina non è così -forse è peggio, ma non proprio in quel modo li
@ Corrado Truffi:
Era “il documento che citi”
È azzardato fare un paragone con l’ultimo Zeman?
hai scritto “sè stessa”. Nel PD sarebbe una sciocchezzuola, ma non per me. Ti fustigo. (Però non castrarti permanentemente).
Filippo Costa Buranelli scrive::
Certamente, e con orgoglio (anche se con l’accento dalla parte giusta). Serianni for president.
http://forum.corriere.it/scioglilingua/01-10-2009/se_stessos_stesso_con_laccento_acuto-1368134.html
(il tuo boss ha fatto tirare giù il link al film completo: vergogna!)
Cassandrino scrive::
Lacrimuccia. È destino che le mie simpatie si esauriscano in un falò di autocondiscendenza?
@ Corrado Truffi:
Grazie.
Ci sono tantissimi spunti di riflessione in questo tuo bel post.
Mi soffermo su alcuni dettagli.
Anch’io ho trovato il programma del PD di una vaghezza inedita per questo partito (posso autocitarmi? http://nonunacosaseria.blogspot.it/2013/01/la-scomparsa-del-programma.html), però mi chiedo: ma quel 50% di italiani che ha votato berlusconi o grillo, era interessato al programma? se sì, dobbiamo dare tutta una lettura diversa di chi siamo noi italiani e cosa vogliamo.
poi. sulle primarie abbiamo detto e scritto tante cose: a me pare che i colpi bassi e le stronzate siano state fatte da ambo le parti. le primarie sono belle, ma sono uno strumento da maneggiare con cautela perché il più delle volte si trasformano da “confronto sulle idee” a “scontro sulle persone”. potrei citarti casi allucinanti che ho visto sul mio territorio fatti da renziani e ci sono altri come me che potrebbero citarti casi allucinanti visti sul loro territorio fatti da bersaniani.
ultima cosa. ma questa distinzione tra liberali e socialdemocratici ha ancora senso?
Ciao Giovanni, una curiosità : leggendo questo post me ne è venuto in mente un altro di un bel po’ di tempo fa.
Ti chiedevi il 14/05/11:
“non è che tutti i discorsi sul tafazzismo del PD che si fa male da solo sono semplicemente l’altra faccia della medaglia di un rapporto maturo e autocritico verso sé stessi?”
scusate, mi è partito il commento anzitempo!
ad ogni modo, volevo solo far notare la risposta che ti sei dato oggi (“E, infine, questo meccanismo ha un risultato ultimo abbastanza evidente, e che tutti abbiamo imparato a riconoscere nel PD, la più totale impossibilità di autocritica”.) a quella domanda di quasi due anni fa, che mi ricordavo perchè era un post che mi aveva colpito…
nonunacosaseria scrive::
Beh, certo che ha senso. Direi che ciascuno di noi ha un’idea di capitalismo che è in qualche punto dello spettro fra socialismo e liberalismo.
Forse l’unico posto dove non ha senso è l’Italia, dove il debito pubblico è tale che non c’è alcuno spazio di manovra. Qualunque ulteriore aumento di spesa porterebbe l’Italia alla catastrofe.
Nei Paesi con un debito pubblico/PIL che consenta manovre, se ne può discutere, e non considero “socialismo” una parolaccia.
Mikimush scrive::
Eh sì, non solo mi sono dato una risposta, ma evidentemente – come mi fai giustamente notare, e grazie – ho cambiato idea.
Il fatto che un paio d’anni fa fossi un simpatizzante e quasi certo elettore del PD, e oggi non sia mai stato così lontano dall’esserlo dà , forse, ancora più significato a questo mio post.
a me la cosa sembra così, ma non sono un esperto di intrighi dietro le quinte:
1) i turchi credono nella bontà del socialismo (semplifico le etichette) e i renzini in quella del liberalismo
2) Bersani non si sbottona su nulla, se non su a) una genetica moderazione / stabilità (conservazione) e b) l’apertura convinta a Monti
3) vince l’anti-austerity, l’anti-crisi, l’antipolitica
4) chi credeva nella bontà delle sue tesi continua a crederci e, considerandole buone, pensa che evidentemente non le si è perseguite abbastanza. In effetti, ha titolo a crederlo, perché non è evidente che ha vinto il liberalismo o ha perso il socialismo, è invece evidente che hanno perso continuità e montismo e ha vinto la rottura
Questo è il post de-fi-ni-ti-vo sul PD. Lo sottoscrivo interamente e sono contento di non averlo votato.
Poi vorrei dire una cosa a NUCS, di cui seguo regolarmente il blog: non ti rendi conto di quanto è pericolosa questa cosa del “ma i programmi avranno davvero contato?”
Forse non lo vedi, ma stai dicendo che gli Italiani non meritano partiti seri con proposte concrete.
O in altre parole: “Al PD non serve cambiare, tanto qualsiasi cosa dica o faccia non cambia niente”. Beh, mi sembra molto comodo. Mi sembra un modo come un altro per non mettere in discussione principi e atteggiamenti che i fatti stanno smontando a mazzi interi. Ma è un’autodifesa che rischia di essere assai antidemocratica: scusa se ti cito, ma trovo non casuale che tu, in tuo recente post, sia arrivato a dire:
“Non mi vergognerò di sostenere uno che prometterà l’impossibile. Anzi, più le sparerà grosse e più ne sarò lieto. ”
In altre parole, il tuo partito ha perso, e la reazione è: “Gli Italiani non capiscono niente, viva il peronismo”.
E invece no. Ora si cambia, mantenendo intatta la fede democratica. Si dà spazio ad altro, a chi queste cose le aveva previste nel dettaglio.
Trovo anche sgradevole, qui come in tanti blog, questa sorta di falso salomonismo del “ma anche Renzi ne faceva di cotte e di crude”. No, Renzi no, non è uguale, perché ci si è costruito un’immagine politica sul non esserlo: era la sua scommessa (non perché lui è buono).
Salomone è equanime, ma non lascia che il bambino venga affettato: alla fine lo dà ad UNA delle donne, non entrambe.
Beh, tra renziani e bersaniani forse è il momento di ragionare allo stesso modo.
E che le cose possano andare diversamente lo rivela proprio questa sconfitta, in cui non si può certo dire che le cose siano rimaste uguali dalle elezioni: Veltroni in pochissimi mesi portò il PD al 33%, Bersani in 5 ANNI lo ha portato al 25%…beh, vuol dire che le persone contano.
Scusate la lunghezza.
@ uqbal:
“qui in questo blog” mi riferisco ai commenti.
Forse la vaghezza del programma del PD era dovuta, non solo agli stretti margini di manovra finanziaria che Bersani sapeva avrebbe successivamente avuto, ma anche al fatto che Bersani pensava che con ogni probabilità avrebbe dovuto governareo con i centristi.
E che pertanto sarebbe stato controproducente presentare cose tipo gli otto punti, per poi rimangiarseli in sede di negoziazione con Monti.
In altre parole, in altri tempi, si sarebbe detto che Bersani si è voluto tenere “le mani libere”.
@ Philip Michael Santore:
Più controproducente di così?
La cosa più fastidiosa è proprio il dualismo che citi nel tuo post: in Italia Fassina attaccava la riforma Fornero del mercato del lavoro e la proposta di flexsecurity di Ichino, a Londra rilasciava interviste in cui sosteneva che l’unica via d’uscita dalla crisi sarebbe stata una compressione del costo del lavoro [che, con lo stato senza soldi, significa taglio dei salari].
Pure le candidature sono state scandalose: dopo anni in cui Ichino è stato insultato, dopo anni in cui Fassina e gli altri hanno detto che Ichino era il 2% del PD, alle elezioni il PD ha candidato Giorgio Galli, ex-dg di Confindustria, e Carlo Dell’Aringa, uno degli estensori del Libro Bianco di Marco Biagi.
Scusa se mi permetto di scriverlo sul tuo blog, ma gli elettori del PD [me compreso, che l’ho votato al Senato turandomi il naso] sono degli idioti perché credono a qualsiasi favola i dirigenti del partito raccontino.
Pur essendo fra quelli che sostengono la corrente socialdemocratica del PD, sono molto d’accordo con questo post: durante il governo Monti il PD non ha avuto il coraggio politico di tradurre la propria visione programmatica in azioni concrete; ora che Grillo ha vinto, il PD si ricorda della lotta contro l’austerity e rilancia proprio su questo. Mah… Io sono anche molto d’accordo con gli otto punti proposti da Bersani nei giorni passati, ma dubito fortemente che il PD abbia il coraggio e la coerenza per realizzarli.
1. liberalismo e socialdemocrazia forse esistono (destra e sinistra?) ma ha vinto che nega queste categorie e ha proposte un po’ di qua e un po’ di là .
2. direi che sicuramente gli italiani non votano sul programma,perchè votare grillo per il programma è una follia. Tutti quelli che conosco che hanno votato grillo lo hanno fatto per altri motivi (mandare a casa i politici, mettere delle “sentinelle” in parlamento, etc), o al limite per avere 1.000 euro al mese (cit. daniele silvestri…)
3. il fatto che in una organizzazione ci siano diverse linee di pensiero e che se una perde qualcun altro si alzi a dire che forse aveva ragione lui, perchè è così deprecabile? solo in strutture altamente verticiste e poco democratiche può succedere il contrario (tutti zitti e dietro al capo).
4. che il PD manchi di grinta ed incisività in molti suoi passaggi va bene, ma per questo considerarlo il male dell’Italia con tutto quello che c’è in giro mi sembra esagerato.
5. Infine, forse l’incisività e la sicurezza il PD l’avrebbe avuta di piu se non avesse avuto costantemente da tutte le parti chiunque che gli spiegasse e dicesse perchè era brutto e cattivo e come avrebbe dovuto fare altrimenti. Parli di due pesi e due misure, ma le pulci come al PD non vengono fatte a nessun altro. Persino Di Pietro arrivò all’8% grazie a quella parte di Italia pregiudizialmente contraria al PD a priori. Chiaro che Enrico Letta è uno dei mali della politica italiana, ma evidentemente riesce a convincere e a muovere idee e voti piu di altri, ma questo non lo si analizza mai.
6. Il commento e la tua risposta in cui si dice che due anni fa la pensavi in modo opposto a quello che pensi oggi dimostra che l’ostilità al Pd è pregiudiziale e cerchi ogni volta di trovarne una giustificazione che ti faccia comodo. Se ci pensi, alternative altrettanto valide non ne esistono.
tante care cose
Giovanni, sei un genio. Lasciatelo dire.
luca scrive::
Verrebbe da dire che, a te, il metodo scientifico fa un baffo.
È l’esatto opposto: è la disposizione a cambiare idea a dimostrare l’assenza del pregiudizio, non l’ottusità del continuare a pensare la stessa cosa qualunque cosa dicano i fatti (che è proprio ciò che critico al PD).
Giovanni Fontana scrive::
Forse l’unico posto dove non ha senso è l’Italia, dove il debito pubblico è tale che non c’è alcuno spazio di manovra.
ecco, appunto. io mi riferivo all’italia… (io sono un po’ provincialotto, lo sai)
uqbal scrive::
la mia era una semplice constatazione, non un auspicio o un’invettiva contro gli italiani.
ti faccio una domanda. secondo te, quanti italiani hanno votato sulla base di un programma che hanno letto e ponderato?
@ nonunacosaseria:
Non lo so. Ma qst esime i partiti dall’averne uno o a soprassedere sul fatto di averne uno inesistente
Non avrei saputo dire meglio…mi hai letto nei pensieri. Ho, mio malgrado , dovuto dar ragione a Nanni Moretti (purtroppo si è pentito) quando diceva: con questi non vinceremo MAI!!
Premessa: sono d’accordo sull’analisi di Giovanni sullo stato interno del PD, che non è altro che l’eredità dello stato semicatatonico che si ritrovava nei suoi predecessori DS PDS PCI ecc. ecc.
Per quanto riguarda il risultato elettorale io azzardo che si tratti principalmente di un gravissimo problema di comunicazione legato a gravi lacune di leadership, o quantomeno di carisma.
Non a caso i partiti che hanno preso voti sono quelli che meglio di altri sono identificati con un leader carismatico e che hanno saputo esporre i migliori “slogan” elettorali.
Il M5S tutto incentrato su Grillo al punto che anche gli eletti sono sconosciuti agli elettori è ecidente, ma ancora più evidente nel caso del “ritorno” di Berloscuni a capo della coalizione di centrodestra e della flessione della LegaNord di fatto ormai orfana del suo leader carismatico Bossi.
Questo non vuol dire necessariamente che tutti gli italiani siano beoti che vanno dietro al leader del momento come fosse il pifferaio di hamelin, ma sicuramente una grossa fetta dell’elettorato italiano lo è.
Prima di piangerci addosso è doveroso ricordare che non è una situazione che riguardi solo l’italia. Se esaminate la situazione negli altri paesi democratici vedrete che i programmi contano certamente, così come contano le situazioni economiche contingenti, ma la leadership dell’aspirante premier è altrettanto importante e addirittura determinante quando si arriva a contare i voti spalla a spalla.
Come può pensare il PD di stravincere le elezioni con un leader come Bersani che ha la leadership di un becchino?
Mettendo un attimo da parte il caso Renzi, il problema gravissimo del PD è che nella gligia macchina burocratica interna vengono letteralmente bruciati capitali umani portatori di idee e innovazione.
Il primo nome che mi viene in mente è Serracchiani, “promossa e trasferita” al parlamento europeo, ma sicuramente ce ne sono altri ancora meno conosciuti che non possono “scalare” i vertici del partiti completamente occupato dalla grigia nomenklatura.