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Obamania

/ postato su iMille

Nonna ObamaDicevaaaano che questo giorno non sarebbe mai arrivato! E invece è arrivato, e domani sapremo. La ragione e i sondaggi dicono che Hillary Clinton è in vantaggio, e che sarebbe il cavallo migliore per fare sì che un democratico torni alla Casa Bianca, specie ora che McCain – per molti versi un liberal – è sulla cresta dell’onda dall’altro lato. L’audacia della speranza (versione contemporanea dell’ottimismo della volontà) fa credere in una vittoria di Obama, ora e fra sei mesi.
Eh sì, perché qui dalle mie parti si tifa Obama, si è presa una cotta per Obama.

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Fesso lo dici a mia sorella

Berlusconi applaudeL’appellativo “fesso” mi è sempre sembrato torbido, una maniera con cui chi ingenuo non è, ma anzi molto compromesso, definisce chi non partecipa a quel gioco al ribasso. Un modo per autoassolversi, anche.
Il contraltare è il viramento semantico che ha colpito il termine “furbo”. Da persona intelligente, intuitiva, a furbetto del quartierino.
Insomma: l’ho spesso considerato un titolo di merito.

Questo post di Leonardo mi ha fatto ripensare a quel ragionamento, e a come la sinistra voglia assomigliare (anche negli scritti altrui) alla destra, quando quest’ultima gioca sporco. Il teorema di Leonardo, se ben intendo, è che siccome l’infausta legge elettorale in vigore ha consegnato alla sinistra un paese ingovernabile – ricordiamolo, senza di essa il senato sarebbe andato alla CDL – sarebbe intelligente, non fesso, dare al prossimo governo, presumibilmente di destra, la stessa gatta da pelare.

Come a dire: poco ci importa del bene del paese, pensiamo al bene del PD. Io, che ho a cuore il Pd, ma anche il paese penso invece che la legge elettorale vada cambiata il prima possibile, anche con il referendum, semmai. Penso che Veltroni non sia fesso a spingere per questa soluzione, ma anzi faccia quello che dovrebbe fare ogni politico, dotato di senso di responsabilità. Anzi, ogni politico e basta.
Prendendo a prestito le ficcanti definizioni di Leonardo: se iniziamo a fare gli stronzi con lo stronzo, cominceremo a non distinguerci più, e a non sapere più distinguere qual è il punto, qual è il motivo per cui chiediamo alle persone di votarci, se non la partigianeria di per sé stessa.
Tornando in metafora: a fare gli stronzi ci abbiamo già provato, ci era venuto anche piuttosto bene, ma lui è sempre riuscito a fare lo stronzo ancor meglio. Su quel campo è imbattibile, torniamo sul nostro.

La sinistra deve fare una cosa, e evitarne assolutamente un’altra: quello che non deve fare è sentirsi antropologicamente superiore, quello che deve fare è cercare di esserlo.

Due frequenze per me, posson bastare

europa 7

La notizia di ieri è che la commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia (ancora? Invadeteci!) per la mancata concessione delle frequenze a Europa 7, dicendo – fra l’altro – che non solo la Gasparri ma anche la Maccanico ’97 non va bene.

Una cosa che ho sempre pensato sull’affaire Rete4-Europa 7 – oltre al fatto che sia sacrosanto che la prima vada sul satellite – è che in questo caso si dimostra tutta l’ipocrisia che c’è in alcune parti dei due schieramenti: Fede spara il suo solito stornello «mandando Rete4 sul satellite si perderebbero migliaia di posti di lavoro», trascurando completamente il fatto che l’entrata di altri soggetti nel mercato della tv nazionale ne creerebbe altri e di più. Viceversa quelli-tipo-Diliberto (cioè il partito del: non è giusto perché è giusto, ma è giusto perché è Berlusconi) non proferiscono parola sul tema. Sulle migliaia di licenziamenti che ciò causerebbe.

Il colmo è che quelli-tipo-Diliberto sono il partito del posto di lavoro, ovvero quelli che difendono il “posto”, non il lavoro: un po’ troppo semplicisticamente – piuttosto che un licenziamento e due assunzioni, preferiscono nessuno dei due.

Ma, invece, il liberalequannojefaccomodo Berlusconi dà battaglia impugnando l’argomento che altre volte ha cercato (mai con un briciolo di coraggio) di smontare.

p.s. Fra me e me: e se Di Stefano compra l’Unità, come dice di voler fare, e fa fuori Padellaro..?

That takes religion

Ho sempre dato poco credito alla teoria per cui – indipendentemente dall’esistenza di Dio – la fede contribuisce a rendere le persone migliori: oltre a essere negata da molto del passato e buona parte del presente, reca in sé quella idea di deterrenza basata sul terrore che – in cielo o in terra – è sbagliata prima di tutto, e poi inefficace.

Da oggi – senza parossismi – mi affeziono alla ficcante e ironica riformulazione del fisico Steven Weinberg, che suona più o meno così:

Senza tirare in ballo la religione, le persone buone faranno il bene, e le persone cattive faranno il male. Ma per fare sì che persone buone facciano il male, beh, per quello c’è bisogno della religione.

(via Leibniz, che vince anche il premio per il miglior titolo del mese)

Bravi

Da assiduo e appassionato lettore del Massimo Gramellini di Buongiorno (non a caso la prima citazione fra gli scritti altrui è sua), e da occasionale lettore di altre (Molinari) rubriche (A. Romano) online della Stampa, non mi ero mai accorto di un particolare piccolo, però reso sostanzioso dall’accostamento, a cui andrebbe data un po’ di pubblicità in più. Questo:

sessisti.JPG

Ecco, una bella novità.

P.s. È da tempo un mio proponimento quello di fare un post sulle ragnatele maschiliste ancora appiccicate negli angoli del nostro linguaggio, ovviamente non trombonerie ridicole come l’uso oramai neutro del plurale maschile per tutto (appunto!), ma su espressioni e/di modi di pensare in cui siamo ancora ben avvinghiati al simpatico concetto che il maschio può e la femmina non può: arriverà.

Giocare a destra

Sempre sul papa alla Sapienza, Carlo segnala questo ben argomentato post di bioetiche, che però – mi permetto di dire – non centra esattamente la porta, ma al quale professo gratititudine, come a ciascuna operazione che tenti di ristabilire il buon senso smarrito.

Fra Ratzinger e la moglie dell‘ala destra più sopravvalutata degli ultimi vent’anni, c’è una differenza non trascurabile, come ho avuto modo di scrivere nei commenti al post suddetto: il Papa ha a che fare con l’ambiente accademico, Victoria Beckham, no.

Bisogna essere in malafede o sciocchi per dire che Ratzinger sia stato censurato (che gli sia stata negata la libertà di parola, poi, lo esclude la questura), come dimostrano le cifre di Pannella; ma questa non è una ragione per avallare la protesta, semmai anzi, per criticare il destro offerto al destro Josiph Ratzinger, la cui ‘soffertissima rinuncia’ era già stata facilmente preventivata in rete.

Di più, Giuseppe Regalzi sfiora, senza mai sedercisi a piene chiappe, un ragionamento ancor più pericoloso: spingendoci solo un passo più in là arriveremmo ad asserire che la cultura sia declinabile in base alle ideologie, un argomento molto urticante. Pensiamo veramente che bisogni far parlare solo coloro che sono d’accordo con noi, o – per grazia nostra – coloro il cui pensiero riteniamo ‘accettabile’? Davvero riteniamo che l’opportunità di un invito si valuti in base alla comunione socio-culturale col supposto oratore? Anzi, a latere, in molte occasioni io trovo reazionario il concetto stesso di ‘inopportunità’, basti pensare da chi e come viene usato.

Per rimanere agli esempi che ho fatto, questo vorrebbe dire non ospitare Chomsky, uno dei più grandi linguisti viventi, perché il suo corredo di pensieri risulta insano e diseducativo, oppure per cambiare completamente fronte politico, non avremmo voluto ospitare – com’è difatti non è successo – Pound, per alcuni il giù grande poeta del ‘900, perché dichiaratamente fascista. O, con il gusto del paradosso, se una macchina del tempo ci catapultasse Dante Alighieri nel nostro millennio non lo faremmo parlare, perché valuteremmo inopportuno dare la parola a un tale retrivo?

E invece no, noi non siamo fascisti (fino a prova contraria), e non misuriamo lo spessore cultrale di un personaggio in base alla tessera di partito. Non solo, e basterebbe, perché questa è la grande differenza fra noi e loro, ma anche perché spesso le vaccate finiscono per ridicolarizzarsi da sole.

Ratzinger, poi, non avrebbe ‘aperto l’anno accademico’ come in molti hanno erroneamente scritto, ma avrebbe tenuto un discorso, una lectio, come successo in mille altre occasioni, a mille altri individui.
E all’obiezione, che fu anche mia, secondo la quale immediatamente dopo la cerimonia sarebbero tutti andati nella cappella dell’ateneo a pregare, non si può rispondere altro che «quelli sono fatti loro».

Se siamo veramente laici, dove va il papa non ci riguarda.

P.s. E se invece del Papa a fare un discorso del tutto inoffensivo (mica è scemo!), fosse venuto Charles Darwin a sostenere che l’uomo è a uno stadio evolutivo più avanzato della donna, cosa avrebbero detto i 67 fisici contestatori che – giustamente – fanno del darwinismo un terreno di battaglia contro la riscossa clericale?

Rispondere in coscienza

jiminey-cricket-722558.jpgLeggere questa ulteriore stroncatura di Beppe Grillo mi ha fatto venire alla mente alcune riflessioni collaterali, che metto qui in piazza: nel constatare e nell’avere sempre nuove prove che Grillo sia uno di loro, ovvero un fenomeno finto, che tradisce la buona fede dei suoi fan (non sempre, buona fede), proviamo una sinuosa linea di piacere.

A ogni intervista rifiutata, rivelazione sui fini di lucro del suo blog, mancata risposta a civili obiezioni, autoriduzione a luogo comune, palesamento della sua indole reazionaria, o – appunto – dimostrazione della sua plastica strategia dell’isolamento, oltrepassiamo spesso la giusta considerazione che un vaffanculo non sia la risposta, andando a strusciare pericolosamente l’idea che gli altri “sono tutti uguali”, anche i sedicenti campioni dell’Italia pulita.

Parlo per me principalmente, ma parlo anche al plurale, perché mi sembra di aver intravisto un atteggiamento simile in molti di coloro che mi hanno manifestato le stesse perplessità nei riguardi del comico genovese, e con cui è come se avessi fatto schieramento (ecco, appunto).
Per continuare a cambiare qualcosa, e fare sì che non ci siano campioni dell’Italia pulita, ma un’Italia pulita e basta, bisognerebbe anche – oltre a molto e ben altro, certo – toglierci queste pigrizie ideologiche.
Probabilmente ho sbagliato quando ho detto che delle volte bisogna armarsi della stessa dietrologia, per smascherarlo.

Che importa se non è Beppe Grillo a scrivere il suo blog, ma un’azienda? Che importa se la Casaleggio Associati fa del tandem Grillo-Di Pietro una chiara macchina del profitto? E che importa se Beppe Grillo ha la sua condanna per omicidio colposo, e vagheggia di fedina penale linda?

Questi sono argomenti melliflui, più propriamente non sono argomenti, non è sostanza. Sono obiezioni che, da una parte stuzzicano quell’insano moto alla compiacenza laddove gli altri siano peggiori di noi, e dall’altra sembrano darci un credito di onestà da spendere per continuare a essere un po’ migliori degli altri, accontentandoci di questo.

È come se facessimo i Beppe Grillo con Beppe Grillo, o in altre parole i Beppe Grillo con noi stessi.