Quando mi capita di leggere un aneddoto carino, da qualche parte, me lo appunto per non dimenticarlo: così ora ho un piccolo mazzo di aneddoti che ogni tanto racconto. Pensavo di farci un libro, un giorno, ma forse è più carino pubblicarne uno, ogni tanto, sul blog. Questo ‘ogni tanto’ sarà ogni lunedì.
L’Amabile Audrey
Fontana è un nome abbastanza comune, e non c’è nessun personaggio di un tale spessore da monopolizzarlo. Chessò, a chiamarsi Colombo tutti ricordano Cristoforo, o sl limite il tenente. Se invece ti chiami Fontana, come mi chiamo, le associazioni sono le più varie: mi chiamavano Jimmy, quando giocavo a pallone, come un cantante, e come due portieri di Serie A – anche io feci il portiere prima di finire centropanchinaro destro. Però quelle che senti dire di più sono sempre le sorelle Fontana. Stiliste, quelle che fanno i vestiti ai ricchi.
Ci fu una volta, però, in cui non fecero un vestito a una persona ricca, ma a una tassativamente povera. In realtà quel vestito doveva andare a Audrey Hepburn, quella Audrey che con il suo profilo aggraziato ancora tormenta l’immaginario femminile. Doveva sposarsi con un Lord, come succede nelle favole, Lord Hanson. Pochi giorni prima delle nozze, però – e questo succede meno nelle favole – il matrimonio fu rinviato e poi annullato: non se ne fece nulla.
Il vestito da sposa, però, era già stato commissionato alle sorelle Fontana, che ne avevano fatto una delle proprie opere. Così Audrey chiese loro una cosa semplice – datelo a un’altra ragazza che sta per sposarsi, con due condizioni: che fosse la più bella e povera ragazza italiana. La scelta cadde – nomen omen – su Amabile Altobella, una ragazza di Latina che era in procinto di sposarsi con un contadino di nome Adelino Solda.
Il motivo per cui Audrey Hepburn non volle sposare Lord Hanson è che questi l’avrebbe costretta a fare soltanto la moglie e lasciare la sua carriera, Amabile – invece – trovò in quel vestito e in quel matrimonio il proprio compimento. Non saprei dire chi delle due sia stata più felice. Chissà.
[Qui il primo: Brutti e liberi – qui il secondo: Grande Raccordo Anulare – qui il terzo: Il caso Plutone – qui il quarto: I frocioni – qui il quinto: Comunisti – qui il sesto: La rettorica – qui il settimo: Rockall – qui l’ottavo: Compagno dove sei? – qui il nono: La guerra del Fútbol – qui il decimo: Babbo Natale esiste – qui l’undicesimo: Caravaggio bruciava di rabbia – qui il dodicesimo: Salvato due volte – qui il tredicesimo: lo sconosciuto che salvò il mondo – qui il quattordicesimo: Il barile si ferma qui – qui il quindicesimo: Servizî segretissimi – qui il sedicesimo: Gagarin, patente e libretto – qui il diciassettesimo: La caduta del Muro – qui il diciottesimo: Botta di culo – qui il diciannovesimo: (Very) Nouvelle Cuisine – qui il ventesimo: Il gallo nero – qui il ventunesimo: A che ora è la fine del mondo? – qui il ventiduesimo: Che bisogno c’è? – qui il ventitreesimo: Fare il portoghese – qui il ventiquattresimo: Saluti – qui il venticinquesimo: La fuga – qui il ventiseiesimo: Dumas – qui il ventisettesimo: Zzzzzz – qui il ventottesimo: Teorema della cacca di cavallo – qui il ventinovesimo: Morto un papa – qui il trentesimo: L’invincibile Marco Aurelio]
Vuoi indicare un aneddoto per un prossimo lunedì? Segnalamelo.
“che fosse la più bella e povera raggazza italiana”..ehm…
Povere le ragazze povere e bruttine, però.
@ ale:
‘RaGGazza’ è raddoppiamento fonosintattico, bestie che non siete altro 😉
Corretto!
@ v:
Già . Però diciamo “brutte”, non bruttine.
Non riuscirò mai a pronunciare quella parola!